Capitolo XXIII: Sarajevo, parte II

13 2 11
                                    

Si fissavano ormai da qualche minuto, con il cuore che aumentava la frequenza, le fauci che diventavano sempre più secche. Il giudice di gara stava terminando le ultime consultazioni con gli arbitri situati nella parte rossa del campo, quella zona in cui non si poteva metter piede.

Dove anche quel punto che serviva per la vittoria poteva essere rimosso.

Assomigliava un po'a una distesa di lava infuocata, dove chiunque avesse messo un piede dentro sarebbe andato perduto per sempre.

Il braccio del giudice di gara fendere l'aria, porsi tra i due sfidanti e sancire l'inizio dell'incontro. Tutti i pensieri, tutti i dubbi, tutti i ragionamenti sulle strategie da adottare dovevano essere archiviati per tre minuti. Bisognava lasciar posto all'estro, alla fantasia, al proprio talento.

Daniele studiava l'avversario da cima a fondo. Voleva individuare subito i punti deboli, per affondare il primo punto della gara. Il cuore cominciava ad aumentare la propria frequenza. I passi si facevano più rapidi, l'organismo bruciava i primi zuccheri per fornire energia agli arti superiori e inferiori.

Sergej dall'altro lato appariva composto, solido di mente e di fisico. Non accennava minimamente a scoprirsi, era come se fosse isolato in una bolla. Esisteva solo lui e il suo rivale, l'ostacolo per il turno successivo. Stava cominciando a mettere nel mirino la preda, per azzannarla e per divorarla in un sol boccone.

Il portamento del russo appariva agli occhi del catanese come un grosso pericolo. Non avrebbe mai dovuto abbassare la guardia nemmeno per un secondo, altrimenti sarebbe stato colpito dall'onda d'urto di Zvadroikij.

Si intravedevano i primi colpi sferrati da una parte e dall'altra, alcuni andati a vuoto, altri parati. Arrivò però il primo a segno dopo un minuto e venti secondi. L'equilibrio che fino a quel momento aveva regnato sovrano, improvvisamente si ruppe. Come si ruppero gli schemi nella testa del talento italiano, che per una frazione di secondo aveva provato a scoprirsi per rischiare qualcosa subendo un punto pesantissimo in quel preciso momento.

E il tempo continuava a scorrere, gli spazi si facevano sempre più stretti. Daniele era messo alle corde e non sapeva più reagire. Cercava sempre delle strategie diverse per penetrare la guardia del rivale.

Voleva inventare qualcosa dal nulla, modificare di continuo lo stile di combattimento e non dare punti di riferimento.

Tutto sembrava sfuggirgli di mano, come se le sue armi fossero neutralizzate. Non si volle arrendere. L'occasione di passare il turno, di cominciare ad affermarsi nel panorama europeo e non solo era un pensiero troppo grande per non essere colto.

Voleva far prevalere l'orgoglio. Quell'orgoglio tipico di Vegeta, che nell'aver trovato in Goku un rivale più forte di lui, decide di sacrificare se stesso per conservare l'identità della razza Sayan.

Zvadroikij chiudeva, però, ogni spazio e qualsiasi via di attacco al giovane Garofalo e il tempo continuava a scorrere imperterrito senza sosta, fino allo scadere. Le possibilità di salvare il match e arrivare almeno ai supplementari si riducevano a ogni secondo che passava. Il catanese decise allora di dare il tutto per tutto e si scaraventò verso il bavero dell'atleta russo, passando alla seconda fase e cercare una mossa per metterlo al tappeto.

Le solide gambe però di Sergej gli impedivano ogni tentativo. Un'idea geniale apparse nella testa del siciliano, che applicò una tecnica di sacrificio, riuscendo a rompere la base dell'avversario, che incredibilmente si diresse velocemente verso il suolo.

Ce l'aveva fatta, aveva ottenuto quell'ormai insperato punto a cui non credeva nemmeno più. Galvanizzato dal risultato, Daniele prese il comando delle operazioni e continuò a martellare, insistere. Gli schemi erano saltati da entrambe le parti e ambedue volevano a ogni costo evitare i supplementari per preservare le energie.

DojoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora