Capitolo IX

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Come avrebbe affrontato la lezione del giorno con quel pensiero fisso in testa? Era troppo serio perché se ne dimenticasse in breve tempo. Ironia della sorte, quella doccia fredda arrivò proprio al momento meno opportuno.

Si sentiva fiacco, tanto da persino non avere voglia di mettersi sui libri, né di recarsi in palestra. È come se all'improvviso si fosse spento. Messosi sopra il letto, per un attimo non volle pensare a nulla, né parlare con nessuno. Era un momento tra lui e il suo cuore, che in quel momento manifestava un'atroce sofferenza.

«Che cosa posso fare per rimediare a tutto questo?» «Perché mi sto abbattendo in questo modo?» «Penso di non essere all'altezza». «Penso sempre di più di abbandonare tutto» più pronunciava quelle parole, più dentro di sé cresceva insicurezza, paura, impotenza. Tutti i suoi sacrifici fatti per aumentare la sua autostima stavano per andare in frantumi in un attimo, con poche parole.

In quel momento voleva solo abbandonarsi al pianto liberatorio, manifestare tutta la sua debolezza. Se solo potesse lavorare in un team di ricerca per dedicare tutte le sue energie a una ricerca di una cura contro quel male, avrebbe sicuramente affrontato ogni singolo istante della giornata con grande entusiasmo e voglia di arrivare a quel risultato. In fin dei conti, però, era ancora soltanto uno studente del terzo anno e non sapeva ancora quando si sarebbe laureato.

Voleva solo sfogarsi con qualcuno. Chiamò la sua ragazza e le chiese di venire a casa sua per raccontarle tutto di persona. Sarebbe venuta la sera stessa. Riagganciata la chiamata passò dal letto alla sedia della sua scrivania, a fissare per tutto il tempo lo schermo nero del televisore senza mai accenderlo.

«Tesoro, qualcosa non va?» Giulia passò per accertarsi che stesse bene e che si fosse ripreso da quella tremenda botta; ma evidentemente tutto era ancora lontano.

Daniele distolse lo sguardo dallo schermo e le rivolse la parola.

«Diciamo, mamma, mi sento così debole da sembrare di avere gli acciacchi. Non ho voglia neanche di allenarmi, di studiare. Non voglio fare niente.»

«Avevi promesso che ti saresti impegnato a fondo per portare a termine ciò che ti eri prefissato. E ora abbandoni di colpo?» disse alzando un po' il tono della voce, ma senza sembrare autoritaria.

«Ma ti rendi conto che in questo momento sto davvero di merda?» Rispose irritato, come se quella cosa lo avesse toccato nel profondo. Avrebbe voluto sicuramente fare qualcosa, ma non in quello stato pietoso.

«Intanto non ti rivolgere male con me, capito? Ti ho solo fatto questa domanda. Voglio solo aiutarti a risollevarti, qualora ci riuscissi...» Giulia lo fissò intensamente negli occhi per cercare di farlo ragionare e cambiare atteggiamento.

«Tu credi che in questo modo mi stia aiutando? A me non sembrerebbe» continuò lui, ormai sull'orlo di una crisi di nervi che gli avrebbe dato il colpo di grazia.

Lei non seppe che dire. Si era sempre fatta in quattro per i suoi figli, per nutrirli, crescerli e mantenerli. Non transigeva assolutamente la mancanza di rispetto nei suoi confronti, e non sopportava quando Daniele le inveiva contro in quel modo.

«NON MI MANCARE DI RISPETTO, HAI CAPITO? SONO TUA MADRE, E MI SONO SEMPRE FATTA UN MAZZO TANTO»

«Forse è meglio se levo il disturbo per un po'.»

Si alzò dalla sedia, prese le sue cose e uscì di casa, sbattendo la porta.

Giulia si inginocchiò sul pavimento e crollò in un enorme pianto. Forse aveva sbagliato a rivolgersi in quel modo a suo figlio? O magari aveva sbagliato lui a non ascoltarla facendo tutto di testa sua?

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