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Zahira:

Mi guardo un ultima volta davanti all' enorme specchio posto davanti a me.

La camicia bianca distrattamente abbottonata fascia perfettamente il mio seno, lasciando una profonda ma elegante scollatura su esso.
I pantaloni eleganti neri, ricadono perfettamente sulle mie gambe e per completare il tutto aggiungo una giacca nera elegante, lasciandola sobottonata.

Pettino i miei lunghissimi capelli neri corvino, lasciandoli cadere lungo il mio corpo.
Infine do un' occhiata al mio trucco, aggiungendo il rossetto bordeaux scuro sulle mie labbra.
Sono perfetta.

Amare sestessi non è vanità, ma sanità mentale.

Spruzzo il mio solito profumo sul collo, assicurandomi di lasciare la scia.

Ad un certo punto sento i cani del vicinato abbaiare, sposto la tenda e mi affaccio appena per vedere fuori.

Una ragazzina minuta guarda il mio giardino con ammirazione.
Dev'essere quella Evelyne, la possibile babysitter di mio figlio.

Sarà il centesimo colloquio, ormai non ho più speranze, sono tutte cosi... banali.

Sarà l'ennesima.

Scendo le scale, sentendo il rumore dei miei tacchi risentirsi per tutta casa.

Apro il cancello e rimango ad osservare il suo comportamento da dietro la porta.
È bello per me leggere le persone con così tanta facilità, come se mi stessero svelando ogni secondo i loro segreti più inconfessabili.

È insicuro, ansiosa.
Il suo corpo è rigido.
I suoi movimenti non sono fluidi, ma, scattanti e impostati.

Sarà divertente vedere cosa dirà questa ragazza per farsi piacere.

Ogni colloquio è diverso dall'altro, e posso notare la quantità di bugie che viene detta, soltanto per ricevere la mia approvazione, Dio che cosa ridicola.

Non posso fare altro che fingere di credere ad ognuna di esse, e godermi il modo in cui, ad ogni approvazione, mentono ancora più spudoratamente.

Avanza lentamente, guardandosi intorno esterfatta.
È troppo lontana per vedere chiaramente il suo volto, ma la sua immaggine bambinesca ed innocente, non mi è per niente indifferente.

Si accovaccia al suolo e tende la mano ad una lepre che saltella per il giardino.

Non posso fare almeno di sorridere, questo gesto è così innocente e genuino.

Associato al fatto che, da questa posizione, mi è possibile vedere le sue magre cosce, bianche latte, lasciate scoperte dalla gonna che è tutt'altro che lunga e in ordine, in questo momento.

Mi lecco le labbra e continuo ad osservarla.

Tra tanti colloqui non mi è mai capitato di vedere una cosa del genere.
Ridacchio, scuotendo la testa.

Apro di getto il portone davanti a me, e senza perdere tempo decido di metterla subito in imbarazzo.

"Signorina Paiper, vedo che non ha perso tempo per ambientarsi, faccia pure come se fosse a casa sua!"

La vedo sobbalzare leggermente.

La sua faccia da rilassata e morbida, con un leggero sorrisino felice, si trasforma immediatamente, diventando tirata.

Si alza in modo goffo per venire verso di me.

Il mio sguardo ricade, ancora una volta, sulle suo cosce bianche latte, e inseguito sul suo viso innocente, sopra la quale riesco a leggere letteralmente tutto.

"Signora Gray, mi scusi, è che, si insomma, la lepre allora io..."

La sua voce tremante mi fa sorridere.

Paso il mio sguardo su tutto il suo corpo così esile e perfetto, infine fisso i miei occhi nei suoio, marroni, profondi e tristi.

Sono così innocenti questi occhi, eppure, così sofferenti.

Chissà cosa ha dentro da nascondere.

Sposto una ciocca di capelli dietro il mio orecchio, restando ad osservarla in silenzio.

La sua espressione è imbarazzata e colpevole di cose che non ha mai fatto.
Mi fa quasi tenerezza il suo sguardo perso ed insucuro.

Gli occhi sono lo specchio dell'anima.

Fa un passo verso di me, titubante.

"Salve signora Gray, sono Evelyne, Evelyne Paiper"

Porta timidamente il suo sguardo su di me, fino a farlo scontrare di nuovo nei miei occhi.
L'insicurezza e la timidezza la sovrastano dinuovo ed immediatamente, mi priva di vedere quei suoi occhi color miele, così profondi.

Porto lo sguardo sulla sua mano, magra, curata e tremante.

Abbozzo un sorriso dolce e la stringo in una presa salda, percependo l'agitazione della ragazzina che trapela dalla sua mano gelata.

Il mio sguardo finisce nuovamente sul suo viso da bambina.
Che tenera.
Non posso fare a meno di osservare quanto sia bella ai miei occhi.

Lascio andare la sua mano, che ricade delicatamente sul suo fianco, la vedo indietreggiare leggermente.

"Bene, vogliamo entrare?"

Annuisce appena, scuotendo la testa, seguendomi dentro casa.

Si guarda intorno esterefatta.

Il suo viso dapprima cupo, finalmente viene illuminato dal sole che passa attraverso i grossi tendoni, che decorano il mio salone.

Sembra lasciarsi andare, per qualche attimo, concedendomi la possibilità di osservare il suo volto angelico senza maschere, rilassato.

Si guarda attorno, con uno sguardo ammaliato, e proprio come una bambina, non può fare a meno di lasciar trapelare il suo stupore, sorrido.

"Ti piace ciò che vedi?"

Porta il suo sguardo sul mio, non smettendo di sorridere.

"Molto, lei ha una bellissima casa signora Gray"

"Bene, vogliamo accomodarci?"

Annuisce, ancora una volta in silenzio, accomodandosi dopo di me, su delle comode e lussuose poltrone rosse.

Il mio sguardo si scontra nuovamente con il suo, di nuovo teso e spento.
Porta le sue mani ai lambi della gonna, e mi guarda ansiosa in ansiosa, in attesa di una mossa da parte mia.

Trovo affascinante l'ansia del dubbio,che prova l'essere umano.

Non potrò mai provare una cosa simile sulla mia pelle, non so cosa significhi essere insucura.

L'insicurezza è il peggior sentimento che possono provare colore che si amano.
L'insucurezza stravolge i significati e avvelena la fiducia.


Unicamente lei, la mia fuga.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora