Svomitazzata.

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Tutto d'un tratto,
le lettere fanno parole
vuote e i tasti suonano
note che non esistono.
Mezzogiorno
è le sei del mattino
e i galli lo bisbigliano;
di certo non lo cantano.
La sveglia per pranzo,
e l'arte come gli operai:
diesis e bemolli posti
come mattoni, in discorsi
articolati senza senso.
Vomito su carta e delirio
acustico; cani rognosi
abbaiano alla finestra;
e le caffettiere ronzano
per la malsana abitudine
di un'amara consolazione.
Le vecchie gridano
e i bimbi piangono
le bestemmie volanti
dei padri, dei nonni e degli zii.
Il motorino che smarmitta
la gioventù bruciata
dei figli degli ubriaconi.
Din don dan, omicidio:
stragi appuntate
per pensieri indicibili;
su agende complici
nello stillicidio
delle mattinate
partite col piede sinistro.
Otto minuti di sole,
un cono gelato artigianale
e un bel pompino;
e uno torna come nuovo.
Din don dan, din don dan.

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