Quel venerdì, alla mattina, una parte dei ragazzi avrebbe visitato i pazienti operati all'ospedale di Maroua e un'altra parte sarebbe rimasto lì in fondazione a visitare quelli presenti lì.
Per tutta la mattina do una mano ad Andrea, trascrivo i dati dei pazienti che visita e che tipo di tape gli mettono.
Con noi ci sono anche i fisioterapisti locali che applicano il tape.
Questa mattina arrivano anche i pazienti che i fisioterapisti locali trattano già, tra loro c'è anche un bambino, molto piccolo, avrà all'incirca un mese di vita.
Quello che mi colpisce di lui, è che oltre ad essere fisicamente molto piccolo, ha i gessi su entrambe le gambe.
È stato operato anche lui dagli ortopedici italiani, per i piedi torti.
"La mamma ha fatto solo un'ecografia al sesto mese, e i medici non se ne erano neanche accorti, addirittura nel momento del parto, gli hanno lussato la spalla sinistra" ci traduce Francesca.
Rimango sconvolta, un bimbo così piccolo, operato per i piedi torti a cui hanno lussato una spalla; infatti appena lo mettono nel lettino comincia un grande pianto incontrollato.
È così piccolo e sta soffrendo così tanto, ma per la lussazione anche i medici italiani non hanno potuto fare molto, è troppo piccolo per sistemargliela, ma ogni volta che lo si tocca lui parte in questo pianto incessante che smette solo quando viene preso in braccio dalla mamma. Lo avvolge in questa coperta colorata e come per magia lui si calma e smette di piangere.
Mi fa tanta tenerezza, perché non si merita di soffrire in questo modo qui, è così piccolo e indifeso che mi fa rabbia da un lato.
Siamo così abituati a non vedere oltre il nostro naso a volte che non ci accorgiamo che dall'altra parte del mondo le cose sono molto diverse, e viviamo tranquilli e sereni, perché queste cose non ci toccano di persona.
Ma in quel momento, quel piccolo viso che piangeva disperato, mi fece ricordare il motivo per cui ero lì e non solo per venire a trovare Francesca, ma perché nel mio piccolo, nei miei 24 giorni, volevo dedicare del tempo a loro e non a me stessa.
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Nel pomeriggio finite le visite, Andrea aveva una voglia matta di uscire un po' dalla fondazione, così cogliamo al balzo la proposta di Danilo di andare a vedere la costruzione di una chiesa e di un nuovo pozzo in un villaggio poco distante.
Nel pick up saliamo in 8, io Francesca ed Andrea sul cassone dietro mentre Marta, Roberto, Giusy e Giovannina (una signora arrivata lunedì come accompagnatrice di una signora anziana) dentro al pick up mentre alla guida, il nostro pilota di rally Danilo.
Non vedevo l'ora di fare un viaggio nel cassone, prendere un sacco di polvere in faccia, mentre sfrecciavamo sulla poca strada asfaltata, rischiando la morte ad ogni buca.
"Ma quanto corre questo!" urla Andrea per sovrastare il rumore del vento mentre andiamo verso il villaggio.
Le risate sono tante, le botte sono altrettante.
Quando finalmente ci fermiamo siamo in mezzo al nulla, alle nostre spalle sorge nella sua imponenza una chiesa in costruzione, dove ci saranno all'incirca una decina di operai. La metà sta lavorando in ciabatte, sopra delle scale assai discutibili.
Entriamo per vedere i lavori e rimaniamo allibiti da quanto grande la stanno costruendo.
Una decina di minuti dopo risaliamo nel pick up e ci dirigiamo poco distante all'interno del villaggio per visitare il pozzo in costruzione.
Entriamo su questa strada stretta e il ragazzo che ci guida ci dice di fermarci vicino a questo grande albero all'ombra.
Ma come se non avesse visto quelle grosse radici che spuntavano dal terreno a circa mezzo metro di altezza, Danilo ci si fionda sopra di cattiveria, facendoci fare un salto nel cassone di almeno trenta centimetri.
Prendiamo un'insaccata alla schiena che c'è la ricorderemo a vita io Andrea e Francesca.
Scendiamo e ci accorgiamo che alla fine siamo incastrati con la ruota destra anteriore. Danilo fa qualche avanti e indietro e in qualche modo con l'aiuto di alcuni uomini riesce ad uscirne.
Ancora doloranti ci avviciniamo al luogo dove stanno costruendo il pozzo; ad accompagnarci ci sono gli immancabili bambini del villaggio che appena vedono Giusy tirare fuori le caramelle dalla borsa fanno i salti di gioia.
In quel pozzo cominceranno a costruire la torre con il serbatoio all'interno che aiuterà il villaggio a coltivare e ad avere acqua potabile.
Ci guardano e alcuni di loro ci ringraziano stringendoci la mano, noi sorridiamo perché non sappiamo cosa dirgli.
Il nostro viaggio riprende e verso le 16:30 siamo fermi ad un bar per berci qualcosa di fresco, ma purtroppo le birre che hanno non sono freschissime, così prendiamo anche due bibite che invece lo sono.
Le bibite lì sono molto dolci e zuccherate, ma con il caldo che c'era non potevamo chiedere di meglio.
Anche mentre stiamo lì seduti veniamo "spiati" da un gruppo di bambini che appena ci voltiamo per guardarli si nascondo.
Poco dopo cominciano a correre, in mezzo alla strada, facendo correre delle ruote con una bottiglia.
E ridono.
Come se la ridono mentre fanno a gara tra di loro a chi arriva prima.
Rimaniamo a guardali per una decina di minuti e poi ci rimettiamo in macchina per tornare alla Fondazione.
Il tratto del ritorno è quello in cui abbiamo rischiato ancora la vita perché sulla strada asfaltata ci ritroviamo a correre circa ai 120km/h
Consideriamo che una piccola buca, per noi che eravamo sul cassone, sarebbe stata letale.
Finalmente arriviamo sani e salvi alla Fondazione e appena scendiamo, ci sono tutti i ragazzi che stanno giocando a calcio.
Le ragazze nel campo più piccolo mi vedono e cominciano a chiamarmi per giocare assieme a loro, così non me lo faccio dire due volte e scendo in campo.
Non riesco a capire con chi sono in squadra e infatti al primo passaggio che faccio, passo la palla ad una ragazza della squadra avversaria, dove partono grosse risate.
La polvere che si alza nel campo è micidiale mi entra subito nelle narici e in bocca, ma non mi importa, e continuo a giocare, ridendo e stando attenta che qualche ciabatta non mi prenda.
Perché il rischio maggiore è quello diciamo.
Ma mi diverto così tanto che poi si aggrega anche Luca che con un bambino in spalla comincia a rincorrere la palla.
Verso le 17:40 comincia a calare il sole e tutti rientrano per mangiare, ma prima foto di rito con tutta la squadra e nel giro di pochi secondi ci troviamo circondati.
Io e Luca, ormai stanchissimi, non abbiamo neanche le forze di tornare nelle camere, così ci prendiamo una bella bottiglia d'acqua dal frigo e ci sediamo nelle sdraio fuori dalla sala da pranzo.
Ceniamo come al solito alle 19 e poi ci sediamo tutti fuori alla luce di una sola lampadina a chiacchierare.
Luca e Giosuè si sfidano a chi riesce a percorrere tutta la mura del portico senza toccare mai con le mani, e vanno avanti così almeno fino alle 22:30, ridendo e scherzando.
Mi fermo a pensare tradi me, a quanto mi mancheranno tutti loro quando fra circa tre giorni se neandranno.
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NASAARA
Short StoryNasaara! Nasaara! Si innalza così il grido dei bambini mentre ci corrono incontro, lungo la strada, che percorriamo per arrivare alla scuola elementare di Moussourfouk. Nazareno! Il bianco! Ma torniamo un attimo indietro, qualche settimana prima di...