CAPITOLO 3

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---più tardi quello stesso giorno---

Sono tornata in studio, naturalmente di corsa! Ma non mi lamento, sia chiaro. Era più che probabile che andasse a finire così: un'intera ora e mezza passata a fare l'amore, coccolarci e a fare gli stupidi. E' così che ci piace passare la nostra pausa pranzo; biasimateci pure se volete.
Sto finendo un tatuaggio di un ragazzo, Dean, ci abbiamo messo un mese e mezzo per fare la parte finale del tatuaggio; una bellissima dea della Morte circondata da un letto di rose rosse che gli prendeva tutta la schiena, e che Dean, nonostante sia un ragazzo abbastanza taciturno, mi ha raccontato fosse in onore di sua madre che era venuta a mancare pochi giorni prima che mi portasse una sua foto su cui avrei dovuto lavorare per creare il tatuaggio. Ero molto soddisfatta del lavoro che ne era riuscito e Dean sembrava ancora più soddisfatto e non so mai quante volte mi abbia ringraziato in queste ultime settimane facendomi gonfiare di orgoglio. Stavo colorando le ultime tre rose, prima di passare agli ultimi ritocchi, e mi trovai a pensare quanto amassi lavorare in silenzio, non che non apprezzi instaurare un certo rapporto con i miei clienti, anche perchè mi viene spontaneo trattarli più come amici che come veri e propri clienti; ma poter lavorare e perdermi nei miei pensieri, proprio come quando ero una ragazzina e disegnavo sui quaderni di scuola o su qualsiasi foglio mi capitasse sotto mano, o come quando mi mettevo a disegnare e colorare in segreteria mentre mio padre lavorava proprio in questa stanza su questa stessa sedia, proprio come il giorno in cui Marshall capitò qui e ebbe tutto inizio.
Ma il momento in cui capii ralmente che avrei voluto avere per sempre un posto nella vita di Marshall fu qualche sera dopo quel primo incontro....


FLASHBACK-GENNAIO 1996

Claire POV

...Come ogni martedì sera ero allo Shelter. Lavoravo al bar; non era un gran che ad essere sinceri, si trattava di un piccolo angolo ricavato in fondo alla sala sottostante al corpo principale del St Andrew's Hall; all'occorrenza David, il mio capo mi mandava al piano di sopra; lì il bar era molto più grande e caotico e quando finivo un turno ero distrutta; non era il avoro migliore del mondo, non era nelle mie aspettative lavorare come barista a 9 miglia di distanza da casa; quattro volte a settimana dovevo fare 15 minuti di autobus andata e ritorno per poche centinaia di dollari al mese; ma era ciò che dovevo fare se volevo continuare a stare in casa con mio padre dato che avevo abbandonato la scuola; e inoltre se non mi fossi impegnata con un lavoro papà non mi avrebbe permesso di entrare in società con lui allo studio di tattoo. Quindi quella era la mia unica scelta considerando che il St Andrew's era l'unico club che mi aveva assunto tra tutti quelli che avevo provato.

Avevo attaccato già da un paio d'ore e non vedevo già l'ora che finisse il mio turno al bar andarmene. Junior mi aveva messaggiato prima di venire a lavoro dicendomi che sarebbe venuto a prendermi all'una e mezza quando finivo qui e avrei passato la notte da lui, come non succedeva ormai da qualche settimana a causa del suo lavoro che gli portava via gran parte del tempo e soprattutto a causa dei suoi litigi con i suoi. Junior ha due anni più di me, a quei tempi ne aveva 19; ci eravamo conosciuti due anni prima, quando venne a vivere a Detroit perchè suo padre era stato trasferito per lavoro da New York. Appena ci incontrammo ad un after da Nina capii subito che c'era attrazione tra noi, dal modo in cui ci ritrovavamo ripetutamente a incontrare gli sguardi l'uno con l'altra mentre, seduti da una parte all'altra del salotto, lui fumava con un paio di amici che era ruscito a farsi qui a Detroit, e io cazzeggiavo con Nina, che quella sera era l'anima della festa, come sempre quando dava un after a casa sua non essendoci sua madre. Tra una cosa e un altra io, Nina, Junior Micheal e Andrea ci eravamo fatti fuori una bottiglia di Jack Daniels e diverse birre, e tra una chiacchiera e l'altra io e Junior ci scambiammo i numeri di telefono e dopo un paio di settimane, credo, ero tra le sue braccia nel suo letto a donargli la mia verginità. Ripensando a quell'esperienza, oggi, ne sono guasi disgustata; la prima volta più deludente nella storia delle prime volte! Ma avevo solo 15 anni all'epoca e tralasciando il fatto che se potessi tornare indietro avrei aspettato come minimo altri due anni prima di fare certe esperienze, non capivo molto di sesso; era tutta una novità e il desiderio di sentirmi donna andava di pari passo con quello di perdere la verginità; come si dice? Quando siamo piccoli non vediamo l'ora di diventare grandi!
Comunque sia, quel martedì sera sarei stata con Junior e avremmo avuto il tempo per parlare e starcene tranquilli come non facevamo da tempo e avrei colto l'occasione per parlagli dei timori che mi stavano attanagliando lo stomaco. Non passava giorno che Nina mi desse degli avvertimenti e mi diceva continuamente che aveva la sensazione che non potevo fidarmi di Junior; ma non avevo alcune prove che mi stesse tradendo o mi avesse tradito, ma la freddezza e la lontananza che sentivo crearsi tra di noi non mi rassicurava e preferivo essere sincera buttando fuori tutte le mie insicurezze invece di tenermele dentro a farmi scoppiare la testa.
"Ehi bianca mi fai una vodka liscia?" mi girai, non troppo contenta del tono e dei modi con cui l'uomo al bancone si era rivolto a me, ma se c'era una cosa che avevo imparato lavorando li è che era stato anche troppo educato e soprattutto se c'era una cosa che avevo imparato crescendo in quella zona era l'affrontare i commenti razzisti che la gente di colore spesso mi rivolgeva. "Certo" e gli preparai l'ordinazione. Poi dall'altra parte della sala le persone sembrarono accalcarsi, se possibile, sempre di più sotto il palco dove i ragazzi spesso si esibivano con i loro freestyle e ogni venerdì sera combattevano a suon di rime; se c'era una cosa che amavo del locale era quella; dava a tutti quei ragazzi la possibilità di tenersi fuori dalle strade, di divertirsi in modo sano e di rivendicare il diritto di parola ed espressione. Sentii il dj chiamare sul palco Marshall, aka Slim Shady, o come lo aveva introdotto il dj Em&Em; adoravo quando arrivava quel momento; era uno dei pochi che adoravo ascoltare rappare tra tutti quei ragazzi che ci provavano, ma solo in lui riuscivo a vedere un vero talento e avevo la sensazione che avrebbe potuto fare moltissimo con questo suo talento, per quel ragazzo bianco prevedevo un grande futuro; la maggior parte dei ragazzi lo sottovalutavano e io ero colpita dalla sua tenacia nel voler dimostrare la sua bravura e nel voler ottenere rispetto in quel particolare background riservato unicamente ai ragazzi di colore.
Ripensai a pochi giorni prima quando ci eravamo incontrati nello studio di papà mentre ascoltavo il suo freestyle e dondolavo la testa di qua e di la muovendo i fianchi mentre servivo le persone al bancone, ridendo ogni tanto alle frasi che tirava fuori in completa sintonia con la base, lo guardavo esibirsi con la coda dell'occhio, rapita dalle sue braccia e delle sue mani che si muovevano freneticamente tenendo il tempo.

-Trustfulness- (Eminem Fanfic)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora