all the drama queens taking swings

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Guido verso il lavoro, con l'ansia che sale man mano che mi avvicino. Odio lavorare in centro a Milano, soprattutto in queste giornate affollate dove la gente sembra riversarsi fuori da ogni angolo della città. Mi immagino già il bar pieno, la gente che urla per ordinare, i fischi e le battute di cattivo gusto. Non è proprio la giornata per affrontare tutto questo, e già mi sento stanca solo all'idea.

Appena apro il bar, sento una fitta allo stomaco. Un dolore familiare, che in un istante mi fa capire cosa sta per succedere.

"Cazzo, no... non adesso,"

penso tra me e me, mentre cerco di ignorarlo. Vado avanti con la routine: sistemo le sedie, pulisco il bancone, ma il dolore diventa sempre più intenso.

Mi scuso con il collega che è lì per darmi una mano e corro in bagno. E ovviamente, eccolo lì: il ciclo.

"Ma porca madon-"

mi appoggio al lavandino, cercando di calmarmi. Tutto in me grida di frustrazione, e la prima cosa che mi viene in mente è assolutamente assurda.

"Se sapevo, mi facevo mettere incinta da quello... almeno starei stata apposto per nove mesi!"

No, Evelyn, che cazzo stai dicendo?

Borbotto tra me e me, sbattendo gli occhi al pensiero. Mi lascio sfuggire una risata amara, sapendo quanto assurda sia quella frase, ma la stanchezza e il fastidio mi fanno dire cose senza senso.

Con un sospiro profondo, tiro fuori il telefono e, ancora incazzata, scrivo un messaggio al capo. "Ciao, sto male, mi sono arrivate le mie cose. Non riesco a fare il turno stasera, le chiavi le lascio al cameriere nuovo. Ci vediamo domani." Premo invio senza pensarci due volte. Tanto non mi avrebbe detto nulla di diverso, perché con questi dolori non posso proprio stare dietro al bancone.

Esco dal bagno, prendo le chiavi del bar e mi dirigo verso accanto  al cameriere di turno. Appena lo vedo, gli allungo le chiavi con un mezzo sorriso. "Tocca a te stasera, io sono fuori gioco."

Lui annuisce, prendendo le chiavi, e io mi incammino verso l'uscita, il passo pesante e la mente piena di pensieri confusi.
"Certo che la mia vita sta andando proprio a meraviglia,"

mi dico, mentre mi avvio verso casa.

Arrivo a casa con il nervoso a mille. Ogni passo che faccio mi sembra più pesante del precedente. Apro la porta e sbatto le chiavi sul tavolo, lasciandomi cadere sul divano per un attimo. Il dolore allo stomaco continua, martellante, e mi sento tutta fuori fase. "Perfetto," borbotto tra me e me, "una giornata di merda completa."

Dopo qualche minuto, mi alzo per cambiarmi. Indosso qualcosa di comodo: tuta larga e una felpa oversize. Il mio unico obiettivo adesso è mettermi sotto una coperta e far finta che questa giornata non esista.

Sto lì, a sistemarmi i capelli in uno chignon disordinato, e mi viene in mente che magari, chissà, poteva scrivermi. Ma no, non mi illudo.

Se però lo facesse, penso, sarebbe meglio che stesse attento. Perché oggi, così come sto, non sono dell'umore giusto per essere carina. Se Simone mi manda anche solo un messaggio, lo faccio a pezzi. Che cazzo, ieri sera tutto quel casino e oggi? Niente.

Mi butto sul letto, il telefono accanto a me. Lo fisso per qualche secondo, come se potesse illuminarsi da un momento all'altro con una notifica. Ma niente. "Bravo, eh, alla fine ti sei proprio dimenticato di me," mormoro, quasi sperando che in qualche modo lui mi senta attraverso lo schermo.

Rimango lì, a fissare il soffitto, il corpo pesante e la mente che non riesce a fermarsi. Se solo mi scrivesse adesso... mah, meglio che non lo faccia. Non oggi che lo prendo malissimo.

Wildest Dreams // 𝓢𝓲𝓶𝓸𝓷𝓮 𝓟𝓪𝓬𝓲𝓮𝓵𝓵𝓸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora