IV. Vestiti, scarpe e batticuore

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I never want to play the games that people play
I never want to hear the things they gotta say
I've found everything I need
I never wanted anymore than I can see
I only want you to believe

Dopo aver superato il viaggio in auto, che proseguì in modo silenzioso, Matilda sorrise nel ritrovarsi in centro a Firenze, città da cui non abitava molto lontano e che per lei era magica, ricca di storia e di bellezza. Il pomeriggio sarebbe stato dedicato allo shopping, dato che Ignazio doveva fare qualche acquisto e aveva chiesto che lei lo accompagnasse per dargli consigli. La sola cosa buona fu che, data la sua posizione, avevano la massima discrezione, perché non avrebbe sopportato di ritrovarsi ancora circondata da ragazze urlanti. La macchina aveva parcheggiato in una via secondaria e i due entrarono nel negozio dalla porta posteriore. Era di lusso e Matilda si sentì a disagio, come un elefante in una cristalleria, ma cercò di comportarsi come una vera assistente avrebbe dovuto, prendendo la parola e chiedendo ciò che Ignazio desiderava.

- Deve essere pronto per il ventiquattro, esatto. Non un giorno di ritardo, mi raccomando- disse Matilda dopo che tutte le misure per il completo di Ignazio furono prese.

-Matilda?-

Ignazio che pronunciava il suo nome fu un bel colpo, ma la ragazza seppe incassare e far finta di nulla.

-Se vuole scusarmi- disse alla responsabile del negozio, con tono più naturale possibile.

Matilda raggiunse il camerino dove aveva lasciato Ignazio a cambiarsi, domandandosi che cosa volesse.

-Ignazio? Tutto bene?-

Lui la trasse dentro il camerino senza dire nulla, ridendo tuttavia della sua espressione confusa, cosa che fece nascere un broncio sulle labbra di Matilda.

-Sai che gli assistenti non mettono il broncio? Non è professionale- disse, prendendola scherzosamente in giro.

-Per Diana, vuoi dirmi che c'è?-

-Volevo farti i complimenti per prima. Sembra che te la cavi bene come assistente. Credo che Michele ti metterà alla prova, prima della firma degli accordi ufficiali. Giuro che metterò una buona parola, se ti comporterai bene- precisò, sottolineando l'ultima frase.

Era strano come, dopo il silenzio in auto, le acque si fossero calmate e loro avessero ripreso a parlarsi come se nulla fosse. Certo, non è che avessero avuto modo di scambiare una conversazione lunga più di dieci minuti, ma almeno Matilda non lo stava insultando, il che era un record.

-Io? Ho avuto un comportamento eccellente, mi sembra.-

-Se urlarmi contro e darmi uno schiaffo significa comportamento eccellente, allora certo- ribatté lui, sarcastico.

-Non sono io che faccio lo stronzo. Te lo sei meritato.-

-E va bene, va bene. Mi dispiace.-

-Come? Le mie orecchie non hanno sentito bene, puoi ripetere?-

-Sono stato uno stronzo. Mi dispiace, Matilda. Non ero arrabbiato con te.-

-Impara a non riversare la frustrazione su chi non ti ha fatto nulla. Comunque, uhm, grazie per avermi salvata. Non avevo mai infranto le regole prima di ieri...-

-Sono onorato che tu lo abbia fatto per me.-

-Adesso non montarti la testa.-

Scosse il capo, incrociando le braccia al petto. Che ragazzo impossibile! Bello, ma un po' lunatico a quel che le pareva.

-Ti andrebbe di provare qualche vestito? Penso che tu non abbia granché con te, a meno che in quello zaino tu non abbia messo tutto il tuo armadio.-

-Ma io non posso permettermi cifre del genere...-

Felt like I was seventeen again Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora