Uno

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Non avevo mai avuto bisogno di niente, né di nessuno. Mai chiesto amore, mai cercato comprensione. Credevo di avere già tutto. Eppure, tutto ciò che possedevo non era altro che un accumulo di cose che non desideravo veramente. Non mi servivano borse firmate, se non avevo niente di significativo da metterci dentro, né tutti quei vestiti di lusso stipati nella cabina armadio; mi sarebbe bastata una felpa da condividere con qualcuno. Non necessitavo di gioielli, ma delle chiavi di una casa vera, mia, un posto che potessi finalmente chiamare casa, e non vivere eternamente nell'albergo della mia famiglia.

Ostentavo tutto ciò che avevo, ma non era altro che una facciata. Mi ero trasformata in quello che credevo fosse importante: una banconota da cinquecento euro nelle mani della persona più ricca del mondo, preziosa in apparenza, ma in fondo superficiale, inutile, senza vero valore. Avrei voluto essere invece una banconota da cinquanta euro, stretta tra le dita callose di un bracciante, di un agricoltore, di qualcuno capace di riconoscere il mio vero valore, senza darlo per scontato.

Quanto ero patetica. Il mio termine di paragone erano sempre e solo i soldi. Mi avevano insegnato che i soldi potevano comprare tutto, ma non mi avevano mai detto che il vero valore è dato da chi lo sa riconoscere.

Non ascoltavo mai nessuno. Nessuno poteva dirmi come vivere, e se qualcuno mi avesse detto che a diciotto anni sarei morta, lo avrei deriso. Lo avrei mandato al diavolo con un sorriso amaro e qualche gesto scaramantico. Eppure, quella fine si stava avvicinando, molto più velocemente di quanto il mio cuore potesse accettare.

Il vento freddo mi sferzava il viso mentre fissavo le acque gelide sotto di me, già sentendomi inghiottita in quell'abbraccio fatale, il mio ultimo atto. Ogni pensiero dentro di me lottava disperatamente per sopravvivere, ma la voce del panico iniziava a sussurrarmi.

"E se l'istinto mi spingesse a nuotare?" Il cuore mi batteva sempre più forte e l'aria sembrava densa, difficile da respirare. Non doveva succedere. Non potevo permettermi di essere debole. Non più.

Le mie gambe tremavano mentre lacrime calde e amare scorrevano silenziose sul mio viso, senza riuscire a spegnere il fuoco che ardeva dentro di me. Con un gesto secco, gettai la mia borsa Gucci a terra, il suono sordo del colpo sul brecciolino ruppe il silenzio della notte. Tutto sembrava diventare più vivido: il rumore lontano di una sirena, il fruscio delle foglie mosse dal vento, ma erano solo ombre di un mondo che non mi apparteneva più.

Salire sul cornicione del ponte fu come varcare una soglia. Un piede dopo l'altro, mentre il gelo mi penetrava fino alle ossa. Da lassù, vedevo tutto: le strade deserte, immerse in un silenzio surreale. Il vuoto intorno a me era quasi confortante. Nessuno avrebbe cercato di fermarmi.

Presi un respiro profondo, e guardai giù. "Accidenti, è davvero alto". Il vento mi scompigliava i capelli. Le luci dei lampioni si riflettevano sull'acqua scura del fiume, creando ombre spettrali. Chiusi gli occhi.
Un salto, un passo nel vuoto, e tutto sarebbe finito.

Il battito del mio cuore era assordante. Ogni fibra del mio corpo gridava di fermarmi, ma ormai non c'era più via di ritorno. Strinsi i pugni, cercando quel coraggio che sembrava sfuggirmi. Riaprii gli occhi, e il fiume Nervión sotto di me sembrava attendere, calmo e silenzioso, pronto ad accogliermi. Un brivido mi attraversò. Non era il freddo a spaventarmi, ma la consapevolezza di tutto ciò che stavo per lasciare.

Le immagini della mia vita scorrevano come un vecchio film sbiadito: i viaggi con i miei genitori, le serate spensierate con Ingrid, le risate lontane di un tempo che sembrava non appartenere più a me. E poi Miguel. Il suo volto mi colpì come uno schiaffo. "Dai, Lola, è solo un video..."

Quelle parole mi avvelenavano. Quella notte, quel momento, avevano distrutto tutto ciò che ero.

Ogni sguardo, ogni risatina soffocata nei corridoi della scuola mi schiacciavano come un macigno. Non ero più Lola Garcia, la ragazza spensierata. Ero solo "la ragazza del video". Sporca. Macchiata. Un'etichetta che non riuscivo più a scrollarmi di dosso.

Un clochard a BilbaoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora