Ho conosciuto l'autunno durante l'inverno

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RICORDI DI RILEY


14 gennaio 1988


Era in ritardo, tanto per cambiare. Il brontolio roco dello scuolabus l'avvertì che il suo passaggio stava per mollarla lì. Da un secondo all'altro le porte si sarebbero chiuse e tanti saluti. Chi è dentro è dentro, chi è fuori ci resti.

Attardarsi a ripulire i becker dopo la lezione di chimica le sarebbe costata un'altra scarpinata fino a casa. Nulla in contrario, amava camminare e ancora di più correre, ma preferiva di gran lunga passeggiare con temperature superiori ai dieci gradi e senza dover saltellare per evitare pozzanghere di neve sciolta e fango ai bordi della strada. No, farsi beccare dal professor Yates durante la verifica non era stata l'idea migliore del giorno.

Riley sbuffò. Aveva una gran voglia di lanciare i becker contro la parete e guardarli andare in mille pezzi. Aveva l'impressione che l'avrebbe fatta sentire molto meglio, ma sapeva di avere già dato per una sola giornata. Come se non bastasse, avrebbe dovuto sorbirsi la partaccia di sua madre una volta tornata a casa, infreddolita e con gli stivali sporchi di fango. Avrebbe potuto mentirle, certo, ma di sicuro quella stronza lingualunga di Marcy Parker, una nanerottola tutta brufoli e con un taglio di capelli che doveva aver scopiazzato da uno dei loro libri di storia (magari dal capitolo sugli aztechi) le avrebbe raccontato tutto prima ancora che lei potesse mettere piede in salotto. No, avere come vicina di casa quella spiona che della propria infanzia sembrava aver mantenuto soltanto la cattiveria tipica dei bambini le rendeva impossibile nascondere qualsiasi cosa accadesse a scuola.

Già immaginava come sarebbero andate le cose. Sua madre avrebbe visto dalla propria finestra Marcy attraversare il giardino e avrebbe telefonato alla signora Parker chiedendole la cortesia di passarle la figlia per domandarle se si fosse attardata al Crispy's, oppure - Dio non volesse - con qualche ragazzo. No, signora Gilbert, non si preoccupi. La sua studentessa modello è ancora a scuola, sta ripulendo il laboratorio di chimica perché il professore l'ha sorpresa a copiare.

Come se fosse vero, pensò Riley, immaginando che il becker che stava stringendo tra le mani fosse il collo del professor Yates. Non aveva mai copiato in vita sua. Studiava abbastanza per non dover ricorrere a nessun trucchetto, sebbene non eccellesse, e dubitava persino di esserne capace. Ma farsi accusare di copiare quando in realtà stava suggerendo... Be', era la prova che le serviva per affermare con assoluta certezza che il professore di chimica non era il suo fan più accanito. E solo perché una volta l'aveva beccata a parlare con un paio di amiche seduta sul cofano della sua preziosa auto.

Ah, Riley, cattiva ragazza, avrebbero dovuto portarti davanti al Gran Giurì e chiedere l'ergastolo per un crimine tanto orribile.

Lo strombazzare di un clacson riempì l'aula, segno che lo scuolabus stava levando l'ancora. Riley lo vide fare manovra nel cortile, attento a non slittare nei punti dove l'asfalto era ghiacciato, e allontanarsi lungo la strada. Adesso il parcheggio era deserto, a eccezione di due o tre auto. Dovevano essere quella del preside Hooper e di Slim, il custode (il suo vero nome era Vincent, ma i suoi centotrenta chili gli avevano fatto guadagnare quel delizioso soprannome da ben prima che lei mettesse piede alla Sawyer High School), senza dimenticare la professoressa Grant. In molti sospettavano che avesse una storiella clandestina con il preside e si diceva persino che suo marito ne fosse a conoscenza e che gli stesse bene. Sempre gli ultimi ad andarsene, guarda caso. Che stacanovisti.

«Ma sì», disse, «Facciamo dare lo straccio alla signorina Gilbert. Anzi, se avanza tempo potremmo farle passare la lucidatrice in palestra». Ridacchiò al pensiero di far risplendere la palestra in vista della prima sconfitta dell'anno dei White Deers della Sawyer, vestita con una delle maglie extra extra extra large di Slim.

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