Di desideri e progetti futuri

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«Ma te ricordi?»
«Cosa?»
«De quanno è scoppiata ‘a caffettiera»
«Sì…me lo ricordo e vorrei dimenticarlo. È stato il nostro primo litigio»
«Vero…però io me lo ricordo pe’ n'altro motivo»

Stavano camminando – come sempre, mano nella mano – per il lungomare di Ostia, Simone e Manuel.

Le gambe leggere.
Il vento ad accarezzare i loro visi e a scompigliare i loro capelli.
La testa sgombra da qualsiasi pensiero.

Un sogno.

Un sogno per Manuel, ché non avrebbe mai pensato di riuscire a ricostruire la sua relazione con Simone.
Un sogno per Simone, ché non avrebbe mai pensato di riuscire a ricostruire la sua vita, pezzetto per pezzetto, con l'aiuto di Manuel.

Ed erano felici come non lo erano mai stati.

Sembravano non esistere più Alessandro e tutte le conseguenze che ne erano derivate.
Sembravano non esistere più le ansie e i timori di Simone.
Sembrava non esistere più la sensazione di Manuel di non essere all’altezza del dolore di Simone.

Felicità.
Amore.
E un grande desiderio di progettare il futuro.

«Quale motivo?» si ritrovò a chiedere Simone.

Ché, sebbene ricordare quel momento non fosse tra le sue priorità, la domanda di Manuel – nata dal nulla, mentre parlavano di quanto fosse cresciuta Joy – lo aveva incuriosito parecchio.

«Me ricordo che avevamo litigato perché io m’ero comportato da stronzo e te stavi a pezzi e…ed era comprensibile dopo tutto quello che t'era successo. E io te dissi che te eri ‘a cosa più bella de tutta la vita mia e che ‘a saresti rimasta pure quanno l’altro pezzo de cuore l’avrebbero occupato Samuel e Morena»

Il cuore di Simone sembrò saltare un battito.

Le parole di Manuel avevano risvegliato un desiderio che Simone aveva riposto nell’angolo più segreto del suo cuore.

Avevano risvegliato il desiderio di avere un figlio, di costruire una famiglia.

Un desiderio che Alessandro aveva spento.

«Sì…me le ricordo queste parole» rispose Simone, con un filo di voce.
«Poi t’ho visto co’ ‘r fijo della signora Andreina e me so’ reso conto che…che sei nato pe’ esse padre, Simò»

Avrebbe voluto dirglielo, Manuel.

Avrebbe voluto essere più schietto, meno criptico.
Avrebbe voluto dirgli oh, Simò, te la senti de mette su famiglia insieme a me?

Ma la sola idea sembrava stringergli la gola fino a togliergli il fiato.

Ché se Simone, a quella richiesta, avesse detto di no?
Se i piani di Simone fossero cambiati e non avesse più voluto un figlio come, invece, sognava anni prima?

Ne era sicuro, a prescindere dalla risposta, che il suo amore per Simone non sarebbe cambiato.

Ma era altrettanto sicuro che un no gli avrebbe fatto male.

Temporeggiò ancora, quindi, sperando che quell’ultima frase, quel sei nato pe' esse padre accendesse la lampadina nella mente di Simone.

E, in un certo senso, così fu.

«Lo pensi davvero?» chiese Simone, con gli occhi che subito si fecero lucidi.
«Sì…ce stanno giorni che mentre stai ad aiuta’ i regazzini a fa’ i compiti, me fermo sullo stipite della porta e rimango a fissatte. E…’r modo in cui je parli, la dolcezza con cui te ce rapporti, l’amore che ce metti…n’o so, me fanno innamora’ ancora de più. Solo che…»
«Solo che?»

Vite in gioco: passato e futuro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora