Prendersi Cura

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«Quanto mi ami, da uno a dieci?»

Nuru assottigliò lo sguardo e arricciò le labbra in una smorfia sospettosa. «Cosa ti serve?»

Raffaele spalancò le braccia con un broncio adorabile e si spalmò sul materasso occupando entrambe le metà del letto matrimoniale. «Che in italiano significa: non abbastanza

Sorrise, divertito, e si lasciò cadere accanto a lui. «Ma per chiunque ti conosca significa: mi preparo al peggio e ho tutte le ragioni per farlo

Lui non si lasciò distrarre dai suoi tentativi di svignarsela. «Quindi quanto mi ami?»

Non era una domanda difficile, dopotutto.

Allungò il braccio verso di lui, gli accarezzò la gola per arrivare al volto, poi scostò dalla fronte una ciocca di capelli umidi. «Più della dose raccomandata per la mia salute, questo è sicuro.»

Raffaele sbatté le lunghe ciglia e gli rivolse un’occhiata innocente più falsa di un diploma comprato su ebay.

 «Se ti lasciassi solo per cena?»

Oh. Oh.

«Perché?»

Non la cena di inizio anno dello studio nuovo. Non la cena di inizio anno dello studio nuovo da solo.

«Perché non avranno nulla che posso mangiare, ci scommetto. E perché parlerete tutto il tempo di cose che non capisco e che non mi interessano. E poi non c’è nessuno che conosco…»

«Ci sono io.»

«Sì, ma tu sarai impegnato a fare colpo sul grande capo.»

Nuru sospirò. Era stato preso in prova da appena qualche mese, ma gli avevano subito affidato ruoli di una certa responsabilità, e lo stipendio era buono. Si sentiva ancora ingessato davanti ai colleghi, aveva sempre il terrore di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, e in orario d’ufficio non avevano tempo di  chiacchierare tanto.

Il solo pensiero di stare con loro almeno qualche ora, senza neanche suo marito accanto—

No, per carità, era troppo anche solo tentare di immaginarlo.

Avrebbe trovato una scusa per non presentarsi, potendo, ma il responsabile gli aveva fatto capire che la sua assenza sarebbe stata notata, e che non sarebbe piaciuta affatto.

«Io gliel’ho detto che sei vegetariano, eh. Mi hanno risposto che si sarebbero organizzati di conseguenza. L’hanno promesso.»

Raffaele alzò gli occhi al cielo. «Sì, immagino, mi avranno lasciato un po’ di insalata… wow. Non vedo l’ora. Sembra un vero sballo.»

«Per favore, amore, non mi lasciare da solo. Non posso sopravvivere a questa serata se non ci sei tu. Staremo poco, andiamo via prima del dolce, te lo giuro.»

Raffaele strinse le labbra. Lo guardò come se stesse valutando il da farsi molto a fondo, poi si sgonfiò in una smorfia desolata. «Non farmi questo, ti prego. Sono appena tornato dalle ferie, non me lo merito. Sono sicuro che farai faville, non hai bisogno di me. Sei brillante, divertente, e loro già ti adorano!»

Nuru chiuse gli occhi, il cuore contratto nel petto. Sì, era una scemenza. Sì, il mondo sarebbe andato avanti se si fosse presentato alla cena di lavoro anche da solo. Sì, in effetti Raffaele non se lo meritava. Però… però l’aveva guardato negli occhi e gli aveva detto di volerlo accanto. E gli era stato risposto che non importava.

«Okay» rispose, asciutto, poi scosse la testa e si alzò. Non lo guardò in faccia o avrebbe letto tutto il suo fastidio. Era sicuro di stare esagerando, e non era proprio il caso. Poi quando iniziavano a litigare le cose a volte degeneravano, lui non voleva che succedesse.

Furaha // alla ricerca della felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora