Capitolo 8

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“Un sogno ad occhi aperti”

Luna

Un alto e grande cancello grigio torreggiava davanti ai miei occhi, riuscivo a intravedere la scuola e il vasto giardino che la precedeva.
Stringevo forte la mano sudata di El, la quale teneva l’altra a Yahya.
In quel momento era come se fossimo solo noi, non riuscivamo a crederci.

《Tirarmi uno schiaffo, ti prego》dissi rivolgendomi alla mia amica.

《Ma che stai dicendo》mi guardò stranita.

《Fallo》parlai in un modo così incantato e incredulo.

A quel punto Ellie ne approfittò e mi tirò un buffetto sul capo, non mi fece male ma almeno mi riportò alla realtà. Mi guardai intorno e tutto ciò che riuscirono a vedere i miei occhi e a sentire le mie orecchie furono la folla ammassata e il vociferare intenso che mi impedì di tornare ad isolarmi nei miei pensieri.

Improvvisamente la campanella suonò, il mio cuore smise di battere.
Un urlo di felicità si diffuse nel cortile.
Le porte si aprirono e un tutt’uno di persone si riversò verso l’ingresso,
lasciai la mano di El, presi la mia valigia, mi rimisi in spalla i borsoni e nuovamente afferrai saldamente la sua mano.
Temevo di affrontare questa esperienza, perchè potevo non esserne all’altezza, avevo ansia di non riuscire a passare al meglio tutti i test che mi avrebbero sottoposto e di non essere in grado ad organizzarmi per studiare tutto senza rimanere indietro, ma allo stesso tempo ero elettrizzata, felice ed entusiasta dell’opportunità che m era stata concessa, sorpassando que semplice cancello la mia vita sarebbe cambiata completamente, davanti a me avevo il mio più grande desiderio che si stava realizzando e dietro di me la vecchia, monotona e difficile vita. 

《Forza ragazze, è la nostra occasione per dimostrare al mondo quello di cui siamo capaci》disse in tono determinato il ragazzo di Ellie.

Io e la mia amica ci guardammo negli occhi, sorridemmo dolcemente e riprendemmo a camminare nella direzione della scuola.

Avevo appena varcato la soglia della struttura metallica quando un grande pennuto bigio sorvolò sulle nostre teste con un moto così elegante e stupefacente che condusse lo sguardo della maggior parte su di esso. Sembrava che anche lui non aspettasse altro che il nostro ingresso. Quando lo spettacolo terminò tornammo tutti con gli occhi e la mente sulla terra e proseguimmo verso l’uscio dell’edificio.
Mentre percorrevo il vialetto ricoperto da sassolini color sabbia, ammiravo le panchine marroni ricoperte di foglie verdi e arancioni posizionate proprio sotto degli alberi e mi immaginavo lì seduta fra qualche giorno con un libro in mano a studiare il moto delle stelle osservando il loro arrivo nel cielo.

Le pareti erano illuminate dal sole del mattino, le finestre oscurate non mi permettevano di riuscire a vedere l’interno, cosa che la mia curiosità non sopportava. I miei occhi come guidati da una forza esterna puntarono ai due ingressi principali sperando di riuscire ad intravedere qualcosa. Sbirciai e notai diversi studenti camminare in modo quieto in direzione opposta e pensai si stessero dirigendo nelle loro aule pronti a seguire la lezione.

Superata la porta, la prima cosa che mi colpì fu il grande stemma che rappresentava l’università. Un logo rosso circondato da un ramo coperto di foglie gialle con all'interno scritto in latino “veritas” cioè vero.

La stanza principale era enorme e l'altezza che separava il pavimento dal soffitto era almeno il quadruplo di quella di casa mia. I lampadari che ricoprivano il soffitto erano ampollosi e decorati da cristalli pendenti collegati all’apice da fili dorati.
Le pareti di mattone erano rivestite in legno e di tanto in tanto la continuità veniva interrotta dalla presenza di nicchie con appesi documenti scritti.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 25 ⏰

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