Tutto è bene quel che finisce bene

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Jake's point of view

È metà gennaio. Il mio compleanno è passato da un bel pezzo e ancora non posso credere di avere diciotto anni, di essere ormai adulto. È il primo compleanno che passo lontano da Raphael, ed è stato così strano non augurargli buon compleanno con un abbraccio. Avrei voluto 'inaugurare' la notte di Capodanno facendo 'qualcosa' di speciale, ma Rei si è addormentato fra le mie braccia poco dopo l'una.

Mi aspettavo che cambiasse qualcosa, invece ogni cosa è uguale a prima. La mamma continua a trattarmi come sempre e gli altri pure. Ma forse sono solo impaziente.

- Jake, tesoro? Ti posso parlare un attimo?

Sospiro. Okay, recentemente dai 'ti posso parlare un attimo?' della mamma non è uscito nulla che mi abbia colpito particolarmente. O, più probabilmente, sono cose che so già da me.

- Certo, mamma.

- Jake, ormai sei grande... hai compiuto diciott'anni, sei quasi un uomo! Assomigli ogni giorno di più a tuo padre...

Sembra commossa, poi sorride.

- Ma non è questo il punto. Penso che tu sia abbastanza maturo da capire ciò che ti voglio dire, anzi, chiedere. Saresti infastidito se uscissi con qualcuno?

D'improvviso la fisso con gli occhi sgranati. Il mio cervello lavora a pieno ritmo: le giornate in città, i momenti alla villa in cui non badavo della sua assenza...

Mi alzo di scatto, come scottato.

- Come puoi fare una cosa simile a papà? Dopo quello che hai, che insieme abbiamo passato per uscirne, finisce così? Nel dimenticatoio? - sibilo, non mi importa quanto le mie parole possano ferire od essere ingiuste.

- Aspetta, Jake! - grida mia madre, ma la ignoro.

E poi a grandi passi mi dirigo nel prato sul retro, prima di montare Esthel a pelo e senza indossare il cap. Sembra sorpreso quando lo sprono, fa andare le orecchie avanti e indietro. Il cellulare mi cade di tasca, ma non faccio in tempo a smontare per raccoglierlo, poiché Esthel muove un passo, incerto, poi indietreggia e lo frantuma. Gli do una pacca forte sul collo.

- Vai!

Quando parte lo fa in modo così repentino che anche aggrapparmi alla sua criniera rossiccia è quasi inutile, per poco non mi sbalza di sella.

Schizziamo lungo la strada che porta alla spiaggia, incuranti di chi ci osserva. Sono così arrabbiato con la mamma, voglio solo scappare via da tutti i miei problemi!

Faccio galoppare Esthel finché il suo manto sauro non si imperla di sudore, sotto gli zoccoli il suono delle onde che si rifrangono e sulle zampe gli schizzi del mare. Lo lascio rallentare al passo, lasciando pendere le braccia vicino al suo collo ed appoggiandomi ad esso. Sbuffa piano. La mia rabbia sbollisce al ritmo dei suoi respiri.

Arriva la sera, ma non voglio tornare a casa. Non per sapere che la mamma ha già trovato qualcun altro, dopo aver ripetuto infinite volte che non avrebbe mai amato nessuno come papà e che lui sarebbe stato l'unico uomo della sua vita. La rabbia è svanita, eppure mi sento quasi tradito.

Alla fine il mio stomaco inizia a brontolare ma non ho nulla da mangiare, non pensavo di ritrovarmi a fare una cosa così... di nuovo. Come magra consolazione riesco a rubare un pezzo di pesce conteso da due gabbiani. È duro e puzza, insieme ad avere un saporaccio, ma sempre meglio di nulla.

Infine mi siedo sulla sabbia, osservando la luna stagliarsi sul mare calmo. Uno spettacolo incantevole, romantico, e un po' malinconico. Esthel sbuffa forte e poi scalpita, prima di coricarsi di fianco a me. Tira delicatamente la mia maglietta coi denti, dopodiché poggia il muso sulla mia spalla. Lo accarezzo e mi stringo a lui. È così caldo...

E il mare disse 2 - ForeverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora