Ci sono buon giorni estremi nella vita.
Oggi è uno di quelli.
Perché quando apro gli occhi, la prima cosa che sento e che è stata la vera causa del mio risveglio è il tremendo torcicollo di cui sono vittima. Ho proprio la sensazione che qualcuno abbia tolto il pezzo di pelle della nuca per infilarci dentro una grande pietra incandescente per poi ricucirvi sopra il lembo di carne così da nasconderla.
Ai primi battiti di ciglia, fatico a ricollegare tutto quello che è successo e dove mi trovo, realizzo però di essere sdraiata e su un morbido materasso. Dopo qualche altro battito, il ricordo di quanto avvenuto ieri notte mi travolge con il dolore di un pugno al naso e subito scatto a sedere per guardarmi attorno.
Sono in camera di Ulysses.
Sono sul letto di Ulysses.
È mattina, dalla finestra il sole è sorto da un bel po', illumina la stanza sterile con la sua luce accesa andando ad aumentare il chiarore delle pareti bianche. Addosso, sulle gambe, si è attorcigliata la copertina rossa di Burt. La sedia che avevo apposto al fianco del letto per stare con Ulysses è tornata alla scrivania e certo non per merito mio.
Ulysses non c'è.
Il panico scivola nelle vene insieme al sangue e impera sul resto del corpo, costringendolo a muoversi prima che sia troppo tardi. Con un balzo scendo dal letto, ignorando volutamente le fitte atroci del mio torcicollo e tutti i dolori che stanno iniziando a canticchiarmi nei muscoli per strizzarli e vendicarsi della pessima postura con cui ho dormito. Corro verso la porta della stanza e la spalanco con un colpo fin troppo forte, in mente già mille immagini su come Ulyscemo possa esser scappato via per impedirmi di affrontare con lui la situazione, e per poco non rischio di cadere quando l'uscio del bagno, alla parete opposta, si spalanca a propria volta, rivelando la figura di Ulysses Redmond in persona.
Si è lavato.
Non ci posso credere.
Si è lavato.
Ha ancora i capelli un po' umidi per via della doccia, una nuvola di vapore lo segue dalla porta aperta del bagno, aleggiando sulla sua figura come una coperta impalpabile che vuole difenderlo da tutti. Una semplice t-shirt nera dalle maniche corte e un paio di pantaloni da ginnastica grigi, si sta passando l'asciugamano bianco sulle ciocche e ha la sua solita espressione di sempre, come se nulla fosse successo.
Non ci posso credere.
Non so se preoccuparmi o spaventarmi per il fatto che si è ripreso così in fretta da voler subito lavarsi, considerando che il suo perfezionismo dubito sia nato per una sua caratteristica innata, ma c'è da dire che, per quanto in errore sia farlo, una parte di me è davvero sollevata nel vederlo in queste condizioni rispetto a quelle di prima.
Lui si passa un'ultima volta l'asciugamano sui capelli, per poi risollevare lo sguardo così da incrociare il mio. Strano ma vero, ho quasi l'impressione di essere la più spaventata, tra noi due, all'idea di come si comporterà dopo tutto quello che è successo. Durante la notte, il dubbio più grande che mi impediva di appisolarmi era proprio l'incertezza su quale reazione avrebbe avuto una volta che si sarebbe risvegliato: se scappando di nuovo da me o per la prima volta facendo un passo in avanti nei miei confronti.
Si acciglia, si acciglia tantissimo, mentre mi fissa. Come diavolo è possibile che una persona così espressiva sia altrettanto difficile da capire? Non riesco davvero a intuire cosa sta pensando, mentre mi squadra da capo a piedi con il suo viso torvo. Potrei credere che è incazzato, la faccia è quella, in fondo, ma non percepisco ira da parte sua, né mi è chiaro se sta cercando di camuffare di nuovo il suo disagio ricorrendo alla maschera della collera.
STAI LEGGENDO
Autopsia di un'anima
ChickLitAshley Ellis, ventisei anni, è tutto ciò che una donna non dovrebbe essere per la società e l'antitesi della classica protagonista minuta, timida e indifesa di ogni romanzo rosa. Un metro e ottantasette, muscolosa, viso e fisico estremamente androgi...