6.

30 1 12
                                    

Lorenzo apre la porta con la canna in bocca e un'espressione rilassata, quasi svogliata, come se il mondo fuori non fosse minimamente importante.

"Che ci fai qua?" mi chiede, con quel tono misto di sorpresa e disinteresse che solo lui sa avere.

"Posso entrare?" chiedo, evitando il suo sguardo. So già che non dovrei essere lì, ma qualcosa mi ha spinto comunque a venire.

Lui si ferma, sembra in difficoltà. "Eh, ci sarebbe una ragazza..." dice, quasi imbarazzato, ma senza sforzarsi troppo di nasconderlo. È come se stesse lanciando la palla a me per decidere.

Mi si chiude lo stomaco. Sospiro, profondamente. "Niente, lascia perdere," dico, mentre giro i tacchi e faccio per andarmene.

"No, aspetta," dice lui, questa volta con un tono più serio. "Che succede, Lu?" Tira un'altra boccata dalla canna e poi la spegne con un gesto rapido, come se volesse liberarsi del superfluo.

Mi blocco. È difficile per me spiegargli perché sono lì, ma le parole escono comunque, cariche di amarezza: "Gli ho parlato di quello che è successo ieri e mi ha dato della facile."

Lo vedo irrigidirsi, le sue sopracciglia si abbassano appena. "Gran bastardo," dice, diretto.

"Grazie per l'illuminazione," rispondo con sarcasmo, incrociando le braccia. Non ho bisogno di conferme, eppure sono qui a cercarle.

Lui mi guarda, i suoi occhi si soffermano per un attimo sui miei. È come se cercasse di capire quanto sono ferita. Poi dice: "Senti, vuoi entrare o no? Non mi interessa chi ce qua dentro. Se vuoi parlare, parliamo."

"Non voglio vedere nessuna nuda per casa," dico, cercando di sembrare più calma di quanto non mi senta. Il suo sguardo, però, è intenso mentre mi risponde.

"La mando via per te," dice, e la sua voce è seria, come se stesse parlando per davvero. Ma sono quegli occhi marroni, che mi hanno sempre fatto perdere un po' la testa, a tradirlo: c'è una sincerità che non posso ignorare.

Sospiro, rassegnata. "Senti, non la mandare via, entro lo stesso," dico, cercando di non sembrare troppo nervosa.

Quando entro in casa, l'odore di erba è così forte che mi fa venire un po' di nausea. Sul divano, dove ero stata io mille volte prima, c'è una ragazza bionda, anche carina, che sta seduta in intimo a gambe incrociate, completamente a suo agio. La musica di Papa risuona in sottofondo.

La ragazza sembra sorpreso di vedermi, e credo che sappia chi sono. "Non dovevamo continuare, scusa?" mi dice, con tono perplesso, mentre mi guarda.

Lorenzo non perde tempo. "Devo parlarle," dice, con la sua solita noncuranza.

Lei, visibilmente irritata, fa un passo indietro, ma non può nascondere la sua frustrazione. "Sì, ho capito, ma Lorenzo..." dice, cercando di trattenere il suo fastidio.

Lorenzo fa una smorfia, girando gli occhi, chiaramente infastidito da come lei lo chiami per nome. "Cosa, non rompere le palle, dopo arrivo," dice, sbuffando e dirigendosi verso la cucina, mentre io lo seguo, più curiosa.

"Beh, vedo che c'è affinità," dico, riferendomi alla scena che ho appena visto prima, mentre mi siedo su una delle sedie del tavolo. Lui sorride, ma c'è un'ombra nei suoi occhi che non riesco a ignorare.

"Mah, è una puttana," dice, prendendo una tazza dal mobile e versandoci del latte, mentre la sua presenza accanto a me mi fa sentire stranamente a disagio. L'atmosfera tra noi è tesa, ma non voglio farlo notare.

Io giro gli occhi, cercando di non pensare a tutto quello che sta succedendo. "Quindi quel bastardo che ha detto di preciso?" mi chiede, con il tono di voce secco. Lui, come se niente fosse, rovescia il latte nella tazza, continuando a farmi sentire il suo sguardo.

"Che sono una facile e che potevo spostarmi se non volevo," rispondo, con un sospiro che esprime tutta la frustrazione che ho dentro.

Lui alza un sopracciglio, come se mi stesse cercando di capire meglio. "Mh, perché non lo hai fatto?" mi chiede, guardandomi fisso. Non riesco a leggere il suo sguardo, ma c'è qualcosa in lui che mi rende difficile rispondere senza sentirmi vulnerabile.

"Perché avevo paura," rispondo senza pensarci troppo, le parole che mi scivolano fuori quasi senza controllo.

"Perché?" insiste lui, l'aria che diventa più pesante. Il suo interesse è sincero, ma non posso fare a meno di chiedermi se vuole davvero capire o se sta cercando una giustificazione.

"Perché boh, mi sento desiderata solo in quel modo," dico, finalmente guardandolo, ammettendo qualcosa che mi fa stare male, ma che è la pura verità.

"È colpa mia, vero?" mi chiede, il tono cambiato, come se ora stesse cercando di prendersi la responsabilità di qualcosa che forse non avrebbe dovuto. Ma lo so che non è tutto colpa sua, anche se parte di me vorrebbe poterlo attribuire a lui.

"No, ma va," dico, cercando di spezzare la tensione che si è creata tra di noi, ma le sue parole restano nell'aria, pesanti come un macigno.

"Dai Luna, se è così dimmelo. Guarda che lo so che ti sei sentita male alcune volte con me," dice, e i suoi occhi mi scrutano, seri e vulnerabili, come se stesse cercando di comprendere ogni mia reazione. Il latte che aveva versato nella tazza è lì, dimenticato, ma è come se non ci fosse più. La sua attenzione è tutta su di me.

"E quando?" chiedo, perplessa, cercando di ricordare quei momenti che mi stanno sfuggendo.

"Un po' di volte, tipo quando dopo che lo facevamo in studio,arrivava Fritu e non ti ribaciavo nemmeno. Ci ho pensato, Luna, e capisco che non ti facevo sentire apprezzata. Lo so che ti sei sentita messa da parte," dice, abbassando lo sguardo come se volesse evitare di vedermi mentre mi racconta tutto.

Mi sento un nodo allo stomaco, ma cerco di restare calma, cercando di non farmi travolgere dai ricordi. "Si, ma alcune volte eri dolce," dico, le parole che mi sfuggono a fatica, cercando di dare un senso a quel che è stato. "Non è del tutto colpa tua," aggiungo, ma dentro di me sento ancora il peso di quelle parole non dette.

"Si vabbè, sono stato un coglione anch'io. Ti ho detto tante cose cattive anche quando litigavamo," dice lui, con un tono che, per la prima volta, sembra davvero sincero. Non so se è l'atmosfera, il modo in cui ha abbassato lo sguardo mentre lo dice, ma c'è qualcosa che mi fa pensare che forse sta cercando di ammenda.

"Si, lo so," rispondo, guardandolo per un attimo. Non riesco a dimenticare quelle parole che mi ha sparato in faccia nei momenti peggiori. Sono ancora lì, ferite aperte che non sono mai guarite del tutto.

Lui sospira, come se stesse cercando di allentare la tensione, e finalmente prende un sorso del latte. Il silenzio ci avvolge per un momento, ma la domanda che mi brucia sulla lingua non mi lascia in pace.

"Mi conosce quella bionda?" chiedo, con una curiosità che non posso ignorare, ma anche un certo fastidio che inizia a crescere.

"Si, penso di sì," risponde lui, abbassando gli occhi mentre parla, come se fosse imbarazzato o forse solo stanco di dover rispondere a domande che non avrebbe voluto fare.

"Perché?" chiedo, anche se già so la risposta, ma ho bisogno di sentirla uscire dalla sua bocca. Ho bisogno di conferme, anche se mi fanno male.

"L'ho chiamata con il tuo nome un paio di volte," dice, cercando di giustificarsi in qualche modo.

"Ah," rispondo, cercando di mantenere il tono neutro.

Insieme Da Una Vita-PAPA VDove le storie prendono vita. Scoprilo ora