7. Le ceneri di una fenice

371 37 17
                                    

(Canzoni consigliate: Messy - Lola Young/Abuse Me - Ex Habit).

Iris.

Mi ero sempre chiesta fin dove potesse spingersi la tolleranza umana, quando avrebbe potuto accadere che una persona fosse talmente stanca da mandare al diavolo l'intero pianeta. E, mentre stavo camminando verso Hogan Hall con la mia solita tracolla troppo pesante, pensai che fosse proprio quello il limite.

Avevo talmente tanta stanchezza in corpo che perfino ascoltare i soliti rumori di New York e il vociare degli studenti che tornavano ai loro rispettivi dormitori, mi stava costando una fatica immane.

La città era già in fermento per Halloween, ogni angolo del campus era stracolmo di zucche intagliate, scheletri con occhi luminosi di colore rosso, ragnatele ovunque come se il ragno di Harry Potter fosse atterrato proprio sopra le nostre teste.

Non avevo una festività preferita, ma Halloween mi aveva sempre affascinata. Era divertente travestirsi e comportarsi come se non fossi la stessa persona di sempre. Era l'unico giorno in cui fingere di essere qualcun altro era simbolo di divertimento.

Ma la mia stanchezza non stava aiutando a godermi quegli addobbi e non aiutava nemmeno il vento freddo della sera che mi stava prendendo a schiaffi.

Incontrai qualche membro delle confraternite vicine, alcuni di loro cercarono anche di attaccare bottone per invitarmi alla festa che stavano già preparando per Halloween, ma continuai per la mia strada. Troppo desiderosa di tornare nel mio dormitorio.

Un sorriso affiorò sul mio viso quando il pensiero di indossare il mio pigiama con gli orsetti, un regalo di mia madre per il Natale scorso, si palesò nella mia testa. Era un po' imbarazzante ma non mi interessava, era comodo e caldo.

Però, quando aprii la porta e vidi il sorriso provocatorio della mia migliore amica, già sapevo che quell'immagine di me stessa che si godeva una tisana calda, era stata cancellata. Riuscii ad avvertire anche la musica che proveniva dal suo studio e qualche macchia di argilla sul suo grembiule indicava che stesse lavorando a qualche sua creazione.

«No», dissi mentre mi chiudevo la porta alle spalle.

«Ma non sai nemmeno quello che voglio chiederti!», ribatté guardandomi importante dalla cucina mentre posava la sua tazza di caffè sul bancone.

«Syd», sospirai, «la mia batteria sociale è al di sotto della sua carica, ho bisogno di fare la solitaria.»

Avvertii i suoi passi dietro di me mentre proseguivo il percorso per andare in camera mia. «È successo qualcosa?», chiese con una preoccupazione palpabile nella voce.

Quando aprii la porta della mia camera, mi tolsi la sciarpa e il cappotto dopo aver quasi lanciato sul pavimento la mia tracolla stracolma.

Era proprio quello a farmi provare rabbia: il fatto che non servisse necessariamente qualcosa per far sì che la mia batteria si scaricasse. Semplicemente avevo davvero bisogno di starmene per conto mio e allo stesso tempo non volevo fare la figura della nullafacente.

Era davvero difficile albergare nella mia stessa testa.

«No», sbuffai sedendomi sul letto. «Però sai come funziona qui dentro», mi picchiettai un dito sulla tempia.

Sydney appoggiò una spalla allo stipite della porta mentre mi guardava con comprensione. «Penso che un po' di sano divertimento ti gioverebbe», un piccolo sorriso affiorò sul suo viso. «E se vedremo che sarà troppo per la tua testolina, possiamo sempre andarcene e tornare qui.»

«Non lo so, Syd...», sospirai.

Si avvicinò prendendomi le mani per farmi alzare mentre un sorriso giocoso affiorava sulle sue labbra. «Che ne dici di usare il metodo di Meredith e Cristina?», chiese riferendosi alla sua serie tv preferita, Grey's Anatomy.

HeartDove le storie prendono vita. Scoprilo ora