12.

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Esco dall'appartamento con passo deciso, lasciandomi alle spalle la porta che si chiude con un leggero scatto. Non lo voglio dentro casa, non voglio mescolare le cose, non adesso. Lo fisso mentre resta sulla soglia.

"Non ci entri," dico in modo netto, senza possibilità di replica.

Lui alza appena le spalle, come a dire che non gli importa. "Boh, va bene," risponde, con quel tono che usa sempre per mascherare che forse un po' gli dispiace.

Sospiro profondamente e comincio a scendere le scale, il legno sotto i piedi scricchiola leggermente. Non mi volto per vedere se mi segue, ma il rumore delle sue scarpe mi fa capire che è dietro di me. Arriviamo al pianerottolo del piano di sotto, uno spazio angusto e poco illuminato, e mi siedo sui gradini, appoggiandomi al corrimano di ferro freddo. Lui si siede accanto, con un movimento lento, quasi svogliato.

"Puzzi di fumo, comunque," dico, rompendo il silenzio mentre mi sistemo i capelli dietro le orecchie. Non voglio che questa diventi una conversazione troppo pesante subito.

"Eh, ho fumato," risponde lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Non c'è traccia di imbarazzo nella sua voce, solo una sincerità spiazzante. Il modo in cui lo dice mi strappa un sorriso involontario, anche se cerco di nasconderlo.

"Dai, dimmi," lo incalzo, girandomi verso di lui e appoggiando un gomito sul ginocchio. Voglio sapere perché è qui, che cosa ha in testa. Non ho voglia di girarci intorno.

"Eh, minchia, boh... durerà una vita sta conversazione," dice lui, passandosi una mano sul viso, quasi spazientito.

"Prima conversazione normale? Senza litigare?" gli chiedo, inclinando leggermente la testa e cercando di mantenere un tono leggero. So che le nostre discussioni sono quasi sempre un campo di battaglia, e un po' di tregua non mi dispiacerebbe.

"Ah, non lo so," dice, abbassando lo sguardo per un attimo, prima di tornare a fissarmi. Ha quel modo di guardarmi che mi mette sempre un po' a disagio, come se cercasse di leggermi dentro. Mi fa venire voglia di abbassare gli occhi, ma non lo faccio.

"Boh, voglio migliorare, capito," dice Lorenzo, appoggiandosi al muro. Lo dice con un tono che sembra oscillare tra il serio e il confuso, come se stesse cercando di convincere se stesso più che me.

"Mh," rispondo, guardandolo di sbieco. Non riesco a capire se sta scherzando o se finalmente ha deciso di affrontare un discorso serio. Incrocio le braccia e aspetto che vada avanti.

"Sì, sì," aggiunge subito, come se sentisse il bisogno di confermare le sue parole. Si passa una mano dietro la testa, fissando un punto lontano. "Cioè, allora... io te lo dico. Lo sai che faccio fatica a dire ste cose, no?"

Annuisco piano, cercando di non interromperlo.
Ma mi viene anche da sorridere al pensiero di quello che potrebbe uscire dalla sua bocca. Mi immagino già una frase imbottita di "ceh," "boh," e "capito," come al solito.

"Eh, allora..." comincia, per poi bloccarsi.

"Sì?" dico, cercando di spingerlo a parlare.

"A me dà fastidio se ti vedi con lui," dice di colpo, tutto d'un fiato. Poi fa una pausa, alzando lo sguardo verso di me per vedere la mia reazione. "Cioè, in generale con altri ragazzi. Ma lui, soprattutto."

"Ok," rispondo, con calma, lasciando che continui. Lo guardo senza battere ciglio, cercando di non interrompere il flusso dei suoi pensieri.

"Cioè," riprende. "Se anche solo ti toccasse, mi verrebbe da picchiarlo. Te lo giuro." La sua voce si abbassa mentre parla, ma c'è una tensione evidente nel suo tono.

"Mamma mia," esclamo, trattenendo a stento una risata. Non so se ridere della sua gelosia o preoccuparmi per quanto suoni sincero.

"Che mafioso," aggiungo, con un po' di sarcasmo, ma senza voler sembrare troppo stronza.

"Al Capone," ribatte lui, con un mezzo sorriso. Per un attimo, torna quello di sempre, il Lorenzo che usa l'ironia per mascherare il nervosismo.

Quella canzone che aveva scritto due anni fa.
Non me l'aveva mai detto apertamente, ma alcune strofe parlavano chiaramente di me. Le riconoscevo anche se erano nascoste dietro metafore un po' volgari. E, nonostante tutto, quella canzone è rimasta la mia preferita.

"Vabbè, io con quella tipa bionda ci ho scopato," dice Lorenzo di colpo, abbassando lo sguardo verso le sue mani. "Ma te lo giuro, mi eri in testa."

"Io non sono da tradimenti o cose del genere, però sai..." continua, alzando lo sguardo verso di me con un'espressione che sembra quasi colpevole. "Ti sentivi con Elia, e boh, non sapevo che fare, capito?"

"Massì, sì," rispondo in modo asciutto, cercando di non lasciare trasparire troppo.

"Vabbè, sono uno stronzo," aggiunge, scuotendo leggermente la testa. "Faccio finta che non mi importi, però a me importa di te." Fa una pausa, quasi a cercare le parole giuste. "Poi, non posso darti dolcezza, io boh... non so fare quelle cose."

Lo guardo per qualche secondo, cercando di capire quanto ci sia di vero in quello che dice. Il suo tono, questa volta, non sembra una scusa. Sembra più una confessione, detta male ma onesta.

"Non so cosa pensare," dico alla fine, incrociando le braccia. "Se eri lì con lei, come fai a dire che ti importava di me?"

"Te lo sto dicendo adesso," risponde lui, alzando le spalle come se non avesse una risposta migliore.

"Non è così semplice," dico.

"Lo so," ribatte. "Ma sto cercando di dirtelo come riesco. Non sono bravo con le parole, ma almeno ci sto provando, no?"

Sospiro, senza sapere se arrabbiarmi o lasciare andare la questione. Forse entrambe le cose. È sempre un casino con lui.

"Ci eravamo lasciati, cioè, mezzo," dice Lorenzo,
"Sai come sono, poi figurati se sono strafatto..."

"Va bene, sì," rispondo, fredda, anche se dentro mi sento ancora un po' in bilico tra il credergli o no.

"Poi boh..." continua lui, con quel suo modo di parlare spezzato, "tu non sei come le altre. Tutte quelle puttane mi vogliono perché sono papav, capito? Invece tu no. Anche se ti tratto di merda, ci sei sempre."

Mi fissa per un secondo, come se aspettasse una reazione da parte mia.

"Sì, lo so," dico, guardandolo negli occhi per fargli capire che non sto scherzando. "Ma io voglio qualcosa in cambio. Non ti chiedo che inizi a fare il dolce con me, non è quello che cerco."

"Che vuoi, allora?" mi interrompe, inclinando leggermente la testa.

"Rispetto," dico decisa. "Non voglio che ti innervosisci subito con me, che mi prendi a parole per stronzate.Non voglio essere quella che c'è sempre, mentre tu ti comporti come ti pare."

Lui mi guarda per un istante, poi abbassa lo sguardo sulle sue mani "Lo so che sbaglio," mormora.

"Ma allora cambialo, no?" ribatto, alzando le spalle.
"Non ti sto chiedendo l'impossibile, Lorenzo. Voglio solo che mi tratti come qualcuno che conta per te."

Lui annuisce piano, ma non dice nulla. C'è un silenzio carico, uno di quei momenti in cui sembra che entrambi stiamo aspettando che l'altro faccia il primo passo. Non so se questa conversazione porterà a qualcosa, ma per una volta voglio sperare che lui stia davvero ascoltando.

Insieme Da Una Vita-PAPA VDove le storie prendono vita. Scoprilo ora