Capitolo XVI

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"A malincuore devo escluderti a data da destinarsi fino a quando le tue condizioni fisiche non ti permetteranno di ritornare come prima."

Ricordava a memoria la frase del giorno precedente. Era impossibile che avrebbe dimenticato in breve tempo quelle parole. Non era passato minimamente nell'anticamera del suo cervello che l'idolo d'infanzia potesse rovinargli quel meraviglioso momento della sua carriera e vita che stava appena assaporando.

Era a pezzi. Voleva persino farla finita una volta per tutte, non avendo mai pensato nella sua esistenza di compiere alcun gesto estremo. Eppure si trovava lì, a prendere la decisione più importante della sua vita.

Mai aveva pensato prima d'ora di passare dai suoi più grandi successi nella sua vita al buio più profondo.

Era seduto ai piedi del letto, con lo sguardo assorto nel vuoto. Chinava la testa per qualche secondo, segno di una sconfitta senza precedenti. Cercava di trovare qualcosa per risolvere la botta che gli aveva lacerato l'animo. Niente sarebbe più ritornato come prima. O forse sì?

Non voleva parlare con nessuno. Preferiva stare completamente solo.

Con sé stesso e nessun altro.

Eppure, parlare con qualcuno per confidarsi e liberare tutta la rabbia è l'ingrediente principale per liberarsi dei propri demoni.

La giornata era l'ideale per cominciare a muoversi dopo duri mesi di degenza per il grave infortunio, e una buona alternativa per chiarirsi meglio le idee. Ogni decisione doveva essere ben ponderata e nulla lasciato al caso.

Si recò in giardino. L'unico posto in cui poteva abbandonarsi alle sue riflessioni senza chiedere conto a nessuno.

Proprio mentre aveva dimenticato ogni possibile distrazione, senti il suo cellulare squillare all'impazzata. Era Matteo, il suo compagno di combattimento. Avrebbe voluto avere sue notizie e sperava quantomeno di andare a trovarlo a breve.

Lo prese al volo per impedire che riattaccasse e rispose.

«Dani, tutto bene? Che piacere sentirti!»

«Matte, si tira avanti dai. Anche se potrebbe andar meglio.»

«È successo qualcosa di importante? Ti va di parlarne?»

«Mi piacerebbe, ma non al telefono. Sarebbe meglio se ci incontrassimo di persona. Oggi per caso sei libero?» Se non gli avesse comunicato per tempo ciò che aveva da dirgli, non avrebbe più avuto tempo per dirgli tutto.

«Sono libero, sì. Facciamo per il primo pomeriggio? Così poi scappo all'allenamento.»

«Va benissimo! Allora ci vediamo a casa mia per quella fascia oraria.»

Riagganciò e si rimise comodo sul divano a far riposare il povero ginocchio distrutto che stava cercando di guarire a tutti i costi. Che cosa nascondeva di così tanto importante da vedere il suo amico in fretta e in furia?

Ogni secondo che passava per Daniele diventava un incubo. Secondi, minuti fatti di continui ripensamenti sul discorso da esporre, cercando di trovare le parole adatte per spiegare tutto ciò che la sua mente organizzata stava elaborando in quel momento. Aveva paura di deludere.

Deludere tutti. Persino se stesso.

Più il tempo scorreva più l'ansia soccombeva ogni singola emozione. I suoi passi si facevano più pesanti per il nervosismo. Il respiro più affannoso, il cuore più martellante.

                                                         * * * * * *

«Daniele, hanno citofonato. Potresti per favore andare a vedere chi è?» Chiese Giulia, che nel frattempo era tornata a casa per una piccola pausa pranzo prima di ritornare al lavoro. Nessun ripensamento era permesso. C'era soltanto la verità da affrontare, con tenacia e con consapevolezza.

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