Capitolo Extra

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La festa di Halloween

Savannah

Portai una mano sul petto per massaggiarmi il lato sinistro, dove il battito del cuore sembrava un tamburo che risuonava in tutto il corpo. Ogni colpo sembrava amplificato, un ritmo frenetico che rifletteva l'agitazione interiore che sentivo crescere. Sperai che quel semplice gesto potesse aiutarmi a calmarlo.

Abbassai le palpebre e mi adagiai contro la parete del corridoio, cercando di trovare un attimo di tregua. Il mio respiro, diventato affannoso, si affacciava alla mia mente come un'eco incessante, e in quel momento tutto ciò che desideravo era riportarlo sotto controllo. Sentii il freddo del muro contro la schiena, mentre mi concentravo sul ritmo del respiro, cercando di allungarlo.

Leonard era arrivato e io ero fuggita come una vigliacca.

Avrei dovuto mostrarmi sicura, ignorarlo e magari provocarlo, come facevo di solito. Invece, l'unica cosa di cui ero stata capace, era scappare a gambe levate. Era frustrante, perché sapevo di essere una tipa decisa, senza peli sulla lingua, abituata a tenere il controllo delle situazioni. Ma quando lui era nei paraggi, tutto cambiava.

La mia determinazione si dissolveva, lasciando spazio a un'improvvisa vulnerabilità. Mi sentivo rammollita, quasi estranea a me stessa. Era come se il suo semplice sguardo riuscisse a disarmarmi, a mettere in crisi quella facciata di sicurezza che avevo costruito con tanta cura.

Inspirai in maniera profonda e l'aria mi riempì i polmoni. Poi buttai fuori l'ossigeno dalla bocca, in un sospiro intenso.

La musica mi arrivava come ovattata, un sottofondo indistinto che si mescolava all'aria, ma riuscì a distinguere alla perfezione il rumore di passi che si facevano sempre più vicini. Quasi ebbi paura di aprire gli occhi.

Presi coraggio e sollevai le palpebre. La luce fioca del corridoio mi permise di scorgere una sagoma in cima alle scale. Mi aveva raggiunta.

Non importava che fosse mascherato, lo avevo riconosciuto. Quelle iridi di un verde intenso mi facevano venire il batticuore ogni qualvolta mi accarezzassero con lo sguardo. E quelle labbra definite, seppur truccate, non mi facevano pensare a nient'altro.
Per un momento pensai di affrontarlo, ma il petto doleva troppo per riuscirci. Mi girai e in pochi passi raggiunsi la mia camera. La aprii e mi ci fiondai all'interno.

Feci per richiudere la porta, ma qualcosa me lo impedì.

Abbassai lo sguardo sull'ostacolo: una scarpa. Aveva appena messo un piede in mezzo per fermarmi. «Non ti lascerò andar via di nuovo». La sua voce calda e profonda causò brividi che non riuscii a fermare. Mi rimbombò nel petto, potente e selvaggia.

Continuai a fissare la sua scarpa nera, stringendo la maniglia con forza. «La festa è di sotto».

«Non mi importa niente della festa, Sav. Sono qui per te». Maledetto cuore; maledetto lui. «Mi dispiace, stavo andando a dormire».

Lo sentii sospirare, stanco. «Dimmi di andarmene e lo farò». Avvertivo il mio corpo tremare, una vibrazione sottile che si diffondeva in ogni fibra. Ogni parola che pronunciava sembrava trafiggere la mia anima, colpendo punti vulnerabili che credevo di aver protetto. «Vattene».

«Non così, guardandomi negli occhi», ribattè, ma non accennai ad assecondarlo. Sapevo che, se avessi guardato le sue iridi travolgenti, avrei ceduto all'istante.

«Dimmi perché mi eviti». Lo sapeva. L'aveva capito sicuramente, ma desiderava sentirlo. Non lo avrei accontentato; non mi sarei umiliata.

Fece pressione sulla porta per entrare e non opposi resistenza. La chiuse e mi passò accanto, per poi piazzarsi di fronte a me. Mi guardò intensamente. Sentivo la pelle bruciare sotto le sue pupille.
«Mi stai uccidendo, Sav». A quel punto alzai la testa e puntai le mie iridi nelle sue. Mi fissava con un cipiglio tra le folte sopracciglia e, malgrado il trucco da Joker gli coprisse la pelle, mi resi conto dei lineamenti esausti.

Una vita a metàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora