Ormai siamo già giovedì quando decido di visitare anche la zona della Fondazione dove ci sono i ragazzi che imparano a saldare, a lavorare il legno, a cucire e anche a dipingere.
Faccio una fermata al negozietto della fondazione dove i ragazzi mettono in vendita tutto quello che creano, dalle statuette in legno, alle stoffe che dipingono. Così prendo due calebas (ciotole intagliate dalle zucche), una stoffa dipinta con i colori della bandiera del Camerun, due statuette con la forma dello stato del Camerun dipinte a mano e due elefanti intagliati in un particolare legno che all'esterno è marroncino mentre all'interno è nero, creando così questo effetto magnifico a due colori sulle statuette.
I fisioterapisti sono nella stanza accanto al negozio, così ne approfitto ed entro per vedere cosa stanno facendo. I ragazzi sono in mezzo ai fisioterapisti locali e stanno insegnando come mettere il tape alla mano, quindi sono tutti pieni di tape coloratissimi sulle mani.
Si stanno impegnando molto e quindi decido di non distrarli troppo ed esco ritornando verso la sala dei bambini disabili più grandi.
Resto con loro tutta la mattina fino a pranzo.
Un gruppetto sta cercando di infilare delle piccole perle all'interno di un filo, o giocano con quel giochino che di solito c'è sempre nelle farmacie nell'angolo bimbi, in cui devi portare da una parte all'altra delle forme colorate in legno lungo un ferro colorato che forma delle onde. Invece c'è un altro gruppetto che sta su un tavolino con un medico, che colorano, mentre lui guarda se restano all'interno dei bordi, come tengono in mano i colori.
Assieme a quei bambini ci sono anche due bambini autistici e una bambina con la sindrome di down.
Non hanno molto con cui giocare, quindi assieme a Marta, chiediamo alle maestre se possiamo portarli fuori, anche solo per fare una passeggiata.
Ci indicano dove sono le ciabatte, le facciamo indossare ai bambini.
Io tengo per mano uno dei bambini autistici, mentre Marta tiene per mano la ragazzina con la sindrome di down, Blessi.
La maestra prima di farci uscire mi guarda e mi dice un po' in francese e un po' a gesti di tenerlo sempre per mano, stretto stretto, perché altrimenti lui scappa e corre in giro e rischiamo di doverlo rincorrere per tutta la Fondazione.
Io annuisco e le dico di non preoccuparsi.
Così prendiamo i due ragazzini e li portiamo al parco giochi, dove li facciamo salire sulle altalene.
Nel giro di tre minuti hanno un sorriso stampato in faccia grande come una casa, e ridono a crepapelle ogni volta che li spingiamo.
Io e Marta ci guardiamo: "Alla fine basta poco, basterebbe che ogni tanto li portassero fuori da quella minuscola stanza, a turno ovviamente, non tutti assieme, ma guarda quanto si stanno divertendo! Alla fine sono persone anche loro" mi dice Marta.
Effettivamente ha ragione, all'interno di quella stanza non hanno un programma su cosa fare giornalmente, a volte non tirano fuori nemmeno un gioco, se ne restano lì seduti sulle stuoie per tutto il giorno.
Eppure basterebbe veramente poco.
Verso le 11:30 decidiamo di riportarli dentro per poi farli pranzare, così faccio scendere entrambi dall'altalena e faccio rimettere le ciabatte, che si erano tolti mentre andavano.
Giuro, l'ho lasciato solo per un secondo, per prendere le ciabatte a terra.
In due nano secondi lui ha cominciato a correre per la fondazione, era scappato.
Paul, un ragazzino che abita appena fuori dalla fondazione e che viene per dare una mano o giocare, comincia a corrergli dietro per andarlo a prendere.
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NASAARA
Short StoryNasaara! Nasaara! Si innalza così il grido dei bambini mentre ci corrono incontro, lungo la strada, che percorriamo per arrivare alla scuola elementare di Moussourfouk. Nazareno! Il bianco! Ma torniamo un attimo indietro, qualche settimana prima di...