Capitolo 1

79 8 3
                                    

“Un giorno come gli altri”

Dieci anni dopo

Luna

Il sordo rumore del tosaerba mi risvegliò.
Capii che era sabato dato che mio padre come ogni fine settimana che si rispetti, alle 9:00 di mattina precise iniziava a tagliare l’erba della piccola striscia di terra verde che chiama "giardino" e come ogni santo sabato, io mi svegliavo a causa di quell’aggeggio infernale. 
Prima o poi glielo faccio sparire.

Anche se stanca morta, mi alzai da quel caldo e confortevole letto, guardai la sveglia per assicurarmi che tutto fosse vero e come avevo previsto erano precisamente le nove del mattino; mio padre era il solito meticoloso.  

Il corpo stanco però vinse la battaglia e mi sdraiai nuovamente a letto, mi girai e rigirai nelle lenzuola candide che profumavano di rose e di un sentore di sudore causato dalla poca aria che passava dalle finestre.

In estate a Cambridge non c’è un filo d'aria.
Non dico che faccia caldo come in Florida, ma sudo lo stesso così tanto che a volte le persone mi dicono che al posto degli organi ho una caldaia.

《Mhh》Passarono diversi minuti e non riuscii a riprendere sonno, la sveglia segnava le 9:12.

Controvoglia, con le palpebre ancora socchiuse, decisi di mettere i piedi a terra promettendomi che non ci avrei ripensato a sdraiarmi di nuovo. La pianta del piede appena toccò il pavimento mi provocò un brivido che percorse tutto il corpo. Le mattonelle erano fresche e il vago pensiero di dormire la notte successiva per terra mi passò per la mente.

Con la lentezza di un bradipo, misi le ciabatte viola, proprio del mio colore preferito. Purtroppo però erano imbottite di lana. Sicuramente mi davano la sensazione di camminare sulle nuvole, ma cavolo si moriva di caldo là dentro!
Tirai un piccolo calcio in aria prima con un piede e poi con l’altro. Al  diavolo le pantofole, preferisco girare scalza e godermi il pavimento freddo.

Il fresco che saliva dalle punte delle dita e percorreva le gambe fino ad arrivare alle mani mi suscitava una sensazione di piacere. Quanto odiavo l’estate e la sua dannatissima afa!

Abbassai delicatamente la maniglia del bagno, raggiunsi in poche falcate il lavandino, mi lavai la faccia e mentre prendevo l’asciugamano mi fermai qualche istante a guardare la mia immagine riflessa: la mia camicia da notte preferita mi cadeva morbida sul corpo. Era lilla con delle nuvolette bianche. Successivamente mi soffermai sul mio volto, avevo delle occhiaie mostruose e la pelle pallida.
Ecco dove mi ero già vista: in un film sugli zombie.
Non mi era mai interessato particolarmente piacere a tutti i costi a ognuna delle persone che incontravo. Sapevo che quelle che mi volevano bene per davvero amavano la Luna al cento per cento ma anche quella all'uno percento. Non si può piacere a tutti, ma nella vita bisogna trovare quelle persone che ti fanno brillare e che nonostante tu sia completamente immersa nel buio c’è quell’ unica, piccola e radiosa stella che ti prende lungo la sua coda e ti porta con lei.

Mi liberai dalla vestaglia sfilando ogni bottone dal suo legittimo buco e una volta arrivata all’ultimo la camicetta in un leggero gesto mi cadde sul pavimento lasciando il mio corpo coperto solo da delle mutandine bianche.

Corsi nella doccia, chiusi le ante, girai la manopola d’ottone e un flusso di acqua fredda uscì dal sifone ricoprendo tutto il mio corpo. La doccia alla mattina è una delle cose che più preferisco, i muscoli si sciolgono e i pensieri negativi svaniscono.I miei lunghi capelli corvini scendevano lungo la spalla fino a coprire il seno, piccole goccioline di acqua e sudore mi correvano lungo la fronte fino a cadere sulle mie folte ciglia. Mi godetti quella doccia fredda restando dentro il box per più di dieci minuti e una volta uscita agguantai il mio accappatoio, lo legai in vita e mi diressi in camera.

EclisseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora