Capitolo Sei

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Peter si rivelò un tipo sveglio. Imparò subito la struttura di Grange Hall e, quando Anna lo interrogò sul programma giornaliero, rimase impressionata nel constatare che l'aveva imparato a memoria in meno di un giorno. Non poteva sapere quanto si concentrasse nelle lezioni riservate ai maschi, ma in quelle in cui erano insieme Peter si comportava bene ed era sempre educato. Se non fosse stato per la sua insistenza nel continuare a chiamarla Anna Covey, sarebbe stato un Eccedente come gli altri. Era persino rimasto seduto buono e in silenzio durante la lezione di Natura e Scienza, senza dir nulla, anche se dopo, quando era rimasto solo con Anna, era sbottato.
"Sono tutte bugie. Tutte menzogne!" aveva borbottato, guardandosi freneticamente intorno per controllare che nessuno li stesse ascoltando. "Anna, devi credermi. Questo non è ciò che ha voluto Madre Natura..."
Anna aveva scosso la testa. "Tu la pensi così soltanto perché i tuoi genitori volevano la loro fetta di torta" aveva ribattuto in tono fermo. "Non dovresti essere arrabbiato con il signor Sargent, ma con i tuoi genitori. Sono loro quelli che hanno infranto la Dichiarazione. È per colpa loro che sei finito qui".
Lui non era d'accordo, ovviamente. Era sempre così. Nei corridoi, nella Mensa Centrale, ogni volta che potevano parlare senza che nessuno li ascoltasse, Peter si scagliava contro Grange Hall, contro gli Istruttori... Per quanto ne sapeva Anna, contro tutto e contro tutti. La maggior parte delle volte lei gli diceva di stare zitto e di dimostrare più rispetto per Madre Natura e per le Autorità, ma talvolta la curiosità prendeva il sopravvento, e Anna si sorprendeva a fargli domande sulla sua vita prima di Grange Hall, fingendo però di non essere molto interessata. Di fatto, Peter era una finestra attraverso la quale Anna poteva lanciare una fugace occhiata sul Mondo Esterno, e la tentazione di continuare a guardare era irresistibile.
Peter viveva a Londra, come le disse, a Bloomsbury, un posto in cui, molti anni prima, avevano vissuto diversi scrittori famosi. La cosa aveva interessato non poco Anna, che continuava ad andare nel Bagno Femminile 2 ogni volta che poteva per scrivere sul suo diario, godendosi ognuno di quei momenti in cui tentava di dare un senso al proprio mondo e libero sfogo alle proprie frustrazioni. La casa in cui Peter era cresciuto aveva un appartamento nel seminterrato, ed era lì che Peter aveva trascorso la maggior parte del tempo da piccolo. Gli era stato insegnato a leggere, a scrivere, a usare il computer e a 'fare domande sulle cose'. Aveva letto libri e giornali ed era stato incoraggiato a 'formarsi un'opinione'. La sola idea di avere il permesso di leggere storie che non fossero direttamente mirate a renderti Utilizzabile sembrava incredibilmente eccitante ad Anna, a cui era consentito leggere soltanto libri sui farmaci per la Longevità e sull'Economia Domestica, oltre a lunghi, poderosi volumi quali La vergogna degli Eccedenti e Il fardello degli Eccedenti sulla natura, libri che lodavano le conquiste della Longevità e spiegavano in lunghi, dettagliati paragrafi il Problema delle Eccedenze e l'Approcio Umano Illuminato, che permetteva agli Eccedenti di lavorare per espiare il loro Peccato di Esistenza. Anna li aveva letti e riletti, godendosi le bellissime parole e le argomentazioni coerenti e ben strutturate che l'avevano convinta, più ancora di qualsiasi cosa detta dalla signora Pincent, che la sua vita era una forzatura e che tutto ciò che poteva fare era lavorare duramente nella speranza di riuscire, un giorno, a essere tanto Utilizzabile da farsi perdonare il Peccato di Esistenza.
Peter, d'altra parte, non conosceva affatto libri del genere, ma compensava la propria ignoranza con l'esperienza del Mondo Esterno e di cose che Anna non aveva mai nemmeno sognato di poter toccare o vedere. Una volta all'anno, le disse, lo facevano uscire di casa di nascosto per una gita in campagna, dove c'era un pezzo di terra tanto grande che Peter poteva correre da tutte le parti senza che nessuno lo vedesse o lo sentisse strillare. E allora gridava e strillava con tutto il fiato che aveva, durante quelle brevi gite, sapendo bene che per il resto dell'anno avrebbe dovuto condurre una vita fatta di sussurri e di movimenti furtivi.
Peter non parlava molto dei suoi genitori - in realtà, non ne parlava proprio mai - ma disse che gli adulti che conosceva facevano tutti parte di un Movimento Clandestino con l'obiettivo di combattere le Autorità e di sfidare la Dichiarazione. Quando i genitori di Anna erano usciti di prigione, si erano uniti al Movimento e Peter era andato a vivere con loro. Disse che stavano tentando di scoprire di più sull'uso che veniva fatto degli Eccedenti.
Anna non gli credeva del tutto, e provava ben poco interesse per il suo odio nei confronti del sistema o per i racconti su quelli che dovevano essere i suoi genitori. Ma si coccolava mentalmente nel piacere colpevole di ascoltare Peter che parlava della sua vita nel Mondo Esterno, assaporava l'idea di poter correre liberamente su un prato, strillando e ridendo. Pensava che le sarebbe piaciuto davvero tanto.
Peter le stava sussurrando proprio uno di quei racconti sul Mondo Esterno, una sera, più o meno un mese dopo il suo arrivo a Grange Hall. Terminata la cena, i due avevano finito di riordinare la Mensa Centrale e stavano asciugando le posate, seduti a un tavolo.
Mentre raccoglievano le vecchie forchette e i coltelli di acciaio inossidabile, asciugandoli metodicamente con stracci logori, lui le parlò di com'era starsene in aperta campagna seduti davanti al fuoco, un falò fatto con legna raccolta illegalmente, ad arrostire toffolette e a giocare con le carte. E le parlò di Virginia Woolf, una scrittrice che aveva vissuto a Bloomsbury molti, molti anni prima e che aveva pubblicato il suo primo libro nel 1915. Virginia Woolf scriveva tutto il tempo, le raccontò Peter, ma nemmeno la scrittura riusciva a renderla felice, e alla fine si era tolta la vita.
Anna ascoltava in silenzio mentre faceva del proprio meglio per raschiare via un coagulo di sporco dal coltello che teneva tra le mani: lavando le posate nell'acqua tiepida si riusciva a togliere solo il grosso, e secondo la signora Pincent i detersivi non erano necessari. Se Virginia Woolf era una Legale, si disse Anna, allora non riusciva proprio a capire che cosa poteva averle fatto desiderare di morire. Probabilmente nella sua vita aveva potuto fare tutto quello che voleva e non aveva certo dovuto sostenere il peso del senso di colpa. Si accigliò, e si rese conto che Peter la stava fissando. Anna continuava a trovare sconcertante il modo in cui Peter guardava le persone dritto negli occhi, senza alcuna vergogna.
"Cosa c'è?" chiese. "Sai, non dovresti guardare la gente così. È da maleducati".
Peter sorrise come se non gli importasse niente, poi tornò a farsi serio.
"Davvero odi i tuoi genitori?" le domandò.
Anna rispose senza nemmeno pensarci. "Certo che li odio. È tutta colpa loro".
"Che cosa?"
Anna sospirò. A volte Peter riusciva a essere davvero stupido. "È colpa loro se sono qui. Se devo ripagare Madre Natura per i loro Peccati. Puoi dire quello che vuoi, ma la Dichiarazione è stata introdotta per un motivo preciso e i miei genitori hanno abusato della benevolenza di Madre Natura. Mi fanno schifo".
"E tu credi davvero che i tuoi genitori abbiano torto e le Autorità ragione?"
Anna annuì. "Certo" rispose in tono piatto. "È la verità. E anche se tu li conosci, non m'importa. Si meritano di tornare in prigione e di restarci per il resto della vita. E adesso non parlarne più, per favore".
Peter la guardò, poi le prese i polsi con fermezza.
"I tuoi genitori ti vogliono bene" disse a voce bassissima. "Tu non sei un'eccedenza né niente del genere. Tu sei Anna Covey, e non avresti mai dovuto essere rinchiusa qui dentro. La tua signora Pincent... è lei la persona che dovresti odiare. È lei quella che ti ha fatto il lavaggio del cervello, quella che ti ha affamato e ti ha picchiato proprio come ha tentato di fare con me. E proprio come farà non appena si renderà conto che non ha vinto. Dobbiamo andare via da qui. Dobbiamo tornare a Londra".
Anna lo guardava, la bocca stretta in una smorfia incredula. "Lavaggio del cervello!" sbottò irritata. "È una parola che non esiste nemmeno!"
Peter sorrise sarcastico. "Di certo non è una parola che insegnano qui a Grange Hall, presumo, ma esiste, Anna. Significa indottrinamento. È quando qualcuno ti fa pensare cose che non sono vere, ti fa credere che non ti meriti di vivere nel Mondo Esterno e che sei fortunata a stare in questa prigione".
Anna si divincolò dalla stretta, gli occhi che le bruciavano di lacrime. Di solito le piaceva molto imparare nuove parole: le trattava come fossero piccoli gioielli che poteva adoperare come preferiva - nel suo diario, nelle sue conversazioni - godendosi la novità e la bellezza di ognuna di esse. Ma non c'era niente di bello nell'espressione 'lavaggio del cervello'. Ripulire la mente. Spogliarla fino a lasciarla nuda.
"Se c'è un cervello che ha bisogno di essere lavato, quello è il tuo" disse rabbiosa. "Tu non sai niente. Se un cumulo di bugie, Peter".
"No" ribatté Peter in fretta, stringendole la mano. "Non sono io quello che mente, Anna. Tu e io possiamo andarcene da qui. Insieme. C'è un intero mondo fuori da queste mura, Anna, un intero mondo da esplorare. E una casa. Una casa che ci aspetta a Londra".
La stava guardando intensamente, e Anna sentì la propria volontà indebolirsi, sentì il desiderio di credere a Peter anche solo per un istante, ma poi si liberò dalla sua stretta. Non poteva dargli ascolto. Ogni paragrafo della Vergogna degli Eccedenti confutava le sue argomentazioni, spiegando con una prosa perfetta e dettagliata gli esatti motivi per cui Peter aveva torto.
"Non voglio andare a Londra. E comunque tu dici stupidaggini" si accalorò. "I miei genitori non mi vogliono bene per niente. Se me ne avessero voluto, non mi avrebbero mai messa al mondo. Ed è stata la signora Pincent a chiedermi di occuparmi di te, quindi non riesco proprio a capire per quale motivo la odi così tanto. Quando ti picchia lo fa per il tuo bene, per farti capire qual è la verità..."
Sentì la propria voce tremare e tentò di calmarsi, asciugandosi gli occhi con un gesto irritato.
"Vorrei tanto che la signora Pincent avesse chiesto a qualcun altro di badare a te" mormorò infine. "Vorrei tanto che tu mi lasciassi in pace".
Peter continuò a fissarla con gli occhi che gli brillavano. "Non ci credo, non dici sul serio, Anna Covey, però, se proprio lo desideri, ti lascerò in pace". Aveva un tono amareggiato. "Ma ti sbagli sui tuoi genitori, e ti sbagli anche su Grange Hall e sulla signora Pincent. Io me ne andrò da qui, in un modo o nell'altro, e tu devi venire con me. Questo non è un posto sicuro".
Anna gli rivolse un'occhiata carica di disprezzo. "Certo che è sicuro. Più sicuro che tentare di fuggire nel Mondo Esterno: l'unica cosa che puoi ottenere è che mandino i Catturatori a prenderti per poi finire in un campo di lavoro. Il tuo problema è che sei convinto di essere migliore degli altri Eccedenti. Pensi che le regole non siano fatte anche per te. E invece è così, e sono stufa di sentirti parlare dei miei genitori e di tutto il resto. Non voglio ascoltare più nemmeno una parola. E non aspettarti nemmeno che io ti protegga".
Peter si strinse nelle spalle, ma i suoi occhi scuri tradivano le vere emozioni dietro il suo atteggiamento indifferente. Si fissarono in quelli di Anna e le fecero abbassare lo sguardo. "Benissimo, fa' come credi" disse in tono piatto. "Resta qui e trasformati in una piccola serva. Lascia che la signora Pincent e gli altri ti dicano cosa fare e cosa pensare; o meglio, cosa non pensare. Me ne infischio. Voglio dire, mi sono fatto prendere soltanto per riuscire a trovarti, solo per poterti riportare dai tuoi genitori, ma non preoccuparti per questo. Sono sicuro che sarai molto felice, Anna Covey".
"Non chiamarmi così!" gridò Anna, portandosi le mani alle orecchie. "E non ti ho chiesto io di venire..."
"No, non me l'hai chiesto tu, hai ragione" rispose Peter, riflettendo. Distolse lo sguardo e incrociò le braccia, sulla difensiva. "Sai, rintracciarti qui a Grange Hall non è stato facile. E sapevo che qui sarebbe stata dura. Ma non ho mai pensato che tu saresti stata così difficile. Pensavo che saresti stata felice del mio arrivo".
"Sono felice che tu sia arrivato" si affrettò a ribattere Anna, sorprendendosi per prima delle proprie parole. "Ma ti sbagli su tutto il resto. Staresti meglio fuori di qui, certo. Non puoi essere mio amico e restare?"
Peter scosse la testa e Anna alzò gli occhi al cielo, irritata.
"Senti, potrei finire nei guai soltanto per avertene parlato" disse. "Il fatto è che adesso a quanto pare piaci alla signora Pincent. Potresti stare bene qui, invece di dover passare il resto della tua vita a nasconderti".
"Ti posso assicurare che alla signora Pincent non piaccio assolutamente" disse Peter in tono sarcastico. "Nessuno di noi le piace. Chiunque sia capace di picchiarmi come mi ha picchiato lei non è capace di provare quel tipo di sentimento".
Anna abbassò lo sguardo sul pavimento. Dentro di sé, aveva lo stesso sospetto.
"Non vieni picchiato se non infrangi le regole" ribatté con un filo di voce.
"Ti sei bevuta davvero tutte le sue stronzate, vero Anna?" sospirò Peter. "Credi a ogni parola che ti propina quella donna. Be', io no. Anna, abbiamo gli stessi diritti di stare su questo pianeta di tutte le signore Pincent del mondo. Anzi, ne abbiamo di più. Hanno strappato alla natura una parte del tempo che non apparteneva loro, decidendo di vivere per sempre, e danno la colpa a noi".
Gli occhi di Peter erano accesi di un fuoco interiore, e Anna lo guardò terrorizzata. Ciò che il ragazzo aveva appena detto era blasfemo. Se qualcuno l'avesse sentito, lo avrebbe fatto fruttare. E lei con lui, solo per averlo ascoltato.
"Ascoltami" disse Peter con un altro sospiro, "io andrò via da qui, e se tu non vuoi venire con me sono affari tuoi. Ma non posso aspettare in eterno. Devi decidere, Anna Covey. Devi decidere se vivere una vita da schiava oppure no".
Anna lo fissò e poi si alzò, soltanto per scoprire che le tremavano le ginocchia. Come osava dirle che era una schiava? Reggendosi al tavolo con una mano, trasse un respiro profondo e si obbligò a guardarlo dritto negli occhi.
"Ho già deciso" sibilò con rabbia. "Sei tu quello che crede alle stronzate, Peter. Io sono un Prefetto. Un Prefetto. Tra sei mesi diventerò una Risorsa Utilizzabile. Tu puoi anche rovinarti la vita, ma non rovinerai la mia. Prova pure a scappare, se vuoi, ma io non voglio averci niente a che fare. Non voglio più avere niente a ve fare nemmeno con te".
Detto questo, si voltò e se ne andò, lasciando Peter da solo nell'immenso salone della Mensa Centrale. Senza nemmeno pensarci, uscì, attraversò il cortile coperto che separava la Mensa Centrale dall'edificio principale, poi accelerò il passo diretta verso le scale. Fu soltanto quando si ritrovò al secondo piano che capì dove stava andando, e un attimo dopo stava correndo verso il Bagno Femminile 2. Una volta lì, dopo essersi assicurata che fosse vuoto e aver chiuso la porta, permise finalmente alle lacrime di scenderle liberamente lungo le guance, accasciandosi sul pavimento in preda ai singhiozzi.
"Non sono Anna Covey" disse tra sé piangendo. "Non sono Anna Covey. Sono Eccedenza Anna. Ecco chi sono. So chi sono. Ti prego... Voglio che le cose siano di nuovo normali, che tutto torni al suo posto".

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