Capitolo XXXI

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Non sapeva cosa stesse succedendo nella sua testa, nel suo cuore.

Il distacco da Catania gli aveva permesso di dimenticare la routine monotona di sempre, con le stesse persone da vedere ogni qual volta fosse uscito per un giro in centro con la comitiva o con la propria ragazza. La meraviglia di Tokyo era un toccasana per la mente e per il proprio stato d'animo, con quei grattacieli imponenti del centro della metropoli alternati alle casette popolari dei quartieri di periferia popolati di persone pure, tradizionaliste, devote alla cura dell'ambiente e dello spazio domestico. Un mondo completamente diverso rispetto alla Sicilia a cui era tanto abituato tutti i giorni dell'anno. Avrebbe voluto restare per sempre nella terra nipponica, luogo delle meditazioni, delle arti marziali.

Prima o poi avrebbe comunque dovuto far ritorno nella propria dimora, per continuare i propri studi e finalmente conseguire l'agognata laurea dopo anni di sacrifici e di scleri.

Una telefonata dall'ospedale lo colse in fragrante, proprio nel momento di massimo riposo per lui. I suoi battiti aumentarono in men che non si dica, entrò in tachicardia. Il cuore pulsava centoventi battiti al minuto. L'adrenalina cominciava a fare effetto su tutto il corpo, fino ad arrivare alle dita della mani che cominciavano a tremare di fronte a quel numero fisso sullo schermo.

Lo guardò per trenta secondi circa, un intervallo di tempo in cui la maggior parte delle persone avrebbe riagganciato non trovando alcuna risposta dall'altra parte della cornetta. Quel numero continuava ancora a far squillare il cellulare, segno che avrebbero aspettato fino all'ultimo istante la risposta del destinatario.

Decise di armarsi di coraggio, facendo respiri lunghi e profondi e fece scorrere l'icona verde della cornetta verso la parte destra del telefono e rispose freddo e deciso:

«Pronto?»

«Si, l'ospedale Cannizzaro. Sono il dottore che sta seguendo tuo padre» arrivò all'orecchio di Daniele una voce seria e profonda, che poteva incutere quanto timore quanto speranza per il suo amato genitore.

«Buonasera, attendevo da tanto una sua chiamata. Ci sono delle novità a riguardo? Come procedono le cure?»

«Purtroppo non ci sono delle buone notizie. Sembra che le cure non stanno facendo l'effetto che ci aspettavamo. Come forse tu ben sai, il tumore al pancreas è molto aggressivo e le recidive sono altissime. Posso solo dirti che sfortunatamente il male è tornato a farsi rivedere, più aggressivo di prima. Non vorrei scoraggiarti, ma temo il peggio...» il dottore era amareggiato, la voce si faceva tremolante, ma doveva mantenere la sua professionalità e assicurare al giovane ragazzo il meglio che potesse fare per salvare suo padre.

L'unica speranza erano le nuove cure sperimentali, ma ancora testate soltanto sui topi da laboratorio. Sarebbe servito quindi un miracolo per lo sfortunato genitore.

Cominciava ad arrendersi pure lui, ma avrebbe fatto di tutto per donargli il regalo più grande che avesse mai ricevuto.

                                                       * * * * * * * * * 

L'incontro successivo sarebbe stato decisivo per il passaggio alla fase finale del torneo. Il giovane talento catanese poteva contare su due risultati utili su tre avendo vinto il primo incontro. Con una seconda vittoria avrebbe staccato con certezza il pass per gli ottavi di finale, ma avrebbe sudato freddo fino all'ultimo istante.

In fin dei conti stava partecipando ai campionati del mondo di arti marziali, non a quello di Vattelapesca. I migliori atleti del mondo erano tutti concentrati in quell'arena di qualche migliaio di metri quadri. Ognuno di loro sarebbe potuto essere un papabile candidato alla vittoria finale.

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