CAPITOLO 13

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È il 10 dicembre quando spengo la sveglia questa mattina; mi alzo, mi sciacquo la faccia e mi preparo per andare a fare colazione.

Tutto il mio trambusto di stomaco è passato, sto molto meglio e anche Francesca sta decisamente meglio, tanto che riusciamo a prenotarci una seduta dal parrucchiere della Fondazione...scherzo...sono solo le ragazze del Sarè che non vedono l'ora di potermi fare le trecce.

È sabato e infatti, come tutti i sabati, le ragazze si disfano le acconciature che si fanno e le rifanno nuove.

Ogni sabato, le ragazze più grandi fanno le trecce alle ragazze più piccole e ora tocca a me. Alle 10 devo essere lì nel portico dei loro dormitori per farmi fare le treccine.

Mentre aspettiamo che arrivino le 10, dopo aver fatto colazione, passiamo nei dormitori dei più piccoli, dove troviamo Biedamu (un ragazzino affetto da encefalite) che ci accoglie sempre col sorriso, pronto a farci vedere di essere in grado di contare fino a 5.

I bambini ogni volta ci circondano, voglio essere lanciati in aria, vogliono il solletico e vogliono giocare assieme.

Così ci prendiamo un po' di tempo e rimaniamo lì con loro, finchè le ragazze non vengono a chiamarmi per farmi le trecce.

Così vado verso il portico dove son tutte sedute a terra a farsi fare le trecce, mi tolgo i sandali prima di mettere piede nelle stuoie coloratissime e mi siedo vicino a questa ragazza, che sta seduta sulla panca, pronta a farmi le trecce.

Si chiama Darketa e ha una sorella gemella, intenda pure lei a fare le trecce alle altre.

Prende un pettine e comincia a dividermi le ciocche di capelli; nel giro di dieci minuti ho sei mani sulla mia testa, due che tengono le ciocche di capelli a cui fare le trecce, due che fanno le piccole trecce e altre due che passano gli elastici e bagnano le mani di Darketa.

Sono seduta a terra, a gambe incrociate e devo proprio dire che dopo un'ora non le sento già più.

Mentre mi fanno le trecce osservo le altre ragazze.

Ci sono due ragazze che giocano a memory, ma in una maniera diversa dalla classica.

Anziché giocare a carte coperte per cercare le figure uguali loro giocano a carte scoperte, e si alternano nel prendere le figure uguali.

Un po' tutto il contrario di come si gioca, ma mi fa molto ridere.

Vicino a me si siede ovviamente Maiblam, che passa gli elastici a Darketa ogni volta che finisce una piccola treccia.

Una ragazza meravigliosa lei, mi ha colpito fin da subito, nonostante i problemi fisici che ha, il sorriso non le manca mai, e vi posso assicurare che è uno dei sorrisi più belli che io abbia mai visto.

Assieme a lei mi colpisce anche un'altra ragazza, lei è sordomuta, ma ha un viso talmente bello e un altrettanto sorriso che ti fa dimenticare che lo sia.

La bellezza di tutte loro è disarmante, è una cosa incredibile.

Passano esattamente due ore, ma Darketa non ha ancora finito anche se arriva l'orario di pranzo, così mi lega le ciocche di capelli a cui non ha ancora fatto le trecce e mi lascia andare a mangiare.

Quando arrivo all'interno della sala da pranzo, Marta subito è affascinata dalla mia nuova acconciatura, effettivamente in testa è come se avessi un disegno fatto di piccole trecce.

Io sono molto contenta di questa acconciatura e non vedo l'ora che sia completa.

Subito dopo aver lavato i piatti e sistemato la cucina, torno dalle ragazze e con ben 3 ore di lavoro, finalmente Darketa finisce di farmi le trecce.

Franci fa alcune foto e io sono molto soddisfatta.

Ringrazio tutte quante e fiera della mia acconciatura vado subito a mostrala a Marta.

Con Franci poi accompagniamo anche Blessi dalle ragazze, dato che deve rifarsi le trecce anche lei, così per mano la portiamo da loro e la lasciamo a Gloria che poi appena finirà la riporterà nel suo dormitorio.

La giornata scorre circa uguale, al pomeriggio tutti al campo per giocare e io come al solito sotto ad un piccolo portico ad imparare qualcos'altro nella lingua dei segni.

***** ***** *****

Domani sarà il mio ultimo giorno qui alla Fondazione, poi rientrerò in Italia, con me tornerà anche Marta, che poi dalla capitale prederà il volo per Bologna, mentre io quello per Venezia.

Non riesco ancora a capacitarmi come il tempo sia volato, mi sembra ieri di essere arrivata qui e devo ammettere che restare qui mi ha fatto proprio bene.

È incredibile come tutto ciò mi faccia già sentire la nostalgia di questo posto, di queste persone e come tutto questo mi renda ancora più difficile mantenere il mio motto riguardo i viaggi:" Mai nello stesso posto per più di una volta, il mondo è grande e voglio visitarlo tutto"

C'è però anche da dire che questo non è un viaggio, ma un'esperienza vera a propria e tornerei qui ancora lo ammetto.

Mi è difficile lasciare tutti loro, specialmente Francesca che per queste due settimane ho potuto conoscere meglio.

Ad interrompere i miei pensieri arriva proprio lei.

"Ehi Marty! Tutto okey?

"Certo Franci!"

"Domani per il tuo ultimo giorno, ho pensato ad una vera esperienza africana; dobbiamo andare nelle scuole dei villaggi fuori dalla Fondazione, a raccogliere gli ultimi dati degli alunni per finire di compilare le schede per le adozioni a distanza"

"Assolutamente sì!"

In questi giorni, infatti, davo una mano a Francesca a compilare al computer i file con tutti i dati delle varie scuole che ci sono fuori dalla Fondazione, scrivevo nomi, cognomi, anni di nascita, se erano orfani, che classe frequentavano e cosa volevano diventare da grandi.

Medici, infermieri, maestri, professoresse, poliziotti, qualcuno un BIR, insomma tutti quei lavori che ognuno di noi da piccolo voleva fare e che ogni volta che ci chiedevano cambiavamo.

Non vedo l'ora di visitare le scuole fuori dalla Fondazione, sono sempre stata curiosa di capire in che condizioni siano, se sono come quelle che avevo visto in Ciad o se siano diverse e soprattutto per vedere di persona magari qualcuno di quelli a cui ho inserito i dai nel file.

Così alla sera conquesto pensiero nella mente, mi faccio una doccia e mi dirigo a letto, sotto lamia zanzariera, consapevole di dovermi godere a pieno l'ultimo giorno.

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