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I minuti sembravano non passare mai. Quando i professori sono in super-mega ritardo, non succede nulla: sono sempre giustificati. Se fosse successo a uno di noi, ci sarebbe toccata una ramanzina di almeno un quarto d'ora (se siamo fortunati) su come la società stia andando in rovina. E indovinate un po' di chi sarebbe la colpa? Del "telefonino", come lo chiamano loro.

Alle otto e un quarto, la prof di italiano entrò in classe con la sua solita espressione: un po' da omicida, un po' stanca. A quanto pare, neanche a lei piace alzarsi presto e vedere tutte queste facce. Su questo, non posso darle torto.

<Buongiorno, come avete passato l'estate? > ci chiese, sfoderando un sorriso.

<Bene>annuimmo a bassa voce.

<Ora facciamo un po' l’appello, così ripasso tutti i vostri nomi.>

<Ma come, prof, non si ricorda di me?>

Ed ecco Raya, la leccaculo della classe per eccellenza.

<Ma certo! Come potrei dimenticare un’alunna così partecipe come te?>rispose la professoressa con voce zuccherosa.

Vorrei farle notare che fare complimenti agli insegnanti non significa essere partecipi, ma meglio se sto zitta. Non voglio finire in presidenza il primo giorno di scuola, diventando l’argomento del giorno.

Quando la prof iniziò a fare l’appello, mi concentrai sull'orologio, cercando di evitare l'inevitabile. Uno a uno, i nomi venivano chiamati, e tutti rispondevano con voce forte e sicura. Poi arrivò il mio turno.

<Davis, Lena.>

<Presente>, dissi a bassa voce, sperando di passare inosservata.

<Oh, Lena, sei sempre da sola. Non ti sei ancora trovata una compagna di banco? Ci sarà pure un modo per farti sbloccare, no?> domandò con aria di finta preoccupazione, mentre il gruppo delle "ochette" ridacchiava.

Avrei voluto risponderle: <No, grazie per averlo sottolineato davanti a tutti>, ma invece mi limitai a un sorriso forzato e scossi la testa.

Non sapevo se fosse peggio l'imbarazzo della domanda o il silenzio che seguì, quando tutti si girarono a guardarmi. Fantastico, ora sono ufficialmente l’attrazione del giorno.

<Bene, ragazzi, ora scrivete un tema sull’estate appena trascorsa, e poi venite qui a leggerlo vicino alla cattedra.>

Di male in peggio! Non ho nessuna voglia di condividere i fatti miei né con la prof né con i miei compagni.

Scrivo le solite cose: sono andata al mare e mi sono divertita. Praticamente, un tema standard da scuola elementare, sperando in un miracolo.

Quando mancano venti minuti alla fine della lezione, inizia la lettura dei testi. La prima è, ovviamente, Raya, che racconta di settimane trascorse in hotel di lusso, con massaggi e sauna. Ovviamente, lei non può permettersi neanche un graffietto sulla sua pelle delicata.

Poi tocca a Carmen, una ragazza che è letteralmente il mio opposto: energica, socievole e amante dello sport.

Mancano solo sette minuti alla fine dell’ora ed è il turno di Alex. Fortunatamente, il suo testo era molto lungo, quindi quando arriva il mio turno... suona la campanella. E che dire... godo!

Appena la prof ci saluta ed esce dall'aula, neanche il tempo di respirare che arriva la prof di matematica. Perché ha sempre quell’espressione come se fosse appena uscita da una battaglia epica con i compiti in classe?

<Quest’anno non abbiamo bisogno di fare presentazioni. Non siamo più al primo anno, dopotutto. Dovreste già essere ambientati.>

Ma un semplice "buongiorno", no?

Oh no, si sta avvicinando... non guardarmi, non guardarmi, non gu—

<Lena, perché non vieni alla lavagna?>

Mi fulmina con lo sguardo, facendomi desiderare di scomparire.

<Professoressa, oggi è il primo giorno di scuola. Non ho niente da esporre e—>

<Oh, certo che hai qualcosa. Ci sono sempre i compiti delle vacanze da correggere. Vieni alla lavagna e scrivi i tuoi esercizi, così i tuoi compagni potranno correggerli.>

Non ho via di fuga. E se iniziassi a correre per la classe, urlando che il sistema scolastico è un complotto per renderci robot obbedienti? Sarebbe memorabile, ma probabilmente chiamerebbero subito un ospedale psichiatrico.

Oppure potrei semplicemente fingere di svenire. Funzionava sempre... nei film.

Tutti dicono che la scuola ti rende libero di scegliere. O meglio, libero di scegliere tra opzioni limitate, secondo me.

Mi alzo controvoglia e inizio a copiare alla lavagna la prima espressione algebrica. Una volta finito, la prof chiede alla classe di correggere eventuali errori.

Raya alza la mano. <Sì?> risponde la professoressa.

<Professoressa, per quanto mi riguarda, -5 e -2 danno +7, ma Lena ha scritto +3.>

Cavolo, che errore stupido! Come ho fatto a sbagliare? La classe mi guarda divertita, come se godesse delle mie sventure. Di impulso, abbasso lo sguardo e correggo l’errore, mentre Raya sorride soddisfatta.

La giornata procede lentamente e, dopo altre tre ore di studio forzato, posso finalmente uscire da quella "cella" e respirare l’aria fresca di inizio autunno.

Appena varcato il cancello, mi infilo le cuffiette nelle orecchie, lasciando che la musica copra i rumori del mondo esterno.

Cammino a passo svelto, come se ogni metro che mi allontana dalla scuola fosse una vittoria.

Mi ripeto che la giornata è finalmente finita, ma l’eco delle risatine e degli sguardi mi rimbomba ancora in testa. Aumento il passo, cercando di fuggire dai miei pensieri.

Appena entrata in casa, mi accolse il profumo del sugo di mamma. <Sei tornata>, disse con il solito entusiasmo, mescolando qualcosa nella pentola.

<Sì, sono sopravvissuta>, mormorai, sfilandomi le scarpe e cercando di fuggire in camera.

<La vuoi finire di comportarti come se il mondo ce l'avesse con te? E comunque non dimenticare di dare da mangiare a Nuvola!> gridò, mentre io pensavo solo a buttarmi sul letto.

La mia famiglia non sa che ho questo
"problema psicologico" nel socializzare, e non deve saperlo. Se lo dicessi, ogni volta che faccio qualcosa che mi isola dagli altri, mi farebbero la ramanzina sul fatto che "non è nulla di grave" e che devo "superare la mia paura". Ma non è così facile come credono.

Nuvola, ovviamente, mi aspettava con lo sguardo severo di chi si sente una regina in attesa di essere servita.

Una volta in camera, mi buttai sul letto. Mi coprii la faccia con il cuscino e sospirai. La scuola era finita, ma il senso di oppressione no. Chiusi gli occhi, sperando che la musica nelle cuffie riuscisse a spegnere i pensieri, almeno per un po'.

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Angolino dell'autrice✨

Eccomi quí, grazie di essere arrivati  fino a questo punto della storia( sono solo tre capitoli ma dettagli). Cosa ne pensate? Vi ritrovate in qualcuno dei personaggi?
Ad esempio mia sorella é la perfetta fotocopia di Ines, la sorellina minore di Lena (ed il mio totale opposto).
Ditemi cosa ne pensate della storia e condividete le vostre idee.
Ci rivediamo nel prossimo angolino dell'autrice <3 

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