𝟑. 𝐓𝐡𝐞 𝐃𝐨𝐫𝐧𝐢𝐬𝐡 𝐖𝐢𝐟𝐞

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𝐀𝐄𝐌𝐎𝐍𝐃

Ero rimasto scottato dalla bellezza indomita di quella donna

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Ero rimasto scottato dalla bellezza indomita di quella donna. Mai mi ero soffermato più di qualche secondo su un essere femminile, mai mi ero sentito così interessato nel farlo, ma quando Nymeria Martell aveva messo piede nella Sala del Trono, avevo capito che non sarei riuscito a smettere di pensare a lei. E ora girovagava tra le persone con un calice di vino tra le mani avvolta in un abito dai toni delicati dell'ambrosia, coi suoi capelli scuri e folti e un sorriso di circostanza che aveva ammaliato tutti.

Sentivo l'impellente e nuovo desiderio di avvicinarmi a lei, di ammirarla da vicino, di leggere nella sua mente e carpirne qualsiasi pensiero. Mi alzai dalla tavolata con discrezione, portando con me il calice ancora intoccato, e mi feci strada nella sala come un cacciatore con la sua preda. Lentamente, con passi calcolati, senza staccarle lo sguardo di dosso. Non fu difficile scansare gli invitati: furono loro a togliersi dai piedi, troppo intimoriti dal mio sguardo glaciale e dalla cicatrice che mi sfregiava la guancia. "Lancia del Sole deve essere incantevole!" aveva esclamato un giullare di corte, con una viella a tre corde sotto braccio, cercando di trattenere la Principessa in una conversazione che chiaramente la fanciulla non desiderava. "E' così infatti," replicò con un sorriso gelido. Ma il giullare non si fece intimidire. "Allora lasciate che vi dedichi una canzone tipica! Conoscete La moglie del Dorniano?"

Nymeria intrecciò le braccia sotto al seno, e preparandosi svogliata a dargli una risposta, si scontrò involontariamente col mio occhio affamato di lei. Una luce particolare gli illuminava quelle iridi scure, la stessa curiosità di una persona che non ha paura di nasconderlo. Quando l'avevo vista quella mattina credevo che quegli occhi mi avrebbero giudicato, e invece mi erano sembrati così comprensivi e sinceri che l'unica cosa in grado di fare era stata irrigidirmi. Nemmeno Madame Silvye mi aveva fatto sentire in quel modo, e lei mi conosceva da quando ero un bambino.

La Principessa si schiarì la gola e tornò a guardare il giullare, che attendeva una risposta. "Si, la conosco" dichiarò, lasciando strada libera all'uomo con la viella, che cominciò a cantare. "La moglie del dorniano era bionda come l'oro e più caldo della primavera era il suo bacio. Ma la lama del dorniano era acciaio nero, e terribile era il suo bacio," Avanzai con cautela fino ad affiancarla, mentre il formicolio dell'eccitazione mi pervadeva tutto il corpo. Mi guardò di sottecchi nascondendo un sorriso sotto ai baffi. Avrei pagato oro soltanto per sapere quali fossero i suoi pensieri. "La moglie del dorniano cantava facendo il bagno, dolce come una pesca era la sua voce. Ma la lama del dorniano cantava la sua canzone, freddo come una sanguisuga era il suo morso." a quel punto una piccola folla aveva accerchiato noi e il giullare, composta da giovani Lady appena sbocciate e qualche madre sfiorita. A Nymeria non sembravano importare tutte quelle attenzioni, appariva completamente a proprio agio, scolpita in una maschera di fierezza.

"Mentre al suolo giaceva, con le tenebre attorno, e il sapore del sangue sulla lingua, i suoi fratelli furono accanto a lui, e per lui pregarono, così lui rise e sorrise e per loro cantò: « Fratelli, o fratelli, i miei giorni sono alla fine, la mia vita ha preso la lama del dorniano. Ma questo nulla importa, ché tutti gli uomini devono morire, e gustato io ho la moglie del dorniano! »"

La piccola folla attese col fiato sospeso una singola reazione dalla Principessa venuta da Dorne, la quale aveva increspato le labbra in una smorfia di compiacimento. Sbatté le mani una sola volta, come i signori di Mereen alle fosse di combattimento, e tutte le Lady la seguirono fino a creare una sinfonia di schiocchi fragorosi che si sollevarono a caduta libera. "Spero abbiate gradito, Principessa" il giullare si inchinò ai piedi di Nymeria, mettendo da parte il suo strumento. Poi ella si voltò nella mia direzione, e d'improvviso il mondo cessò di girare. Il tempo decise di scorrere a rallentatore sotto le mie ciglia, l'aria smise di circolare, e il mio instabile e tormentato cuore rullò e pompò sangue fino a stordirmi. "Voi dovreste essere il Principe Aemond," affermò senza alcun dubbio, con voce delicata. Aveva ascoltato mia madre con attenzione, mi aveva guardato, e si era ricordata del mio nome.

"Sono io" mi schiarii la gola, lanciando occhiate di fuoco ai curiosi che non avevano intenzione di allontanarsi. In men che non si dica, giullare e compagnia decisero che era arrivato il momento di girare i tacchi per andare ad origliare qualche altra conversazione. Così io e Nymeria rimanemmo ad osservarci in silenzio, benché il brusio generale fosse la colonna sonora di quella serata. "Vi piace la capitale?" fu la prima cosa che saltò alla mia mente. Come uno stupido, in sua presenza tutta la mia pragmaticità e raziocino svanivano come una nube di fumo. La Principessa scosse le spalle con assoluta indifferenza, e prima di rispondere prese un sorso di vino. "Le terre rosse di Dorne sono molto più tranquille. Qui c'è caos, il popolo sembra essere sul lastrico della fame e l'unica cosa che importa alla corona è sfoggiare i propri draghi e dare banchetti"

Di colpo tutta l'emozione che aveva pervaso il mio corpo sparì. Nessuno aveva mai apertamente rivelato i propri pensieri su Casa Targaryen e su come veniva gestita, e ciò mi infastidì. Sembrava tutto troppo bello. Nymeria aveva le idee chiare, e un forte risentimento le governava. "La corona ha già provveduto alle esigenze del popolo" affermai aspramente, tornando rigido e attento. Ma lei roteò gli occhi al cielo come a beffarsi delle mie parole. "Ma certo, davano proprio l'impressione di aver ricevuto ciò di cui avevano bisogno. Adesso capisco perché Dorne non si è piegata: era per tenersi alla larga da presuntuosi come voi. Con permesso, Principe Aemond!"

E si dileguò con un fastidio contenuto, a differenza della mia evidente irritazione. Ero un uomo fedele alle proprie credenze, che aveva sempre perpetrato il sapere con calcoli ponderati. Non avevo bisogno di sentirmi dire da una donna che proveniva dall'altra parte del regno come si amministravano i doveri. Con quella delusione, decisi di abbandonare la festa, e dirigermi dall'unica persona che mi avrebbe ascoltato.

↪𝐒𝐩𝐚𝐳𝐢𝐨 𝐀𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞

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𝐔𝐍𝐁𝐎𝐖𝐄𝐃, 𝐔𝐍𝐁𝐄𝐍𝐓, 𝐔𝐍𝐁𝐑𝐎𝐊𝐄𝐍 [𝐀𝐞𝐦𝐨𝐧𝐝 𝐓𝐚𝐫𝐠𝐚𝐫𝐲𝐞𝐧]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora