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Sono distesa sul letto. Stamattina, durante la ricreazione, è successo di nuovo.

Mi sentivo male, con quella nausea che sale piano ma inevitabile, e ho deciso di andare in bagno.

Sapevo che non era consentito lasciare l’aula durante la ricreazione, quel giorno, ma non ce la facevo a restare lì. Dovevo andarmene.

Mi sono alzata di scatto e sono scivolata fuori nel corridoio, sperando che nessuno mi notasse.Ma, ovviamente, non é stato cosí.

La prof di biologia era davanti al confine tra i due licei, proprio dove si trova il bagno delle ragazze. L’ho sentita gridare prima ancora di girare l’angolo.

<Davis! Dove pensi di andare? Sei stupida anche tu?>. Non risposi e continuai a camminare verso la classe che, in quel momento, sarebbe stata la mia zona sicura.

La sua voce ha rimbombato per tutto il corridoio, attirando l’attenzione di molti studenti che si trovavano nelle vicinanze e di altri, persino usciti dalla classe per capire l'origine di tutto quel rumore.

Il mio cuore ha iniziato a battere fortissimo, come se volesse scoppiare. Mi sono fermata, paralizzata, incapace di rispondere o spiegare cosa stava succedendo dentro di me.

Le gambe tremavano, e sentivo le guance che diventavano sempre più calde. Mi vergognavo troppo per dire anche solo una parola.

Dopo quella tirata d’orecchie, il resto della mattinata era passato in un turbinio di battutine da parte di Alex e Penny. <Ehi, Lena, ti sei persa nell’universo?> aveva detto Penny, mentre Alex si univa alla risata, e il mio cuore affondava un po’ di più.

Non so come spiegarlo, ma a volte la loro "amichevole" ironia sembra colpire nel segno, rendendomi ancora più consapevole del mio imbarazzo.

Ho provato a nascondere il mio imbarazzo, ridendo con loro, ma dentro mi sentivo un totale disastro.

Dopo questa giornata faticosa,  sento un bisogno crescente di silenzio. Quando apro la porta di casa, Nuvola mi accoglie con un miagolio pigro. Le accarezzo la testa, lasciando scivolare a terra lo zaino, che sembra pesare più del solito.

Mi tolgo le scarpe e vado in cucina. Mia madre è ancora al lavoro, quindi la casa è immersa in una quiete che di solito apprezzo.

Prendo uno yogurt dal frigorifero e mi siedo al tavolo, aprendo il libro che avevo lasciato a metà la sera prima.

È un romanzo d’avventura, uno di quelli che dovrebbero risucchiarti in un mondo lontano tra fate e troll , ma oggi non funziona. Le parole scivolano davanti ai miei occhi senza davvero entrare nella mia testa.

Il mio pensiero continua a tornare a Samuel. È strano, perché fino a poco tempo fa non mi sarebbe nemmeno passato per la testa di pensare a lui così spesso. Eppure, dopo l'incontro di oggi dopo scuola, c'era qualcosa di strano che non sono riuscita  ad ignorare.

Mi ha salutato con la solita energia tipica del suo carattere, ma c'era qualcosa di diverso nel suo modo di fare, come se si stesse sforzando di essere se stesso. E questo mi ha fatto sentire… inquieta.

Appoggio il libro sul tavolo, alzo lo sguardo verso la finestra. Fuori il cielo è limpido, ma nella mia testa c'è un miscuglio di domande e sensazioni confuse. Scuoto la testa, cercando di scacciare quel pensiero, ma non ci riesco del tutto.

Decido di andare in camera e mettermi qualcosa di più comodo. Una volta in tuta e felpa, mi sento un po' più a mio agio, ma il nervosismo non passa.

Così prendo lo zaino, tiro fuori i compiti e cerco di concentrarmi su un’equazione di matematica. Ci provo per qualche minuto, ma non riesco a togliermi dalla testa quell’incontro. Samuel sembrava nascondere qualcosa, e questo pensiero continua a ronzarmi in mente. Adoro risolvere i misteri, ma a volte finisco per farne una fissazione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 17 ⏰

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