Akuma
Quella mattina in casa c'era il caos totale. Takeru e Masaru correvano avanti e indietro per il salotto cercando di capire come piratare il Wi-Fi dei vicini per poter vedere la partita Giappone-Cina. Il loro obiettivo era nobile, ma la situazione stava diventando ridicola.
"Eh, smettetela di correre come matti!" sbottai, lanciando loro uno sguardo stanco mentre parlavo al telefono con Sanae.
Sanae, fresca di atterraggio in Cina, era tutta eccitata. "Aku, siamo appena arrivate! Sono con le altre ragazze e non vediamo l'ora di tifare per i ragazzi dal vivo! Ti giuro, Tsubasa mi ha promesso che farà un gol solo per me!" La sua voce era elettrica, l'entusiasmo palpabile.
"Ma certo, il tuo principe azzurro sempre perfetto," risposi con tono scherzoso. "Io, invece, sono bloccata a casa con dei maniaci del Wi-Fi."
Sanae rise, ma proprio in quel momento Naoko mi interruppe, agitando le braccia in segno di disperazione. "Akuma, la TV si è bloccata di nuovo! Non riusciamo a vedere niente! Ti prego, aiutaci!"
"Sanae, devo andare. A quanto pare, sono l'unica che riesce a gestire questa casa," dissi esasperata, interrompendo la chiamata.
Mi avvicinai alla TV con un sospiro, guardando Naoko che sembrava sul punto di piangere. "Come fai sempre a combinare disastri con la tecnologia?"
"Non lo so! Giuro che non ho fatto niente!" rispose, cercando di giustificarsi. "Solo che... beh, volevo cambiare canale per guardare i cartoni!"
Alzai gli occhi al cielo, ma dopo un paio di click sul telecomando, la TV tornò a funzionare. "Ecco fatto. Non toccare più niente, Naoko, o questa volta ti farò guardare la partita in bianco e nero."
Naoko mi lanciò uno sguardo di gratitudine, ma anche di timore, e corse via per unirsi a Takeru e Masaru nella loro impresa.
Mentre Masaru urlava entusiasta per l'inizio della partita, tutti ci sedemmo sul divano. La tensione si poteva tagliare con un coltello: Giappone contro Cina, primo tempo e nessuno dei due team sembrava disposto a cedere. Le azioni scorrevano veloci sul campo, ma alla fine del primo tempo, il punteggio era ancora 0-0.
"Non ci posso credere," sbuffò Takeru, fissando lo schermo. "Dai, devono sbloccarsi!"
"Sembra che i cinesi abbiano studiato bene il gioco," aggiunsi, incrociando le braccia. "Ma manca ancora il secondo tempo."
Mi alzai dal divano e mi stiracchiai. "Ok, ragazzi, devo prepararmi per andare a lavorare."
"Akuma, non è che te ne vai proprio ora?" chiese Masaru con aria preoccupata. "La partita sta per ricominciare!"
"Sì, ma devo andare a fare uno shooting, Masaru. Non posso rimandare," risposi mentre salivo le scale per prepararmi.
Poco dopo, mia madre tornò a casa e mi trovò già pronta per uscire. "Akuma, stai uscendo?"
"Sì, ho uno shooting. È per lavoro, mamma. Non preoccuparti."
"Ah, certo, la tua carriera di modella sta prendendo il volo," disse lei con un sorriso orgoglioso. "Buona fortuna, cara."
Presi il mio motorino e mi diressi verso lo studio fotografico. Una volta arrivata, notai un ragazzo fuori dallo studio, appoggiato al muro mentre fumava una sigaretta. Feci per entrare, ma lui mi bloccò con un sorriso maleducato.
"Guarda che non possono entrare i barboni," disse, guardandomi dalla testa ai piedi con disprezzo.
Lo osservai per un attimo, trattenendo un sorriso ironico. Non aveva tutti i torti, avevo legato i capelli in un pratico chignon e indossavo una tuta.
"Tranquillo, testa ad ananas. Sono qui per le foto," risposi, alzando un sopracciglio e passandogli accanto senza dargli altra attenzione.
Una volta dentro, trovai Fumiaki che sorseggiava il suo caffè. Quando mi vide, mi accolse con un sorriso. "Akuma! Perfetto, sei in orario."
"Come sempre," risposi, cercando di ignorare il piccolo incontro sgradevole all'ingresso.
"Vieni, ti accompagno al camerino," disse, facendomi strada. "Oggi scattiamo per un brand molto importante, quindi devo chiederti di vestire in modo un po' più... alla moda la prossima volta."
Annuii, senza prendere troppo sul serio il suo consiglio.
Osservai il mio riflesso nello specchio. "Ok, decisamente alla moda," pensai mentre sistemavo un ciuffo ribelle.
Fumiaki mi raggiunse fuori dal camerino, dando un'occhiata approvante. "Perfetta. Ora possiamo cominciare."
Akuma e Fumiaki si avvicinarono al set, dove il ragazzo con le treccine di prima era in piedi, accanto alla sua segretaria che parlava sottovoce. Kenji Natsume, il famoso giocatore di basket, sembrava completamente a suo agio mentre scorreva sul telefono, senza prestare molta attenzione a ciò che accadeva intorno.
"Akuma, ti presento Kenji Natsume," disse Fumiaki con un tono formale. "Oggi scattiamo con lui. Spero che vi troverete bene a lavorare insieme."
Lo fissai per un attimo, ricordando lo scambio di battute pungenti di poco prima. Kenji alzò lo sguardo e la studiò, un sorrisetto giocoso comparve sulle sue labbra.
"Oh, ci ritroviamo," disse lui, con un tono leggermente provocatorio.
"Già. Sorprendente, vero?" rispose Akuma con una punta di sarcasmo. "Non avevo idea che ti piacessero i set fotografici tanto quanto il basket."
Kenji rise piano. "Si fa quel che si deve, no? E tu? Non sembri esattamente una 'principessa delle copertine'."
Alzai un sopracciglio. "Dici? Forse dovresti aggiornarti sulle ultime uscite."
Prima che la conversazione potesse proseguire, Fumiaki li interruppe. "Bene, ragazzi, andiamo avanti. Ci sono diverse pose da fare, quindi lavoriamo. Ogni scatto era carico di quella sottile competitività e flirt quasi involontario che solo due personalità forti potevano creare. Ma poi arrivò il momento del cambio d'abito.
Mi trovai a indossare una maglietta decisamente troppo grande per la sua taglia, che lasciava scoperto appena il bordo del perizoma rosso che le avevano dato. Kenji, dall'altra parte, indossava una camicia sbottonata e dei pantaloni slacciati, che lasciavano intravedere la banda delle sue mutande del brand.
La posa era tutt'altro che formale: Kenji doveva tenermi per una gamba con una mano, mentre l'altra doveva poggiarla sulla natica scoperta. Io, invece, dovevo appoggiarsi a lui, con la mano sul suo petto nudo, la testa posata sull'incavo del suo collo.
Mentre ci preparavano, non riuscì a trattenere una battuta. "Spero che tu non abbia mani scivolose."
Kenji la guardò con quel suo sorriso strafottente. "Tranquilla, so cosa sto facendo."
risi piano, cercando di mantenere la concentrazione. "Meglio così. Non vorrei ritrovarmi a terra."
Kenji ridacchiò mentre posizionava la mano sulla sua gamba, tirandola leggermente verso di sé. "Sarebbe un peccato rovinare questo set, non credi?"
lo guardai negli occhi, sentendo la vicinanza tra i loro corpi. "Già. Facciamo finta che tutto questo sia solo lavoro, giusto?"
Kenji fece un cenno con la testa, il suo sguardo ora più serio. "Solo lavoro. Per ora."
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Non voglio vedermi amarti
Fanfiction"Voleva dire la verità, voleva spiegare che non era stata solo colpa sua, che quei bambini l'avevano provocata. Ma sapeva che non sarebbe servito a nulla. A casa Hyuga, non c'era spazio per le spiegazioni, solo per i risultati." Occhi rubino, acces...