8. [H] Trenta secondi di argento e lamponi

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"𝐀 𝐥𝐨𝐭 𝐜𝐚𝐧 𝐜𝐡𝐚𝐧𝐠𝐞𝐢𝐧 t̶w̶e̶n̶t̶y̶  𝐭𝐡𝐢𝐫𝐭𝐲 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐬,𝐚 𝐥𝐨𝐭 𝐜𝐚𝐧 𝐡𝐚𝐩𝐩𝐞𝐧𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐝𝐚𝐫𝐤"📀 Billie Bossa Nova - Billie Eilish

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"𝐀 𝐥𝐨𝐭 𝐜𝐚𝐧 𝐜𝐡𝐚𝐧𝐠𝐞
𝐢𝐧 t̶w̶e̶n̶t̶y̶ 𝐭𝐡𝐢𝐫𝐭𝐲 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐬,
𝐚 𝐥𝐨𝐭 𝐜𝐚𝐧 𝐡𝐚𝐩𝐩𝐞𝐧
𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐝𝐚𝐫𝐤"
📀 Billie Bossa Nova - Billie Eilish



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HOAX

Esistono due tipologie di persone, quelle che quando si nominano "le carte" pensano a quelle da gioco e quelle che pensano ai tarocchi.

La prima volta che ho visto i cliché pensavo fossero carte dei tarocchi e non avevo tutti i torti. Quando scoprii che erano grafiche parte di un mazzo disegnato da nostra madre rubai quattro mazzi diversi da uno dei tavoli da gioco.

Al tempo non vivevamo al quinto piano e Jack ci portava al casinò mentre doveva lavorare e ci lasciava girare da soli attraverso i piani.

Quando ha scoperto che ero stato io a rubarli mi ha slogato un polso e non ci ha più portati all'Icarus per mesi. Non ricordo molto se non il dolore improvviso e pungente quando mi ha preso la mano e me l'ha fatta scattare indietro con un colpo secco. Ricordo quanto ho urlato, però.

Mi ha ritirato i mazzi, ovviamente, e dal quel giorno ho potuto vederli solo durante le partite a carte, nelle mani degli avversari.

Era raro che giocassi contro i miei fratelli, non succedeva quasi mai. 

All'inizio Jack ci ha assegnato dei tutor, delle persone pagate uno sproposito che avevano l'obiettivo di insegnarci a giocare e di tenerci occupati mentre lui faceva quello che doveva fare.

Mentre lui viveva la sua vita.

Li sceglieva con cura, in modo da renderci più affini alle doti che lui stesso ci ha assegnato da sempre, ai nostri ruoli. 

I miei tutor erano infatti, spesso, giocatori dalla fama più assurda: cacciati da diverse sale gioco e casinò dopo essere stati scoperti ad aver vinto assurde somme di denaro con metodi e tecniche fuori da qualsiasi regola, eppure efficaci abbastanza da non essere beccati subito.

Mano a mano che cominciavamo a battere i tutor questi venivano sostituiti da altri sempre più forti ed esperti.

È stata la mia prima tutor ad accorgersi che c'era qualcosa che non andava in me.

«Inganno», aveva girato le sue cinque carte a faccia in giù, poggiandole sul tavolo. «Questa è l'ultima mano, hai visto tutte le carte in gioco tranne quelle che ho adesso, qui. Quali sono?»

Esitai. «Non posso dirlo.»

«Certo che puoi, Inganno. Non è un problema, io già le so, non mi aiuteresti in nessun modo.»

«Non posso perché non lo so.»

La donna aveva appoggiato le dita affusolate sulle carte che tenevo tra le mani davanti al mio viso, come se quel muro invalicabile mi potesse proteggere.

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