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Sono seduta alla scrivania e fisso il foglio bianco del quaderno di italiano come se volessi perforarlo con la sola forza della mente.

Lo studio intensamente, sperando che le parole spuntino da sole, come un incantesimo scritto in una lingua antica che solo gli archeologi nei film sanno decifrare.

Di solito scrivere temi non mi dispiace, ma oggi? Oggi mi sento totalmente priva di energie . Stanca fisicamente, mentalmente, ed emotivamente.

Decido di buttare giù le prime cose che mi passano per la testa, sperando che, come per magia, ne esca qualcosa di decente. Viva le idee improvvisate! Non sempre, ma stasera sì.

D'improvviso, qualcuno bussa alla porta con la delicatezza di un ninja in crisi di nervi.

<Avanti>dico, poco convinta.

<Lena!> Mia madre entra nella stanza con l’aria di chi ha appena scalato il Monte Everest. «Sono tre volte che ti chiamo per cena!»

<Scusa... stavo finendo i compiti> rispondo.

<Sì, sì, certo. Sempre con la testa fra le nuvole o incollata al telefono, vero?>

Ah, eccoci di nuovo. Se scoppiasse un'apocalisse zombie, scommetto che darebbero la colpa ai videogiochi, o peggio... al mio cellulare.

<Ok, ok, sto scendendo.> Cerco di chiudere il discorso il più velocemente possibile.

Scendo per cena, sperando in una tranquilla serata, ma appena vedo lo sguardo di mia madre, capisco subito: è lo sguardo del "dobbiamo parlare". Perfetto.

<Lena, non puoi andare avanti così,> esordisce, mentre io fisso il piatto per distrarmi, come se fosse improvvisamente diventato il centro del mio universo. So benissimo dove sta andando a parare.

<Che intendi?> chiedo, come se non avessi già sentito questa conversazione almeno un milione di volte.

<Hai bisogno di uscire di più, di fare amicizia. Non è normale che passi tutto il tempo chiusa in camera...> Si ferma per darmi l'effetto drammatico. <Magari potresti provare uno sport.>

Uno sport? Io? Seriamente? <Lo sai che non sono tagliata per nessuno sport> replico, sperando di chiudere subito la questione.

<MA DEVI FARE QUALCOSA!> Eccola lì, la nota di esasperazione.

Sospiro. <Mamma, ti ho detto che non sono portata.>Ora la mia voce sta salendo di tono.

Prendo un sorso d’acqua per cercare di calmarmi, ma lo so già che la calma non durerà.

Lei sorride, ma non è un sorriso rassicurante. <Ed è proprio per questo che ti ho iscritta a un corso di ginnastica artistica.>

L’acqua mi va di traverso e comincio a tossire come se avessi appena inghiottito un cactus. Ginnastica... artistica? Io, che riesco a inciampare anche su un pavimento piatto? La visuale di me stessa che faccio capriole e piroette mi passa davanti agli occhi, e non è per niente divertente. È più un incubo.

Non riesco neanche a finire la cena. Lascio tutto lì e mi rifugio in camera, sentendo già l'ondata di nuove figuracce che mi attende.

Appena entro, mi butto sul letto e urlo nel cuscino con tutta la furia di chi sa già come andrà a finire: male.

Mi metto il pigiama e chiudo la porta a chiave. Dormire. Ho solo bisogno di dormire e dimenticare tutto... almeno fino a domani.

Mi butto sul letto, coprendomi la faccia con il cuscino. "Non voglio fare ginnastica artistica," penso, "non voglio fare niente che implichi l'essere osservata da tutti."

Ma non riesco a spegnere la mente, così decido di chiudere gli occhi, sperando che il sonno arrivi presto. E finalmente arriva, ma non come avrei voluto...

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Mi trovo davanti alla scuola, ma qualcosa è diverso. Mi guardo intorno e tutto è gigante. Gli edifici, le persone, persino le formiche sembrano delle creature mostruose.

"Ma cosa...?" mi guardo le mani. Sono piccolissima, così minuscola che l'erba sembra una foresta di alberi. "Devo essere finita in un incubo."

Mentre cerco di orientarmi, sento un rumore. Un *plof* sordo a terra. Mi giro e vedo... una goccia di pioggia gigante! Sta cadendo, proprio verso di me! E non è sola, ci sono altre gocce enormi che scendono dal cielo, sempre più veloci, sempre più vicine.

"Oh no, no, no!" comincio a correre tra i fili d'erba alti come alberi, cercando di evitare le gocce che si schiantano al suolo come meteoriti.

Una mi sfiora e sento il vento spostarsi, come un'enorme onda pronta a travolgermi. "Non posso crederci, la pioggia sta cercando di schiacciarmi!"

Cerco di rifugiarmi sotto un riparo, forse sotto una delle enormi scarpe dei miei compagni giganti. Ma ovviamente anche questo è troppo complicato.

Ogni goccia che cade mi sembra una sentenza, una morsa che mi stringe sempre di più. Le risate delle persone sopra di me sono amplificate, come fossero i ruggiti di una folla che osserva il mio fallimento. "Non sarò mai in grado di scappare," penso, ormai rassegnata.

Proprio quando una goccia sta per colpirmi, mi sveglio di colpo, con il cuore che batte all’impazzata. È incredibile quanto riesca ad agitarmi per un sogno stupido.

Sono di nuovo nel mio letto. La pioggia batte sulla finestra, questa volta normale, ma il senso di oppressione è ancora lì, come se quel sogno avesse voluto dirmi qualcosa.

<Fantastico> sospiro, <anche i miei sogni sono contro di me.>

sussurri nella follaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora