All of the girls you loved before

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Simone si volta verso Dadda, con uno sguardo serio.

"Penso che sia meglio se la accompagno a casa. Non voglio che resti da sola dopo tutto questo."

Dadda scosso la testa, mettendosi in mezzo tra noi.

"No, Simone. È meglio se io e Evelyn andiamo."

Le parole di Dadda mi colpiscono.

"In realtà, vorrei che Simone mi accompagnasse,"

dico, cercando di chiarire. Non voglio creare conflitti, ma ho bisogno della sua presenza in questo momento.

Simone annuisce, guardandomi con approvazione.

"Esatto, voglio essere io a portarti a casa."

Dadda incrocia le braccia, ma non insiste ulteriormente.

"Va bene, ma stai attento, Simone. Non voglio che succeda niente."

Simone sorride e mi aiuta a rialzarmi in piedi. cosi usciamo di casa. E con un gesto gentile, apre lo sportello della macchina per me.

"Dai, entra," dice, facendomi cenno di salire.

Il viaggio in macchina era stato immerso in un silenzio denso.
Ogni tanto, Simone mi lanciava un'occhiata furtiva, ma nessuno dei due sembrava avere il coraggio di parlare. Arrivati sotto casa sua, nessuno si mosse. Era come se quel silenzio, che riempiva l'abitacolo, fosse diventato una sorta di rifugio, e uscire avrebbe significato affrontare la realtà che entrambi stavamo cercando di evitare.

Simone fece il primo passo, aprendo la portiera e scendendo dall'auto. Dopo qualche secondo, mi aprì la portiera con un gesto che era al tempo stesso gentile e risoluto. Salimmo le scale fino al suo appartamento, e appena varcata la soglia, un profumo di vaniglia dolce e accogliente mi avvolse. L'aria era tiepida, rassicurante. Tuttavia, il caos di vestiti sparsi qua e là non passò inosservato, un contrasto con la perfezione quasi surreale del resto della casa.

Mi fermai sulla soglia dell'ingresso, notando subito un paio di scarpe da donna. Erano posizionate lì, come un segno evidente di un'altra presenza. Mi girai lentamente verso Simone, sollevando un sopracciglio, cercando di trattenere la marea di emozioni che mi stava montando dentro.

«Beh, potevi dirmelo che prima di me c'era stata anche un'altra,»

dissi con un tono che cercava di essere leggero.

Simone si fermò, sollevando le mani come per difendersi e scoppiando in una risata.

«Ma si, scem', piccrè, sono di mia sorella!» disse con quel tono divertito che riusciva a far svanire, almeno un po', il mio nervosismo.

«Nunzia?» chiesi io, perplessa.

«No, ho un'altra sorella. Si chiama Matilde,» spiegò.

«Vive qui con me, ma ora è in America con la sua migliore amica. Tornerà la settimana prossima.»

Non avevo mai sentito parlare di questa Matilde.

«Non sapevo avessi un'altra sorella,»

commentai, cercando di riordinare i miei pensieri.

«Sì, Matilde preferisce non essere etichettata come 'la sorella di Simone Paciello'. Anche lei lavora sui social e, beh, vuole farsi un nome da sola.»

Annuii, comprendendo.

«Capisco, ha ragione. Deve essere difficile vivere all'ombra di 'Awed'.»

Simone sorrise, avvicinandosi con un'espressione che stava diventando sempre più intensa.

Wildest Dreams // 𝓢𝓲𝓶𝓸𝓷𝓮 𝓟𝓪𝓬𝓲𝓮𝓵𝓵𝓸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora