Capitolo 18

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Passato

Età: 13 anni

Le foglie, ingiallite e arrossate, crepitavano sotto i suoi passi, riempiendo l'aria di quel suono dolce e familiare che solo l'autunno sapeva regalare. Il vento fresco soffiava tra i rami spogli, facendo danzare le ultime foglie ancora appese agli alberi, che si staccavano con grazia, volteggiando fino a posarsi con delicatezza sul terreno.

I colori erano quelli tipici della stagione: un mix di oro, rame e rosso, che si mescolavano con sfumature di marrone e ocra.

Delilah si fermò, come ogni giorno, alla destra del grande cancello dell’istituto scolastico. Posò la schiena contro il muro e sfregò i palmi delle mani sulle braccia per aumentare il calore.

Osservò, uno a uno, gli studenti riversarsi all’esterno. Tutti indossavano la divisa mentre lei, che andava in una scuola pubblica, era vestita sportiva.

Alzò il braccio sinistro e guardò il polso per leggere l’orario. Immediatamente aggrottò le sopracciglia. Capitava spesso che lei fosse in ritardo, ma Aiden? Era sempre puntuale. Mai, in quegli anni, aveva sgarrato di un minuto. E il fatto che ne fossero passati quattro, fece preoccupare Delilah.

Sollevò la testa e fece scorrere lo sguardo tra i molteplici visi, cercandone almeno uno che le fosse familiare. Non appena scorse la figura di Elliot Martinez, non ci pensò due volte prima di raggiungerlo. Frequentava la stessa classe di educazione fisica di Aiden e in quel momento era seduto su un muretto a ridere con alcuni ragazzi.

Non le era mai piaciuto. Si atteggiava da superiore e aveva il vizio di guardare gli altri dall’alto in basso. Tuttavia, in quel momento, aveva bisogno di lui.

Sgomitò tra i diversi studenti, incurante delle occhiatacce che le lanciavano. Quando era a solo pochi passi, Elliot la guardò. Il sorriso gli si spense poco a poco, sostituito da uno sguardo di sufficienza. Incrociò che dita sulle cosce e attese che lei parlasse, mentre anche gli altri si ammutolirono.

«Sai dov’è Aiden?»
Elliot assottigliò gli occhi, riducendoli a una fessura, e aspettò qualche istante prima di parlare. «Chi?»

Delilah si irrigidì. Strinse la cinghia dello zaino, tesa. Sapeva perfettamente che quel biondino ossigenato stesse fingendo di non capire. Ingoiò l’insulto e specificò: «Smith».

Gli occhi chiari del ragazzino si spalancarono e le sopracciglia si alzarono di scatto. «Ah, lo sfigato! Ancora perdi tempo dietro a quello?» Con un sorriso sfrontato fissò Delilah, la quale avvertiva la rabbia diffondere in sé.

Non rispose ed Elliot scrollò le spalle. «Proprio non saprei. Forse nel mondo di ritardati come lui».

Delilah sentì quelle parole come un pugno nello stomaco. Fecero male in modo fisico. Avvertì le mani fremere per il desiderio di colpire qualcosa, mentre gli occhi le bruciavano per le lacrime che cominciarono ad accumularsi.

Voleva provocargli dolore. Ferirlo, non solo a livello psicologico. Desiderava umiliarlo di fronte alla combriccola che sfoggiava sorrisi falsi, ma si trattenne. E se poi lui si fosse vendicato con Aiden? Non poteva permetterlo.

Rossa in viso per l’ondata di calore, gli diede le spalle. Non doveva perdere tempo e non poteva concentrarsi sulle sue emozioni. Era più importante vedere se il suo amico stesse bene.

Camminò controcorrente rispetto alla folla, dunque ci mise più del necessario per raggiungere l’ingresso dell’edificio. Mentre si muoveva a passo svelto, tentava di riflettere. Dove poteva essere?
Il cuore le batteva forte. Non in senso buono. Provava una strana sensazione, come se dentro di lei sapesse che qualcosa non andava.

Una vita a metàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora