CAPITOLO 15

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Alla mattina appena sveglia, mi rendo conto che da lì a poco avrei lasciato quella camera.

Avrei lasciato quella Fondazione e tutti i ragazzini con cui ho legato.

Mi alzo di malavoglia, mi vesto e mi dirigo a fare colazione.

Guardo Marta, ha lo stesso mio sguardo.

Uno sguardo perso tra mille ricordi e nostalgia.

Dobbiamo ancora prendere quell'aereo e siamo già così.

Figurati dopo.

"Partenza dalla Fondazione ore 8:30" dice Francesca, che ci accompagna all'aeroporto.

Finisco di preparare le ultime cose e porto le valigie sotto il portico della sala da pranzo; quel portico che per queste venti sere ha sentito storie, risate e videochiamate a casa e che ha assistito alle battaglie con Andrea a battaglia navale, e alle sfide serali con Giosuè e Luca.

Mi siedo sulla panca e subito mi si avvicina Paul, che vedendo la valigia si rattrista pure lui, soprattutto quado vede anche Marta con le valigie.

Si siede con noi, Marta gli regala dei limoni, io gli do un grosso abbraccio e saluto tutti gli altri.

La Jeep arriva, carichiamo le valigie mie e di Marta poi quelle di Don Lorenzo, un parroco che ci aveva raggiunto il giorno prima dal paese di Garua, che rientrava per un paio di mesi in Italia anche lui dalla sua famiglia e quella di Veronic che ci aveva raggiunto qualche giorno fa qui in Fondazione.

Lascio alle spalle tutto quello che è stato casa per questi 24 giorni, e con un filo di tristezza il cancello si chiude alle nostre spalle.

La strada la percorriamo abbastanza in silenzio, e in circa venti minuti arriviamo all'aeroporto di Maroua.

Francesca ci fa scendere, mentre lei cerca parcheggio.

Passiamo i primi controlli di sicurezza subito all'entrata, e poi di nuovo due persone ci aprono le valigie prima di arrivare allo sportello.

Con la preoccupazione dalla sera prima di non riuscire a prendere il volo, tempestiamo di domande la ragazza allo sportello.

Ribadiamo più volte il fatto che abbiamo un volo internazionale e che sia noi che le nostre valigie che carichiamo in stiva, devono assolutamente arrivare in capitale.

Ci assicura che il problema delle valigie l'hanno avuto dai voli internazionali a quelli locali e non il contrario e che per risolvere il disguido dell'aereo ne hanno fatto arrivare un secondo in modo da far arrivare tutti in capitale.

Speriamo sia effettivamente così questa volta.

Check-in fatto, ci sediamo tutti quanti su un tavolino a berci qualche bibita e mangiare qualcosa.

Ma io ho lo stomaco chiuso e mi limito solo a bere.

Chiamano finalmente il nostro volo dopo circa un'ora che siamo lì.

La preoccupazione di non riuscire a partire scompare, ma subentra quella di dover salire sull'aereo che ero riuscita ad evitare all'andata...quello con le eliche e molto più piccolo.

Sono consapevole di dover salutare Francesca, ma non voglio che questo momento arrivi, ma non posso prolungare ancora, devo andare.

La stringo forte a me, e qualche lacrima tra me e lei scende.

Trovare delle persone come lei, è veramente raro e mi sento fortunata ad aver passato questi 24 giorni con lei.

La guardo da distante che ci saluta, mentre entro nella sala d'aspetto.

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