Capitolo 20 Il Concilio

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La città di Centomura apparve alla vista dei quattro stregoni al quattordicesimo giorno del loro viaggio. Situata tra le imponenti cime della catena montuosa delle Vetterne, godeva di una fortunata posizione geologica e di un clima gelido che contribuivano a renderla invalicabile. Per questo motivo fu l'ultima città di barriera a essere stata conquistata dalle streghe e dagli stregoni. Contrariamente a quanto suggeriva il nome, aveva solo due cinte di mura, incise di formule magiche, che dividevano la periferia dal centro. Phyte seguì il gruppo oltre lo strato illusorio che nascondeva l'ingresso e dopo aver lasciato i destrieri con abbondante fieno e acqua in quelle che, con un po' di immaginazione, potevano essere chiamate stalle, si addentrò verso il centro percorrendo una delle strette strade che dalla prima cinta di mura salivano come raggi di una ruota fino a congiungersi nel punto più alto segnato da un torre di mattoni rossi.

A differenza di Oasiperpetua, i negozi e le locande erano interamente nascosti all'interno delle case allineate una accanto all'altra, con facciate caratterizzate da piccole finestre e spesse porte in legno ornate con insegne colorate che indicavano cosa vi si trovava all'interno. Le vie cittadine erano quasi deserte, e solo raramente si poteva sentire l'eco lontana di passi che risalivano o scendevano le ripide scalinate. Gli unici abitanti sembravano essere i corvi, ognuno con un numero variabile di zampe e occhi non conformi ai canoni del Regno Umano. Alla vista di questi uccelli, a Phyte tornarono in mente le lezioni di Shoe: la grande varietà di specie nel mondo era dovuto alle sperimentazioni del Laboratorio. Difatti, i pochi animali originali in grado di riprodursi ricevevano il sangue, il midollo e gli organi delle creature magiche morfologicamente simili incapaci di riprodursi, riuscendo in questo modo a garantire una variegata progenie che manifestasse non solo un aspetto consono alle esigenze umane, ma alcune proficue caratteristiche come la capacità di comprensione, la robustezza e l'inclinazione all'obbedienza.

Per quanto riguarda gli uccelli, la discendenza derivava dagli albatros (un tempo l'unico volatile esistente) e dal mostro Roc. Quando i genomi delle due specie furono combinati, gli albatros iniziarono a deporre uova di forme, dimensioni e colori diversi, contenenti nuove famiglie di volatili capaci di riprodursi e perpetuare le loro linee, talvolta creando persino nuove specie, ma i corvidi si erano rivelati un fallimento: a differenza degli anatidi, dei rapaci e dei turdidi, presentavano un comportamento diffidente e aggressivo e nonostante le continue selezioni, il Laboratorio alla fine fu costretto a interrompere la produzione. Evidentemente, alcuni esemplari erano riusciti a sfuggire all'inceneritore e a proliferare nelle città di barriera, come il corvo bianco che stava fissando Phyte con i suoi tre occhi azzurri.

"Va tutto bene?" le chiese Ies, notando che aveva rallentato improvvisamente il passo, a causa della consapevolezza che probabilmente lo stesso processo utilizzato per creare gli animali era stato applicato anche ai cadetti, con l'unica differenza che l'unione delle due specie era stata possibile solo grazie al suo sangue.

"Scusa, ero sovrappensiero..." rispose, ma siccome Ies non sembrava convinto, alla fine dovette ripiegare su uno dei tanti motivi che in quel momento la tormentavano "Sono solo un po' in ansia per la mia totale incapacità di convogliare la magia e il poco tempo a disposizione non aiuta..." Aveva appreso dagli stregoni che per entrare in contatto con le leggi del mondo bisognava imparare a farne parte, ma che cosa significasse davvero restava un mistero; la magia non si usava, continuavano a ripeterle, si convogliava, e non erano importanti le parole stesse delle formule, ma il significato che a esse si conferiva, così come per alcuni oggetti chiamati rituali: gemme, calici, pugnali, persino parti di creature magiche (trovate, mai sottratte) come squame o pellicce, in grado di aumentare la concentrazione non per la loro reale capacità, ma per l'importanza attribuita, tanto da acquisire nel tempo una propria aura.

"La magia può essere convogliata con qualsiasi oggetto o formula, anche parole inventate come Abracadabra, basta crederci" le ripeteva sempre sua sorella durante gli insegnamenti. Ma, nonostante i tentativi di comprendere, la magia le rimaneva estranea. Nemmeno quando Ies le confidò che gli incantesimitradizionali tramandati nel corso dei secoli, che avevano assunto un significatocomune grazie alle continue ripetizioni, non avevano mai funzionato per lui, e aveva dovuto inventare le proprie formule magiche, riuscì a trovare conforto

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