Quando entro nel teatro, il suono dei miei passi riecheggia nel grande spazio vuoto. La sala è quasi deserta, solo qualche persona in disparte a ripassare il copione, immersa nei propri pensieri. Mi sento sospesa, come se stessi vivendo in una dimensione parallela, in cui tutto è troppo silenzioso, troppo grande. C'è una strana calma nell'aria, ma dentro di me il caos continua a crescere. Sono qui, ma è come se fossi altrove, ancora sola con i miei pensieri.Mi sistemo su una delle sedie laterali, incrociando le braccia sul petto per cercare di proteggermi da quella sensazione di vuoto che non mi abbandona. Lo specchio davanti a me riflette la mia immagine, ma c'è qualcosa che non riconosco, come se fosse qualcun'altra a guardarmi. Mi sento confusa, persa tra quello che dovrei essere e quello che sono davvero.
Dopo qualche minuto, il regista si avvicina con un copione in mano. Mi fissa per un attimo, e io sento il peso del suo sguardo su di me.
"Abbiamo pensato di darti questa parte,"
dice, porgendomi le pagine.
"Wanda Maximoff, Scarlet Witch. Dovrai interpretare il suo momento finale, quello dopo che riporta tutto alla normalità in WandaVision. Conosci la scena?"
Annuisco lentamente. Certo che la conosco. La scena in cui Wanda, dopo aver creato e distrutto un mondo perfetto, deve affrontare il dolore della perdita. Un dolore che lei stessa ha generato, insieme alla sua illusione. Mi rivedo in lei più di quanto vorrei ammettere.
Prendo il copione e mi siedo di nuovo, questa volta sentendo il peso della parte che mi è stata assegnata. Le parole scorrono davanti ai miei occhi, ma è come se le sentissi già dentro di me.
Mentre inizio a leggere le battute, mi accorgo di quanto siano dolorosamente familiari.
Mi immergo nel copione, ma la mente vaga. Sono sola con me, confusa. Ogni riga mi riporta indietro."Wanda ha costruito un mondo perfetto," penso,
"e io? Io non ho costruito niente. Ho solo cercato di rimanere a galla, mentre tutto attorno a me crollava."
Vorrei sapere cos'è questo vuoto che sento dentro, quando guardo allo specchio e non mi riconosco.
Vorrei, davvero, capire cos'ho sacrificato io per arrivare a questo punto. O se ho solo perso tutto senza mai lottare davvero.
Il momento è arrivato. Mi guardo allo specchio, ma non vedo più me stessa. Vedo Wanda. I capelli sciolti, Il trucco attorno agli occhi è scuro, quasi sbavato, e fa sembrare il mio viso stanco, segnato. Mi vesto con cura, cercando di trasformarmi completamente in lei, anche se in realtà mi sembra solo di tirare fuori quello che sono già: distrutta, sola, confusa.
Mi avvicino al set ricostruito. Lì, nel centro, mi aspettano. Mi lascio andare a terra, piegando le gambe sotto di me, le mani tremanti sul pavimento.
Il regista dà il via. "Azione."
Chiudo gli occhi per un istante e poi mi lascio andare. Un grido soffocato esce dalla mia bocca, ma è pieno di tutto il dolore che ho tenuto dentro.
Piango come non ho mai pianto, perché in quel momento non sono più un personaggio. Sono io.quando arrivo al centro della piazza, vedo gli altri attori, quelli che interpretano gli abitanti di Westview. Mi guardano, i loro occhi sono pieni di disprezzo, paura. Mi vedono come un mostro.
E io? Io mi sono sempre sentita così. Un mostro incapace di tenere tutto insieme.
Poi, tra la piazza, vedo Luna – o meglio in questo momento, Monica Rambeau. Si avvicina a me. La sua espressione è seria, ma c'è una comprensione profonda nei suoi occhi.
"Wanda," dice, guardandomi dritto negli occhi.
"Non capiranno mai cosa hai sacrificato per loro."
La mia voce esce spezzata.
"Non importa..."
sussurro, anche se so che non è vero. Perché importa. Importa eccome. Ma non ho la forza di dirlo.
Luna si avvicina ancora di più, mettendo una mano sulla mia spalla.
"Forse un giorno capiranno,"
"Ma tu devi imparare a perdonare te stessa."
....
"Come posso perdonarmi quando sento di essere io stessa la causa del mio dolore?"
Le luci del set si spengono. "Cut!" urla il regista. La scena è finita, ma il peso di tutto quello che ho sentito resta addosso. Mi lascio cadere di nuovo a terra.
Luna mi sta ancora accanto, ma non dice nulla. Sa che ho bisogno di tempo. Sa che, in qualche modo, tutto questo non è stato solo una recita.
Perché sono ancora sola con me, confusa, senza sapere se riuscirò mai a liberarmi di questo peso.
sto cercando di riprendermi dalla scena, quando sento di quella vibrazione leggera provenire dal vestito. È strano come una piccola cosa come un telefono possa riportarti immediatamente alla realtà. Frugo nella tasca del vestito e trovo il mio cellulare.
Lo schermo si illumina, mostrando un messaggio di Dadda.
"Ti va di venire a casa mia stasera?"
Resto immobile per qualche secondo, con il dito sospeso sopra lo schermo. Parte di me vorrebbe dire di sì senza pensarci, ma l'altra... l'altra sa già cosa sta per chiedere. Respiro a fondo, poi scrivo velocemente:
"Ci sarà Simone?"
Il tempo sembra rallentare mentre aspetto la risposta, come se ogni secondo durasse un'eternità. Il telefono vibra di nuovo.
"No, tranquilla. Solo noi."
Quel "tranquilla" mi fa quasi sorridere. Mi sento sciogliere un po', come se fosse più semplice respirare. Simone non ci sarà. È come se qualcuno avesse tolto un peso invisibile dalle mie spalle. Mi alzo subito in piedi. Mi giro verso Luna, che è ancora lì, vicina, come sempre. Le dico in fretta:
"Devo andare."
Lei mi osserva con un mezzo sorriso, cercando di trattenere una risata.
"Vai via vestita da Scarlet Witch?"
chiede, cercando di svolgere l'atmosfera.
Abbasso lo sguardo, rendendomi conto che sono ancora vestita come Wanda, con il mantello rosso che mi avvolge e il trucco che mi fa sembrare una versione stanca di un personaggio distrutto. Ma non m'importa. Anzi, forse è perfetto così.
"Sì," rispondo,
e il sorriso che le rivolgo è un po' più sincero del previsto.
Esco dal teatro e mi infilo in macchina.
Mi siedo, accendo il motore, e mentre le ruote iniziano a girare sulla strada vuota, la radio si accende automaticamente. La prima canzone che parte mi colpisce.
Wildest Dreams.
Mi immobilizzo. Quella maledetta canzone. La stessa canzone che mi ricorda Simone, che parte ogni volta che penso a lui.
"Say you'll remember me, standing in a nice dress,staring at the sunset, babe..."
Chiudo gli occhi per un secondo, ma le immagini di lui si accavallano nella mia mente.
Apro gli occhi di scatto, stringo le mani sul volante e mi costringo a guidare, cercando di non cedere a quella vertigine.
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Wildest Dreams // 𝓢𝓲𝓶𝓸𝓷𝓮 𝓟𝓪𝓬𝓲𝓮𝓵𝓵𝓸
FanfictionEvelyn, una ragazza di 23 anni originaria di Napoli, ha lasciato la sua città per trasferirsi a Milano, dove sta studiando teatro per inseguire il suo sogno di diventare attrice. Per mantenersi, lavora come cameriera in un bar nel pieno centro della...