(Canzone consigliata: Salvatore - Lana Del Rey).
Iris.
Amavo festeggiare.
C'era sempre quel non so che di gioioso e atti pieni di spensieratezza nel radunarsi con la propria famiglia e amici per una festa, anche la più stupida per me era importante.
Io e mia madre avevamo perfino inaugurato una festa tutta nostra, non aveva un giorno prestabilito né un orario specifico. Consisteva nel festeggiare tre settimane senza aver avuto un attacco di panico, ecco spiegato il motivo per cui non c'era un giorno deciso in precedenza per celebrarla. Una volta scattate le tre settimane, riunivamo tutta la nostra famiglia e festeggiavamo come fosse Capodanno o Halloween.
Zia Nives mi aveva sempre spiegato quanto fosse importante rendere determinati traguardi speciali, come se il nostro subconscio avesse bisogno di una carezza ogni tanto. Dal momento in cui aveva pronunciato quelle parole avevo subito parlato con mia madre e trovato un modo divertente e pieno di amore per aver conquistato un altro piccolo touchdown.
Mio padre aveva soprannominato i giorni in cui il panico non veniva a bussare alle nostre porte "touchdown", e forse piano piano saremmo arrivate perfino al Superbowl della gioia.
Zia Nives mi aveva anche spiegato che i miei attacchi di panico potevano essere ereditari visto quanto mia madre ne soffriva, come se il mio cervello fosse predisposto per avere la lancetta dello stress sempre angolata verso la parte sbagliata. Non ne facevo una colpa a mia madre, anche se lei per giorni, dopo quella rivelazione della sua migliore amica, mi aveva stretta in una morsa piena di sensi di colpa.
Non era colpa di nessuno se ogni tanto il mio cuore correva come un pazzo e non si fermava fin quando non indossavo le cuffie e prendevo in mano una matita per disegnare qualsiasi cosa mi passasse per la mente. Anche se spesso quello che avevo in mente ero quelle due iridi così diverse tra loro che mi avevano sempre affascinata.
Fin da quando eravamo piccoli, io e Mason, siamo stati cresciuti come fossimo cugini. I nostri genitori erano così legati da aver creato una grande famiglia piena di risate.Amavo quella famiglia, ma quando pensavo a Mason non pensavo a lui come un cugino o come un fratello. Per me non lo era mai stato.
Era stato il bambino che mi aveva insegnato a disegnare, il bambino che mi aveva insegnato ad andare in bicicletta e non aver paura di cadere. Lo stesso bambino con cui avevo giocato e riso così tanto fino alle lacrime.
Lo stesso adolescente che avevo guardato con occhi sognanti quando aveva iniziato a frequentare una scuola per ragazzi più grandi. E lo stesso Mason per cui lasciavo sempre la finestra aperta la sera. Le nostre ville nella periferia di Manhattan erano vicine, serviva scavalcare la recinzione del giardino e arrampicarsi per saltare nella camera dell'altro.
Tantissime volte ci eravamo ritrovati seduti sul tappeto rosa della mia camera a parlare dei miei disegni e della sua musica. Parecchie volte aveva portato con sé la sua chitarra per suonare un po' con me, se i miei genitori se ne erano accorti non avevano mai proferito parola al riguardo.
E il pensiero che lo avrei rivisto quella sera a casa mia per festeggiare il mio quattordicesimo compleanno fece impazzire il mio cuore. Ma quella volta per l'aspettativa.
Avevo un'agitazione nello stomaco che non avevo mai avuto prima, come se quella sera dovesse accadere qualcosa di importante. Qualcosa che avrebbe cambiato tutti i pennelli sulla mia tela per disegnare con colori diversi.
Erano ore che mi ritrovavo seduta sulla mia toeletta con quelle luci che illuminavano il mio viso.
Stavo cercando di capire come potessi valorizzare i miei occhi. In fin dei conti, truccarsi era un po' come dipingere. Forse era per quel motivo che mi riusciva così bene.
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Heart
RomanceMason King e Iris Mullen sono cresciuti come fossero due fratelli, crescendo insieme nonostante i loro cinque anni di differenza. Il loro legame così forte li ha sempre accompagnati in ogni traguardo importante delle loro vite. Ma il giorno del quat...