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Undici anni prima...

Kyle

<<Io non ballo.>>

<<E perché no?>>

<<Non ne sono capace, tesoro>>

<<Nemmeno io sono capace Kyle, ma è divertente!>>

<<No.>>

Lei alzò gli occhi al cielo di fronte alla mia ostinazione, ma sapevo che non ci avrebbe rinunciato tanto facilmente.

<<Va bene...>> alzò le sue esili spalle da sotto il maglioncino in lana bianca.

<<...allora ballerò da sola>> sancì alzandosi dal divano, dove mi aveva teso un agguato saltandomi in grembo per cercare di convincermi a danzare insieme a lei.

Decisi di non controbattere, lasciandomi però sfuggire un sorriso per la testardaggine della mia ragazza.

La stessa ragazza che, sculettando in modo a dir poco provocante, si avvicinò al piccolo stereo sotto la televisione per avviare l'ultima canzone in riproduzione.

Stubborn Love, dei The Lumineers.

Eva amava quel gruppo.

Sapevo che uno dei suoi tanti desideri, era proprio quello di andare ad un loro concerto.

Non appena la chitarra iniziò a suonare le prime note, accompagnate dall'immancabile leggerezza del violino, lei si girò verso di me con una smorfia soddisfatta sul suo viso spensierato.

I suoi fianchi iniziarono ad oscillare da una parte all'altra, seguendo il ritmo nato dal tamburo, ipnotizzandomi.

La voce entrò in scena, ed Eva la replicò.

La sua voce femminile entrò in contrasto con quella maschile di colui che recitava quella poesia melodica.

Era così felice.

E la sua espressione giocosa mi aveva appena avvertito della sua prossima mossa.

Non appena il ritmo si fece più incalzante, lei mi si avvicinò senza mai smettere di cantare o improvvisare strani movimenti di bacino.

Mi prese per mano.

E cercò di sollevarmi dal divano, da dove mi stavo beatamente godendo lo spettacolo.

Sbuffando in modo plateale, la seguì.

Le feci fare una giravolta.

Mi appoggiai ai suoi fianchi e ci feci muovere insieme ai tamburi.

Poi un'altra giravolta, solamente per poterla sentire ridere.

E poi avvicinai il viso ai suoi capelli, così da potermi tuffare nel suo leggero profumo di vaniglia.

I nostri corpi erano schiavi delle note di quella canzone.

Ma io lo ero del suo sorriso allegro.

Improvvisammo i successivi passi, calpestandoci i piedi.

Muovendoci in due direzioni separate.

A volte brontolavamo.

Altre sghignazzavamo.

Ma quando la parte finale risuonò dalle piccole casse, con un sorriso in volto, riuscimmo a trovare il nostro equilibrio.

I fianchi ondeggiavano e le mie braccia la circondavano.

Lei abbracciava il mio collo senza mai smettere di cantare.

E continuammo a ballare.

Canzone dopo canzone.

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