BIANCA, tre settimane dopo.
È stata mia nonna paterna a coniare il mio soprannome. Bibi.
Un suono dolce, delicato, adatto per la bambina paffuta e sorridente che ero.
Passavo molti dei miei pomeriggi a casa sua e mentre i miei cugini e mia sorella giocavano a Ce l'hai nel suo giardino, io rimanevo con lei ad occuparmi delle sue piante.Aveva queste rose bellissime, sempre fiorite, di cui si prendeva cura come se fossero sue figlie.
Le femmine che non ho mai avuto, diceva scherzosamente, guardando mio padre e i suoi fratelli, perché mia nonna una femminuccia l'aveva sempre voluta, ma le erano capitati solo maschi.Una volta le chiesi di piantare delle rose blu, perché il blu era il mio colore preferito già ai tempi e quando mi disse che purtroppo le rose blu non esistevano davvero, mi misi a piangere agonizzante, con tanto di calci all'aria e lacrime di coccodrillo.
"Sono belle anche rosse, no?" Mi disse mia nonna quel giorno, tenendomi in braccio mentre annaffiava le rose, accarezzandone i petali, evitando con cura le spine.
"Bua." Dissi io, cercando di toccare una delle spine, ma nonna mi prese la mano fra le sue, scuotendo la testa.
"Queste fanno male, Bibi."Nonna mi raccontava delle sue rose, del significato che avevano, di come venissero sempre associate all'amore.
"Quando sarai più grande, capirai che amare significa accettare ogni spina della tua rosa." Esclamò, accarezzando i petali del fiore che avevamo davanti mentre le prime luci del mattino si facevano strada, illuminando le gocce di rugiada. "Vedi, Bibi? Anche le spine sono belle quando c'è l'alba."Guardai quella rosa rossa davanti a me che rifletteva i raggi del sole di quella mattinata estiva e assottigliai gli occhi, guardando mia nonna con fare scocciato.
"Ma le spine pungono."
"Anche l'amore punge, Bibi." Mi disse nonna, dandomi un buffetto sul naso e ai tempi non potevo capirla, non avevo idea di ciò che mi stava dicendo, mi ci è voluto solo qualche anno per comprenderlo."Per alcuni, l'amore è come questa rosa." Nonna mi sussurrò all'orecchio, abbracciandomi contro al suo petto. "Bellissimo, pieno di spine, ma ne vale la pena, soprattutto quando esce finalmente il sole e la fa brillare così tanto." Toccò una goccia di rugiada, bagnando il petalo e facendo risplendere l'intera rosa con i raggi del sole.
"Per altri, Bibi, l'amore è come un fuoco che arde fino a consumare tutto e lasciare dietro soltanto una scia di fumo." Continuò a sussurrarmi all'orecchio e io voltai la testa per guardarla con occhi spalancati.
"Per altri ancora è come una sorta di unguento sulle cicatrici: dolce come il miele."Fra tutti i ricordi che ho di mia nonna, questo è quello che mi è rimasto più in testa. Non ne so esattamente il perché, ma quella mattinata si ripete nella mia mente di tanto in tanto: la rievoco spesso, cercando di dare un senso alle parole di mia nonna.
Ed è un ricordo che mi ritorna in testa anche adesso, quando esco di casa con la giacca mezza aperta e una sciarpa pesante attorno al collo e trovo in strada Tommaso, con la sigaretta in bocca e un mazzo di rose blu in mano.
"Sono finte." Gli dico, avvicinandomi a lui. Non mi aspetto che faccia tutto il romantico, che mi porga questo mazzo con un savoir faire che non ha per nulla. No, Tommaso abbassa la testa e mi passa le rose imbarazzato, guardando ovunque tranne che nei miei occhi.
"Certo che sono finte, Mystica, la natura ancora non si è evoluta abbastanza per far crescere delle rose blu." Brontola lui, perché è sempre intento a brontolare, a lamentarsi.
Fortunatamente per lui conosco Ettore ed Elsa da tutta la vita, quindi so esattamente come comportarmi con gente che si lamenta di continuo e di tutto.
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THORNS AND DAYLIGHT [1]
Teen Fiction#1 | A Santa Vara ci sono tre regole e quando il suo fidanzato storico la lascia davanti a tutta la scuola, proclamando di essersi stufato di lei, Bianca Caneva decide di infrangere la più importante: fidanzarsi per finta con uno dei manzoniani. La...