Capitolo 3 - In mostra

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Il freddo pavimento sotto di lei fu la prima cosa che Yue percepì. La testa le pulsava dolorosamente e il corpo sembrava stranamente accaldato, appesantito. Riconobbe subito la sensazione: i battiti accelerati, i sensi alterati... era il suo heat. Ma non poteva essere.

Si alzò a fatica, ancora confusa, cercando di ricordare cosa fosse successo. Le avevano forzato quella pillola giù per la gola e poi...

Si portò una mano allo stomaco, inorridita. Le avevano indotto l'heat. Per un omega si trattava di una violenza indicibile, qualcosa di così disumano e controllante che perfino ai tempi dell'obbligo di registro era considerato un reato.

Cercò di pensare lucidamente.

Si trovava in una stanza singola, le pareti fredde e spoglie. La luce filtrava da una grande vetrata che copriva un'intera parete, attraverso la quale riusciva a scorgere movimenti indistinti dall'altro lato. Forse c'erano altre persone nelle stanze accanto, ma non poteva esserne sicura.

Mentre tentava di raccogliere i pensieri, sentì delle voci fuori dalla stanza. Erano uomini, forse i suoi rapitori, ma le parole erano indistinte, coperte dal suono di passi pesanti che si avvicinavano.

Poi iniziò... Uomini sconosciuti cominciarono a passeggiare di fronte alla sua camera, fermandosi alla finestra. La osservavano, studiandola dalla testa ai piedi come se fosse un oggetto in vetrina, per poi allontanarsi. Alcuni indifferenti, altri invece indugiavano, e i loro sguardi perversi le trafissero l'anima.

Cosa le sarebbe successo? Che ne sarebbe stato di lei?

L'heat le offuscava la mente e la paura le paralizzava il corpo. Mossa dal puro istinto di sopravvivenza, si sfilò la giacca e se la avvolse attorno alla testa. Camminò fino all'angolo della stanza e vi si rannicchiò, chiudendo gli occhi e pregando che qualcuno, chiunque, potesse aiutarla. Non lo aveva chiesto ai suoi genitori, ai suoi insegnanti, ai suoi colleghi di lavoro. Aveva provato, davvero, con tutte le sue forze. Ma alla fine...

"Hey!!" gridò qualcuno, sbattendo i pugni contro la vetrata. "Alzati, sgualdrina! Voglio vederti! Ho detto alzati!!"

Yue si coprì le orecchie, raggomitolandosi ancora di più su sé stessa. Il calore del suo corpo aumentava, la paura le serrava la gola. Voleva solo sparire, tornare a casa.

"Hai sentito cosa ha detto il cliente?!" Il suono delle nocche contro il vetro vibrava fino alle sue ossa. "Alzati, o altrimenti-!"

Silenzio. Poi, passi veloci nel corridoio e sussurri concitati.

"Cosa hai detto?" La voce del capo si era fatta stridula, simile al lamento di un topo intrappolato. Yue sbirciò fuori dal rifugio della giacca. Un ometto basso e tozzo stava parlando all'orecchio del capo, sudato e agitando le mani in preda al panico.

"SUV neri, signore. All'ingresso. Non ne sono sicuro, ma-"

"Ho capito, cazzo!" Il capo lo spinse via furiosamente, il volto distorto dalla rabbia. "Merda, merda, merda!!" Si passò nervosamente una mano sulla fronte, guardandosi attorno con occhi febbrili. Alcuni dei clienti avevano già intuito che qualcosa non andava e lo fissavano con sospetto.

Afferrò l'ometto per il colletto della camicia, sibilando tra i denti: "Fai uscire tutti dal retro! Subito, inutile coglione!"

E fu il caos. Una fuga frenetica prese piede mentre tutti cercavano disperatamente di dileguarsi. Yue sentì un lampo di speranza attraversarle la mente offuscata: forse era la polizia, forse qualcuno era davvero venuto per salvarli.

I corridoi si svuotarono in fretta, proprio come quando erano arrivati. Il capo camminava avanti e indietro, urlando ordini senza sosta: nascondete questo, ripulite quello, chiamate chiunque.

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