Sono sdraiata su questo letto da 2 giorni, con l'odore pungente dell'ospedale che non mi lascia tregua. Ogni volta che chiudo gli occhi, il viso di Simone torna come un'ombra. Mi aveva detto che sarebbe stato lì, che non mi avrebbe lasciata da sola. E invece, eccomi qui, circondata dal silenzio di una stanza bianca, da macchine che monitorano ogni battito, ma nessuno che monitori me.
È stato per colpa sua che sono finita qui. O meglio, per colpa sua e della sua incapacità di capire quando fermarsi. Non ho mai chiesto molto, solo che fosse presente. Solo che mi ascoltasse. Ma invece... è sempre troppo preso dai suoi tormenti, dalle sue scuse, da quel suo modo di guardare il mondo come se fosse lui la vittima.
Ogni volta che sentivo dei passi avvicinarsi alla mia stanza, il cuore mi balzava in gola, sperando fosse lui. Ma ogni volta, niente. Infermieri, dottori, e quel maledetto silenzio che continua a crescere dentro di me.
Non so nemmeno perché ci tengo ancora. Forse è solo l'abitudine di sperare che le persone cambino, che alla fine qualcuno si accorga di te. Ma non è mai così, vero?
Ormai lo so: Simone non verrà.
E non so se riuscirò mai a perdonarglielo.
tutto è tranquillo qui, fino a quando Jasmine entra nella stanza con il suo solito sorriso, quello che non riesce mai a nascondere del tutto, anche nei momenti peggiori. Dietro di lei, c'è Riccardo si appoggia alla porta, come se aspettasse il momento giusto per parlare. La tensione nell'aria è sottile, quasi impercettibile, ma la sento.
"Sei pronta?"
mi chiede Jasmine, cercando di mantenere un tono allegro, ma i suoi occhi rivelano altro. Ha capito che qualcosa non va.
Annuisco, senza troppe parole. Mi alzo lentamente, infilando le scarpe con un gesto automatico. Lei mi guarda, esitante.
"Hai sentito Simone?"
domanda, con la sua solita delicatezza, come se stesse camminando su un terreno minato.
Il nome di Simone mi colpisce come uno schiaffo. Cerco di non farlo notare, ma lo sento in tutto il corpo. Il battito accelera, un misto di rabbia e delusione si accende dentro di me, ma non voglio che loro lo vedano. Mi limito a scuotere la testa, cercando di mantenere la voce stabile.
"No,"
dico semplicemente, ma il peso di quella parola è enorme.
Jasmine mi osserva, preoccupata. Lo so che sta cercando di capire, di leggere tra le righe.
"Non è venuto a trovarti?"
chiede con cautela, ma io non rispondo subito. Mi guardo intorno, cercando di guadagnare tempo. Non so cosa dire, o forse non voglio dire niente. Perché ogni parola mi sembra inutile.
Riccardo si stacca dalla porta e si avvicina.
"Evelyn... cos'è successo tra voi?"
La sua voce è calma, protettiva. Mi viene voglia di dirgli tutto, di far uscire tutto quel veleno che mi sta corrodendo dentro, ma allo stesso tempo mi blocco. Non voglio più parlarne, non voglio più pensare a Simone.
"Non voglio più vederlo."
Le parole escono prima che possa trattenerle. È la prima volta che le dico ad alta voce, e non posso più tornare indietro. Jasmine mi guarda con occhi spalancati, ma non dice niente, forse capisce che non è il momento di insistere.
"Va bene,"
dice Riccardo, mettendomi una mano sulla spalla.
"Andiamo via da qui, ti va?"
Annuisco di nuovo, con un respiro profondo. È finita, almeno per me. Simone appartiene al passato, a un ricordo che non voglio più portarmi dietro.
Arriviamo all'ingresso dell'ospedale, e il sole mi colpisce di nuovo, accecante. Jasmine si ferma e mi guarda, esitante. "Dove ti portiamo? Vuoi andare da qualche parte a rilassarti?"
Scuoto la testa e cerco di sembrare più sicura di quanto mi senta realmente. "Portatemi a casa," rispondo, stringendo il bordo della mia borsa. "Devo tornare a fare le ripetizioni di teatro... non ci vado da troppo tempo."
Jasmine solleva un sopracciglio.
"Ripetizioni di teatro?" mi chiede,
con un mezzo sorriso che prova a rompere la tensione.
"Non sapevo che tu..."
"Non ci sono andata molto di recente,"
ammetto, abbassando lo sguardo.
"Ma... voglio tornare, riprendere da dove ho lasciato. Mi farà bene."
Lo dico più a me stessa che a loro.
Il teatro è sempre stato l'unico posto dove posso essere davvero me stessa, dove posso mettere tutto il resto da parte.
Riccardo annuisce, anche se lo vedo scambiare uno sguardo rapido con Jasmine, come se si stessero chiedendo quanto ci sia di vero in quello che sto dicendo. Forse non mi credono del tutto, ma non importa. Ho bisogno di tornare a quella routine, anche solo per distrarmi, anche solo per fingere che tutto stia tornando normale.
"Va bene," dice Jasmine,
accendendo la macchina.
"Ti portiamo a casa, ma fammi un favore: non sforzarti troppo, okay? Prenditi il tempo che ti serve."
Non rispondo, ma guardo fuori dal finestrino mentre la macchina si allontana dall'ospedale. La strada scorre veloce, e con ogni metro che lasciamo dietro, cerco di liberarmi di un pezzo di ciò che è successo, di lasciarlo indietro come un ricordo lontano.
il Teatro... sarà il primo passo per ricominciare. O almeno così spero.
Quando arrivo a casa, tutto sembra più vuoto del solito. Ogni oggetto è esattamente dove l'ho lasciato, eppure c'è qualcosa di diverso. O forse sono io. Sento il silenzio in modo assordante, come se stesse urlando quello che non voglio ammettere.
Mi muovo, lasciando cadere la borsa sul divano e dirigendomi verso la mia stanza. Apro l'armadio e fisso i vestiti, ma non so da dove cominciare. Il riflesso nello specchio mi restituisce un'immagine che non riconosco: capelli disordinati, occhi stanchi, spalle piegate sotto il peso di tutto ciò che è successo.
Il teatro dovrebbe essere una via di fuga, ma dentro di me sento una vertigine che non riesco a controllare, come se stessi camminando su un filo sospeso. È lo stesso senso di vuoto che mi assale ogni volta che penso a Simone, ogni volta che ripercorro con la mente tutto quello che non è stato.
Inizio a prepararmi comunque, perché so che devo farlo. Indosso una maglia nera semplice e dei jeans, nulla di troppo elaborato. Ma mentre mi trucco davanti allo specchio, noto che le mie mani tremano appena. Cerco di ignorarlo, ma sento quella stessa vertigine crescere dentro di me. Un mix di paura, di voglia di scappare e, allo stesso tempo, di andare avanti, di spingermi oltre il bordo.
"Non ti farà male,"
mi ripeto a bassa voce, come se potessi convincermi. È solo teatro. È solo un'altra sera. Eppure c'è qualcosa di diverso stasera. Come se qualcosa stesse per cambiare, per frantumarsi o per ricomporsi. Forse sono io che sto cambiando, senza accorgermene.
Mi infilo le scarpe, prendo la borsa, e con un respiro profondo esco di casa. Il teatro è lì, da qualche parte, ad aspettarmi. E io, nonostante tutto, sto cercando di ritrovare il mio posto.
Ma forse, per la prima volta da tempo, voglio vedere cosa c'è oltre..
Spazio Autrice:
eccomi qua con un nuovo capitolo, dai questo non è traumatizzante come lo scorso.
ma i prossimi due si😔😔😔 (dopotutto sono la regina dei traumi quindi non durerà molto) e nienteeee!!! se vi è piaciuto lasciate una stellina vi amo❤️❤️❤️❤️
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Wildest Dreams // 𝓢𝓲𝓶𝓸𝓷𝓮 𝓟𝓪𝓬𝓲𝓮𝓵𝓵𝓸
FanfictionEvelyn, una ragazza di 23 anni originaria di Napoli, ha lasciato la sua città per trasferirsi a Milano, dove sta studiando teatro per inseguire il suo sogno di diventare attrice. Per mantenersi, lavora come cameriera in un bar nel pieno centro della...