NateStringo la presa sul telefono, probabilmente se continuassi a stringere lo spaccherei. «Mamma, ti prometto che verrò presto a trovarti».
Mia madre dall'altra parte del telefono borbotta qualcosa che non riesco a capire. «Non ti credo più, Nate. Quante volte ho sentito queste parole? Tante. Eppure, sono mesi che non ti fai vivo. Siamo ancora i tuoi genitori ma sembra che tu te ne sia dimenticato».
Mi fermo davanti la porta del Phoenix e sospiro. Mi chiedo se i miei genitori si siano mai chiesti quale sia il motivo per cui non vado più a trovarli. Che stupido... certo che non l'hanno fatto. Qui l'unico insensibile e senza cuore che non va mai a trovarli sono io, giusto? Loro non hanno mai fatto niente che mi costringesse a stargli lontano. No, che assurdità.
«Mamma, ti prego non dire certe cose, sai che non è così. Ma ho avuto davvero tanto da fare. Il lavoro, sai...» rispondo, rassegnato.
Sospira. «Il lavoro, sempre il lavoro. Nate. La vita non è fatta solo di questo. Quando capirai che ci sono cose più importanti? Come la famiglia ad esempio? Non pensi che sia arrivato il momento di...»
«Mamma», La interrompo, cercando di mantenere la calma. «Devo andare adesso. Ti richiamo, okay?»
Ed ecco qui uno dei motivi per cui ho smesso di andare a casa loro. Ogni volta è sempre la stessa storia: Lei che mi dice di mettere su famiglia, io che le dico che al momento no ne sento il bisogno, lei che ci rimane male io che puntualmente mi ritrovo a chiedermi se quello sbagliato sono io.
«Va bene», sospira di nuovo. «Ti voglio bene».
«Anche io te ne voglio».
Chiudo, finalmente, la chiamata e ricaccio il telefono in tasca. Mi passo una mano tra i capelli, e rimango a fissare il cielo sopra di me per qualche minuto, poi, entro nel pub ancora vuoto.
Trascorro quasi tutto il pomeriggio ad occuparmi delle scartoffie burocratiche. Mi scoppia la testa e preferirei preparare duemila cocktail in un minuto, piuttosto che fare tutto questo. Ma non posso lamentarmi, perché sono arrivato a questo punto è solo perché sono una vera testa di cazzo. Sono stato troppo esigente con i miei commercialisti precedenti e adesso mi ritrovo a dover fare tutto da solo.
Bussano alla porta del mio ufficio, e sospirando e lascio scivolare i fogli sulla scrivania. «Avanti».
Michael fa capolino. «Capo, mi dispiace disturbarla, ma c'è una persona che chiede di lei».
Ritorno a guardare i documenti, non ho tempo per le visite in questo momento. «Apriamo tra poco, può aspettare».
Michael si avvicina. «Abbiamo già provato ad informarla. Ma è molto insistente». Mi spiega. Così sospiro per la centesima volta in una sola giornata, e mi alzo dalla sedia. «Grazie Michael», lo raggiungo. «E comunque, ti ho detto mille volte che non c'è bisogno che ti rivolgi a me in modo così formale».
Lui mi sorride a disagio, «Ci proverò», mi promette e so che lo farà. Michael è un bravo ragazzo, l'ho assunto da poco ma si sta dando da fare per non essere meno degli altri.
Sorrido. «Bravo, così si fa», gli do una pacca sulla spalla e usciamo insieme dal mio ufficio. Quando raggiungo la zona bar, vedo una chioma rossa seduta su uno degli sgabelli accanto al bancone. Conosco solo una persona con questo colore di capelli. Lei volta e non appena mi vede spalanca gli occhi. «Nate!», salta giù dallo sgabello e mi si getta tra le braccia.
«Megan Foster nel mio locale?! Quale onore», sorrido, stringendola a mia volta. Dopo un po' si allontana, sistemandosi i capelli. Cazzo, non è cambiata neanche di una virgola dall'ultima volta che l'ho vista. Anzi, gli anni l'hanno resa ancora più figa di quanto non fosse già da adolescente.
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If you promise (Age gap | Forbidden romance)
Romance🥀Completata🥀 "p𝙚𝙧 𝙦𝙪𝙖𝙣𝙩𝙤 𝙨𝙞𝙖 𝙨𝙗𝙖𝙜𝙡𝙞𝙖𝙩𝙤, 𝙡'𝙪𝙣𝙞𝙘𝙖 𝙘𝙝𝙚 𝙙𝙚𝙨𝙞𝙙𝙚𝙧𝙤 è 𝙡𝙚𝙞 𝙚 𝙣𝙚𝙨𝙨𝙪𝙣'𝙖𝙡𝙩𝙧𝙖" Sia ha diciassette anni e frequenta l'ultimo anno di liceo. Dopo la tragica morte di suo padre ha rinunciato all...