Torno in stanza. Vogliono farmi le analisi al sangue per esser sicuri che tutto è nella norma. Sento che cercano una vena. Il mio corpo è freddo, le vene si sono nascoste. Sento che controllano dappertutto. Su entrambe le braccia. Niente. Gambe e piedi. Niente. Infine arrivano al l'unica strada percorribile al momento: tagliano l'arteria principale che passa per il braccio, prendono il sangue necessario e, con della garza e un legaccio, stringono forte per evitare che esca altro sangue e vada in emorragia. Dopo poco tempo arriva il medico del dolore, attacca la morfina alla mia flebo. Lo sento parlare con i miei, non so cosa dica. Ad un certo punto mi poggia accanto un aggeggio piccolo con un pulsante e mi spiega: "Questo pulsante dovrai premerlo solo nel caso in cui senti dolore. Hai capito? Premi così capisco se hai capito quello che ho detto!" Premo. Da quel momento in poi per i tre giorni a seguire per me ci fu il buio totale. Entrai in una specie di coma, somigliavo ad una che sta per morire da un momento all'altro. Sondino naso-gastrico, catetere e due drenaggi, uno su ogni fianco. La morfina fatta in endovena mi mise praticamente k.o. Mia madre mi dormi accanto, il mio ragazzo volle restare con me le prime due notti che seguirono l'operazione. Mi parlavano ed io rispondevo con un impercettibile movimento della testa alle loro domande. Si ribellarono con medici ed infermieri per capire il motivo della mia reazione. Era normale che io dormissi così? Il chirurgo le chiese: "Signora per caso sua figli fa uso di sostanze stupefacenti?" Mia madre uscì fuori di senno. "Secondo Lei, se mia figlia avesse fatto uso di simili sostanze, avrebbe reagito così alla morfina? La sua reazione è quella di una persona il cui corpo non è abituato a certe sostanze e, assorbendole fino all'ultima goccia, si stordisce!" Per farmi svegliare alla fine dovettero tenermi seduta su una poltrona e, piano piano, grazie alla pazienza di mia madre e del mio ragazzo, mi risvegliai. Venne a visitarmi il chirurgo che, con la stessa delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli, premendomi la pancia mi fece urlare dal dolore ed ebbe il coraggio di urlarmi pure contro perché io dovevo star zitta. Finalmente arrivò il tanto atteso momento in cui, capendo che la mia pancia era pronta per mandarmi presto in bagno, decisero di togliermi il sondino naso-gastrico che mi aveva impedito di parlare fino a quel momento. Cinque giorni dopo l'operazione ero fuori dall'ospedale. La mia ferita partiva dallo sterno ed arrivava fino sotto la vescica. Nel mio corpo, nelle mie gambe, non ci stava più nemmeno un briciolo di muscolo, la pelle era flaccida, io ero dimagrita ancora di più. Una ragazza conosciuta in ospedale mi prestò casa dei suoi nonni. Appena uscita dall'ospedale, in sedia a rotelle, la prima cosa che chiesi fu un gelato. Lo gustai come non avevo mai fatto prima. Arrivò l'autobus e io, con la mia velocità da bradipo addormentato, salii. Una signora mi cedette il posto ma nello spostarsi per farmi sedere mi diede una gomitata sulla pancia. Nel mio cervello parti' una lista di nomi (Paolo, Pietro, Giovanni, ecc...) che si rivelarono poi essere i nomi di tutti i santi del Paradiso. Colpita e affondata! Sorrisi (avrei voluto ucciderla)... La signora si scusò ed io le dissi: "Non si preoccupi!" Tanto cosa aveva fatto di grave? Mi stava solo mandando al cimitero. Cosa vuoi che sia??? Arrivai a casa dei nonni della ragazza. Per la successiva settimana dormii sulla poltrona automatica che mi aiutava ad alzarmi e sedermi. Ogni giorno il mio ragazzo mi portava a fare riabilitazione. Scendevamo in strada, facevamo qualche passetto e tornavamo dentro. Ogni giorno facevo qualche passo in più. Tornammo a casa. Continuai a camminare, il mio ragazzo mi aiutò a girarmi nel letto, cosa di cui avevo paura. Per i successivi due anni salivamo un giorno ogni due mesi a Bologna per fare le flebo e fare la visita chirurgica per vedere come procedeva la ferita. Ora posso mangiare di tutto. Sono in fase di remissione, cioè la malattia per ora è calma e silente. Sono ingrassata un po, continuo a fare le analisi al sangue ogni tre mesi ed ogni anno vado su a far la visita di controllo. Sto bene e mi godo la mia vita, circondata da persone che mi amano davvero tanto.
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Storia di dolore ed amicizia
Fiksi UmumQuesto mio scritto racconta come, nonostante il dolore che si prova tra le mura di una stanza d'ospedale, possa nascere la più bella e sincera amicizia tra due persone legate da dolori profondi simili...