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Samuel mi cammina accanto con quell’aria sempre rilassata, come se tutto nella vita fosse una gran passeggiata.

Io invece guardo dritto davanti a me, cercando di ignorare il fatto che, per qualche motivo, non riesco mai a capire cosa stia pensando. È come se i suoi pensieri fossero chiusi in una cassaforte.

La sua espressione é cosí neutra da far credere che non stia pensando affatto... il che é letteralmente impossibile.

Pensare, infatti, é una cosa che facciamo sempre anche involontariamente.

È difficile, anzi, quasi impossibile passare un pó di tempo senza pensare assolutamente a nulla. E cosa succederebbe se ci provassimo? A mio parere si rischierebbe di impazzire, ma di certo non saró io a verificarlo.

<Hai mai notato che quando esci da scuola sembra di uscire da una prigione?> dice Samuel senza un filo di preoccupazione, riportandomi bruscamente alla realtà.

<Ma non una prigione qualsiasi, come quelle dove i raggi del sole entrano dalle finestre e dove si fanno le passeggiate nel cortile... No, no. Più tipo quelle oscure e umide, con i topi che girano per le celle. >

Lo guardo perplessa. <E questa è la tua idea di una chiacchierata leggera?>.

<Be’, pensavo che parlare della prigione scolastica fosse una cosa su cui potessimo concordare> ribatte lui, ridendo leggermente, anche se non capisco se la sua risata sia nervosa o meno.

C’è una parte di me che vorrebbe essere come lui, prendere tutto con leggerezza, non preoccuparmi di ogni singola interazione.

Ma poi c’è l’altra parte, quella che analizza ogni parola, ogni gesto. Quella che pensa ancora a Selene, a come si è difesa davanti a quelle ragazze, e a come io non ho fatto nulla.  

<Tutto bene?> mi chiede all’improvviso, interrompendo il mio flusso di pensieri.

<Sì, certo,>mento. <Solo un po’ stanca.>

<Sai,> dice lui con il suo solito tono casuale, <penso che tu e io siamo più simili di quanto pensi.>

<Io e te?> ripeto incredula, sollevando un sopracciglio. Ha capito che stavo mentendo.

<Sì.  Anch'io ho delle cose di cui mi preoccupo. È solo che… be’, non mi va di pensarci troppo.>

Lo guardo di sbieco, quasi scioccata. Proprio lui che sembra quel genere di ragazzo spensierato quasi tanto da vivere su una nuvola?! Questa sua ammissione mi colpisce più di quanto vorrei ammettere.

Sotto quella piccola affermazione potrebbe esserci molto piú di quanto si pensa. Forse, sotto quella superficie sorridente, nasconde qualcosa.

Prima che possa rispondere, ci fermiamo davanti a casa mia. <Questa è la mia fermata,>dico, cercando di tagliare corto.

<Già. E la mia è... lì accanto,> risponde lui, ridendo. <Sai, Lena, potremmo fare questa camminata insieme più spesso. La prossima volta, magari, possiamo renderla ancora più epica. Tipo, aggiungendo un giro del quartiere!>

Scrollo la testa, ridendo senza volerlo. <Sì, epica... Sicuro.>

Ma mentre apro la porta, le sue parole mi restano in testa. Forse, anche nelle persone più diverse da me, ci sono più somiglianze di quanto penso.

Entro in casa e chiudo la porta dietro di me. Mi appoggio un secondo alla parete, come se avessi appena concluso una maratona mentale. Samuel… Preoccupato? Quasi non ci credo. Lui sembra così tranquillo . Il ragazzo che fa battute a caso, come se nulla lo toccasse davvero. E invece...

sussurri nella follaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora