Prologo

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Lara

Quella notte, il vento era così freddo e forte, che rischiavo di tagliarmi la pelle.

Camminavo a passo lento in un vicolo deserto di Los Angeles, con la macchina fotografica stretta tra le mani e gli occhi vigili.
A quell'ora, nessuno era mai in giro. Apparte i poveri senzatetto che si rifugiavano per dormire, era tutto abbastanza tranquillo. Come se il giorno non fosse mai esistito.
Vigeva un silenzio tombale, musica per le mie orecchie. Ero sempre stata incline a fare cose del genere, nonostante quel brivido di paura che mi percorreva la spina dorsale.
Dovevo scovare le ombre.
Sì, quelle magnifiche ombre che nessuno mai osava guardare per timore che qualcosa di più grande potesse fargli del male.

Avevo passato gli ultimi mesi a caccia di storie nascoste, di scene che parlavano da sole. Notte dopo notte, avevo trovato angoli di città che neanche immaginavo esistessero, pieni di graffiti e messaggi lasciati da sconosciuti.
Ma quella sera era diversa.
C'era qualcosa di diverso nell'aria. Mi fermai di fronte a un vicolo cieco, illuminato appena da una lampada fioca, e lo vidi.

Un murale, grande quanto un'intera parete con un'incisione sopra: Noah. Era un volto maschile, pennellate rosse e nere. Un volto dipinto da Joker il cui sorriso inquietante sembrava gridare in silenzio, e il cui sguardo mi trafisse come una scarica elettrica.
I suoi occhi sembravano guardarmi per davvero , come se l'artista fosse stato lì a osservarmi nel buio della notte. Sembrava volesse...
Parlarmi.
Senza pensarci, alzai la macchina fotografica e scattai una foto. Era perfetta, l'angolo, la luce, il volto. Tutto, insomma.
Ma non appena il clic della fotocamera ruppe il silenzio, sentii una voce alle mie spalle.
«Ti diverti a rubare anime, eh?»

Mi girai di scatto, trattenendo il fiato. Davanti a me c'era un ragazzo, alto e vestito con una camicia disordinata e un paio di pantaloni eleganti. I capelli biondo cenere disordinati gli cadevano sugli occhi, ma non abbastanza da nascondere quello sguardo gelido, affilato come una lama.
Mi stava fissando con un misto di curiosità e sfida, e sulle sue labbra c'era un accenno di sorriso, un sorriso che non riuscivo a decifrare. Forse era divertito, forse infastidito.
O forse entrambe le cose.
«Scusami?» chiesi, cercando di mascherare il tremito nella voce.

Lui avanzò lentamente, senza staccare gli occhi da me.
«Ti ho chiesto se ti diverte rubare quello che non ti appartiene»
La sua voce era profonda, roca, con una sfumatura di sarcasmo. Ma non mi lasciai intimidire.
Alzai un sopracciglio.
«È un murale, non posso rubarlo. E per quanto ne so, l'arte è fatta per essere vista.»
Lui sorrise, piegando la testa.
«Sei più arrogante di quanto pensassi. Mi piaci.»
Io trattenni il respiro, studiando il suo volto. Per importarsene così tanto, doveva essere l'autore di questo dipinto.
«Sei tu l'artista, vero? Noah.»

Lui mi rivolse uno sguardo penetrante, e il suo sorriso si fece più sottile mentre avanzava sempre di più.
«Sì. E a meno che tu non voglia trovarmi nei tuoi incubi, sarebbe meglio se cancellassi quella foto.»
Era a un centimetro dai miei occhi, dalla mia anima. Sentii un brivido lungo la schiena, ma non abbassai lo sguardo nonostante fosse davvero bello.
Anzi, strinsi la macchina fotografica, come a volerlo provocare.
«Non la cancellerò. Non puoi dirmi cosa fare.»
Lui rise, una risata bassa e amara.
«Ah, sì? Sei sicura di sapere con chi stai parlando?»
Inclinai la testa, sfidandolo con lo sguardo.
«E tu sei sicuro di sapere con chi stai parlando?»

Per un attimo, ci fu solo silenzio.
Poi lui strinse i pugni lungo i fianchi , riuscivo a sentire il suo respiro caldo, quasi un sussurro contro la mia pelle.
«Attenta, Lara» come sapeva il mio nome?!
«La gente di questa città pensa di conoscermi. Ma tu non sai chi sono davvero. E fidati, se deciderò di scoprire chi sei, la tua vita non sarà più la stessa.»

Ma io non arretrai, non intendevo farmi sottomettere in questo modo da uno sconosciuto. Con il cuore che batteva forte, alzai il mento, sfidandolo.
«Bene. Allora scoprilo. Perché il mio nome, sulla tua bocca, suona abbastanza bene.»
E fu in quell'istante, sotto quella luce fioca e sporca, che capii che quell'incontro non era un caso.

Noah mi fissò, la bocca piegata in un sorriso che sembrava divorarsi i confini della realtà. Per un attimo, tra noi non ci fu che silenzio, quel tipo di silenzio che sembra nascondere qualcosa di vivo. Sentii un brivido mangiucchiarmi la pelle, eppure ero attratta da quell'intensità quasi sovrumana che lui emanava.
Era come stare di fronte a un fuoco in piena notte, consapevole del pericolo eppure incapace di allontanarsi.
«Sai che cosa significa il mio nome, Lara?» mi chiese all'improvviso, la voce un sussurro.
Io scossi la testa, senza riuscire a staccare gli occhi dai suoi.
«Riposo. Calma.» Fece una pausa, il suo sguardo bloccato nel mio. Ridacchiò a causa del mio sguardo confuso. «Credevi davvero significasse questo?» i suoi occhi caddero sul dipinto. «Significa che sono l'ombra che non puoi mai scacciare del tutto, il buio in cui si nascondono tutti i tuoi segreti. Non puoi fotografarmi senza esserne trascinata dentro.»

Trattenni un sorriso.
«È davvero questo che pensi? Che tu sia il buio?»
«No,» disse lui, scuotendo la testa con un sorriso obliquo. «Io sono il buio che ti affascina, ma che faresti meglio a evitare. Ti fa sentire viva... e poi ti divora.»
Si avvicinò di un altro passo. Senza preavviso, mi soffiò in faccia una specie di polvere nera. D'istinto, chiusi gli occhi e tossii.
Mi voltai a destra e sinistra, avanti e indietro, cercando di riaprire gli occhi senza mai lasciare la fotocamera. Vedevo tutto sfocato, ma per fortuna qualsiasi cosa fosse non bruciava.
Mi stordiva.
«E se fossi io a divorare te?» gli domandai, le parole appena sussurrate, ma piene di sfida.

Noah rise piano, una risata che sembrava provenire da un posto lontano, come se nessuno gli avesse mai detto una cosa simile.
«Mi piace la tua arroganza, Lara. Ma vedrai...» La sua voce scese di tono, divenendo quasi un sussurro. Era dietro di me, lo sentivo sul collo. «Alla fine, nessuno può sfuggire al buio. Nemmeno tu.»

Mi resi conto di aver trattenuto il fiato. C'era qualcosa in lui che sembrava vero, autentico, e in qualche modo spezzato. Come un'opera d'arte lasciata a metà, incompleta, ma ugualmente intensa e insopportabilmente bella. Era come un dipinto che avresti voluto toccare, anche solo per sentire sotto le dita la trama imperfetta della sua storia.
«Allora, facciamo un patto,» dissi, con una freddezza che non mi aspettavo nemmeno da me stessa. «Tu mi lasci scattare una foto di ogni tuo lavoro. E io lascio che tu scopra di me quello che vuoi.»
Lui mi guardò, con una scintilla di sorpresa e di qualcosa di ancora più pericoloso negli occhi. «Attenta, Lara. Non si offrono mai sfide al buio. Potresti non sapere cosa troverai.»
Ma io era già decisa.
Con un piccolo sorriso, allungai la mano verso di lui, come se stesse stringendo un patto antico e irrevocabile. E lui la prese, le sue dita più calde di quanto immaginassi, forti, sicure.
Fu un contatto che bruciò come una scintilla in mezzo al nulla.
«Allora siamo d'accordo.»

Lui non disse nulla, ma nel suo sguardo c'era qualcosa che mi fece capire che niente, dopo quella notte, sarebbe più stato lo stesso.

Qualche minuto dopo...
6:30 am.

Mi svegliai di scatto, il cuore a mille.
Mi misi seduta sul mio letto, togliendomi le coperte di dosso a causa dell'eccessiva ondata di calore che mi percorreva.
Avevo tutti i capelli appiccicati alla fronte, ero sconvolta dall'incubo che avevo appena fatto.
Mi strofinai il viso, cercando di riprendere fiato.
Noah. La foto. Il dipinto. La minaccia. L'accordo.
Era tutto reale, tutto chiaro. Tutto uno sbaglio che avevo commesso qualche giorno prima, presa dall'euforia di una passione che portavo avanti da quando ero bambina. Avevo sanguisuga attaccata sulla spalla senza aver modo di potermene sbarazzare.
Avevo dato la mia anima al buio. E ora mi stava avvolgendo, lasciandomi insonne tutte le notti.

Before MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora