3 marzo 2140
Peter dice che sono una schiava e che dovrei ribellarmi. Mi fa infuriare. Io non sono una schiava. Sono un'ottima Eccedenza. Non ho scelto io di esserlo: le cose stanno così è basta, e non vedo proprio perché mi debba far sentire in colpa per questo.
Dice di essere mio amico, ma poi mi fa star male e io mi sento come se non riuscissi a respirare quando mi parla del Mondo Esterno e mi fa immaginare come potrebbe essere, mentre non ha nessuna importanza perché io sono un'Eccedenza e quindi il Mondo Esterno non mi appartiene.
Se fosse veramente mio amico come afferma, direbbe cose stupide e orribili come queste?
Peter non ha paura come noi. Questo lo rende pericoloso. O me lo fa sembrare pericoloso quando sono con lui, perché non so mai cosa sta per dire. E, qualsiasi cosa sia, non sarebbe mai capace di dirla in faccia alla signora Pincent. Ma a volte dice cose carine, oppure mi guarda e la sensazione che provo non è di pericolo, ma piuttosto mi sento emozionata, anche se probabilmente sono la stessa cosa. Sono preoccupata: forse provo queste cose perché non sono affatto una potenziale Risorsa Utilizzabile. Sono soltanto un'Eccedenza, e non importa quanto io lavori e mi impegni, finirò sempre per farmi del male perché mi piacciono cose che non devono piacermi e faccio cose che non dovrei fare. Per esempio, adesso non dovrei essere qui a scrivere. Non dovrei tenere un diario. Forse non sono poi molto migliore di Peter. Forse, dopotutto, sono io a essere pericolosa.
Maschi e femmine, a Grange Hall, veniva tenuti separati in vari modi: per prima cosa, nei dormitori, che si trovavano su piani diversi; inoltre durante gli addestramenti, di cui almeno la metà ogni giorno erano divisi per sesso, focalizzati esclusivamente sulle abilità e sulle mansioni che gli Eccedenti avrebbero dovuto offrire ai datori di lavoro; infine, maschi e femmine avevano un modo diverso di rapportarsi alla prigionia, differenti maniere per rendere le loro esistenze più sopportabili e le loro prospettive meno squallide.
Le ragazze, con una o due eccezioni, arrivavano alla fine della giornata facendo a gara su quella che sarebbe stata la più Utile e sarebbe riuscita a dimostrare il proprio genuino valore a Madre Natura. Dall'esterno poteva anche sembrare che ci fosse un briciolo di cameratismo tra loro; in certi momenti si confidavano sussurrando pensieri proibiti sul Mondo Esterno o su come ci si poteva sentire a essere nate Legali e avere la vita distesa davanti a sé come un bellissimo e morbido tappeto rosso trapunto di piacere e di aspettativa; ma in realtà tra le ragazze c'era ben poca amicizia. Pietà, compassione e simpatia erano sentimenti che le Eccedenti femmine non potevano permettersi il lusso di provare: la solidarietà e la simpatia per qualcun altro non facevano che accentuare il dolore per ciò che a loro mancava, e per il loro destino. Così, le ragazze vivevano fianco a fianco, senza mai abbassare del tutto la guardia, reprimendo quasi sempre i propri istinti e dubbi, tenendosi costantemente d'occhio l'una con l'altra, in cerca della minima trasgressione, persino nei pochi momenti rubati di relax e divertimento. Nell'ora scarsa prima che si spegnessero le luci, nelle rare occasioni in cui tutte le mansioni della giornata erano state svolte in maniera soddisfacente e le ragazze del dormitorio di Anna avevano un po' di tempo libero, giocavano sempre allo stesso gioco. Si chiamava Legale-Eccedenza e, per la durata del gioco, una delle ragazze veniva nominata Legale mentre l'altra assumeva il ruolo della sua Eccedenza. La ragazza Legale poteva domandare all'Eccedenza di fare qualsiasi cosa, dal pulire il pavimento con la lingua al mangiare escrementi. Più creative e fantasiose erano le trovate della Legale per umiliare e torturare la sua Eccedenza, più le altre ragazze applaudivano e ridevano, finché non veniva annunciato lo Spegnete le Luci e l'Eccedenza del gioco poteva finalmente sfuggire alla sua torturatrice.
I ragazzi, dal canto loro, non lasciavano vagare la mente così lontano nel futuro, non si soffermavano troppo a lungo con il pensiero sulla breve vita di servitù che li attendeva. I maschi sfogavano la frustrazione e l'inquietudine in attività più fisiche. Il loro gioco preferito aveva un'impostazione simile a quella del gioco delle femmine: uno contro uno, con gli altri Eccedenti a fare da pubblico; ma, nella versione maschile, la vittima e il bullo non venivano scelti seguendo le regole ferree della rotazione: piuttosto, lo stesso ragazzo o gruppo di ragazzi veniva scelto e preso di mira dagli stessi bulli di sempre mentre gli altri stavano a guardare, provando per immedesimazione il piacere di ogni calcio e immaginando il senso di potere derivante dall'essere totalmente padrone di qualcun altro. Il gioco continuava finché gli Eccedenti spettatori non riuscivano più a controllarsi e si gettavano anch'essi nella mischia, prendendo a pugni e calci la vittima o chiunque considerassero più debole di loro. Questo permetteva loro, almeno per un breve lasso di tempo, di sentirsi invincibili, di non sentirsi più Eccedenti; il sangue che ribolliva nelle loro vene, pompato dall'adrenalina, toglieva ogni significato a qualsiasi cosa esterna al dormitorio: il loro passato, il loro presente, il loro futuro.
La signora Pincent e gli Istruttori erano a conoscenza di entrambi questi giochi e intervenivano molto di rado. Anzi, una volta Anna aveva visto la signora Pincent sorridere e dire che in quei giochi gli Eccedenti stavano facendo il lavoro che sarebbe spettato a lei: le ragazze imparavano a sottomettersi completamente alle loro padrone Legali, mentre i ragazzi effettuavano una selezione naturale che separava i più deboli dai più forti; inoltre sfogavano la loro aggressività l'uno contro l'altro, esaurendola, in modo da non poterla scatenare poi contro nessun Legale. Gli Eccedenti maschi venivano spesso fatti lavorare a gruppi di due o tre, con un elemento più debole associato a due più forti, permettendo così a una simile dinamica di perpetuarsi finché i ragazzi non diventavano uomini adulti e non erano più sopraffatti dal desiderio di lottare e dominare. Anni prima erano stati effettuati esperimenti ormonali per tentare di limitare l'aggressività dei maschi, ma si era scoperto che in questo modo si riduceva la loro forza fisica, per cui erano stati accantonati.
Anna non partecipava più ai giochi del suo dormitorio. Dopotutto, ora era un Prefetto ed era troppo grande per quelle cose. Ma la verità era un'altra: l'essere Prefetto non era il motivo che la spingeva a voltarsi dall'altra parte quando una o l'altra delle ragazze veniva obbligata a sperimentare nuovi orrori, risultato di piani febbrili da parte di chiunque interpretasse il ruolo della Legale. Il vero motivo per cui Anna non riusciva a guardare la torturatrice o la torturata era che, negli ultimi tempi, aveva perso il desiderio di infliggere dolore: non provava più alcun piacere nel vedere una ragazza che veniva tormentata né, a dirla tutta, nell'infierire su un'altra Eccedente di propria mano; non sopportava la brutalità e l'insensibilità che accompagnavano quei gesti. I gridolini deliziati quando l'Eccedente prescelta veniva sottoposta a qualche nuova, orribile punizione, un tempo la facevano sentire euforica e sollevata perché qualsiasi orrore l'aspettasse nella vita non sarebbe mai stato tanto temendo, non avrebbe mai potuto distruggerla come la Legale di turno stava facendo con la sua schiava quella sera. Negli ultimi tempi, però, Anna aveva iniziato a rendersi conto che l'orrore che la attendeva nella vita non consisteva nelle percosse o nelle umiliazioni. Era l'orrore di ciò che erano tutti loro, di ciò che era lei. Eccedenze. Indesiderati. Fardelli. Meglio morti. E non c'era quantità di dolore né di insensibilità che potesse cambiare quella realtà e nemmeno attenuarla.
Quella sera, quando Anna tornò dal Bagno Femminile 2, trovò il gioco in pieno svolgimento, con Sheila nella parte dell'Eccedenza e Tania nel ruolo della padrona. Quella vista le fece immediatamente stringere lo stomaco per l'apprensione. Tania aveva un anno meno di Anna, e un anno più di Sheila. Era a Grange Hall quasi dalla nascita ed era una ragazza alta e robusta, con capelli castano scuro e occhi ancora più scuri. Torreggiava letteralmente sopra Sheila, così minuta da date l'impressione che un soffio di vento potesse farla cadere da un momento all'altro.
I capelli di Sheila erano di un pallido color carota, lo stesso colore delle lentiggini che le ricoprivano la pelle delicata e bianchissima, quasi azzurrognola. Tutto questo, combinato con la corporatura fragile e gli occhi azzurri e lucidi, la rendeva facile bersaglio di insulti e prepotenze; la sua ferrea determinazione nel rifiutarsi di assecondare le tormentatrici non aveva fatto altro che rendere la sua umiliazione più interessante ai loro occhi. Fino a un paio di anni prima, quando Anna aveva iniziato con riluttanza a proteggerla - più che altro perché Sheila si era messa a seguirla dappertutto, facendo proprie le battaglie di Anna - la ragazza era stata il bersaglio preferito di tutti i bulli di Grange Hall, maschi e femmine.
Quando Anna passò davanti al gruppo, distolse lo sguardo, rifiutando i vari inviti a partecipare e tentando di convincersi che il gioco non la riguardasse. Ma quando raggiunse la sua branda, sentì le grida di scherno provenienti dall'altro capo della camerata farsi più forti e, controvoglia, si voltò a guardare. Con sua sorpresa, vide che Sheila non era distesa a faccia in giù con il piede di Tania premuto sulla nuca, o impegnata in qualche compito umiliante. Invece, era semplicemente in piedi accanto alla branda di Tania, con le lacrime che le rigavano le guance e il corpo che tremava tutto, e scuoteva ostinatamente la testa.
Anna distolse lo sguardo, ma il rumore delle Eccedenti che assistevano alla scena si fece assordante, e alla fine Anna si voltò di nuovo. Sheila era ancora in piedi di fronte a Tania, e ora sulle sue guance c'erano dei segni rossi, indubbiamente lasciati da un paio di schiaffi. A parte quello, Anna non vide nessun altro segno di percosse.
Mordendosi il labbro, si diresse verso il capannello. Tania sovrastava Sheila, gli occhi fissi in quelli della ragazza più giovane, e continuava a ripetere a voce bassa: "Dillo. Dillo. Dillo". Sheila scuoteva il capo, le mani chiuse a pugno.
Anna le osservò per qualche secondo. "È ora di andare a letto" disse infine. "Potete anche smettere, adesso".
Qualche ragazza si girò a guardarla con espressione stupita e Tania, senza mai spostare lo sguardo da Sheila, fece di no con la testa. "Non ha ancora fatto ciò che le ho detto. Il gioco non può finire finché non lo fa".
Anna si rivolse a Sheila: "Avanti, Sheila, fa' quello che ti ha detto, così ce ne andiamo tutte a dormire".
"No, non lo faccio". La voce di Sheila era sommessa, quasi impercettibile, ma allo stesso tempo decisa, era Anna si sentì venir meno. Non era consentito dire di no. Era il regolamento. Bisognava fare ciò che la Legale chiedeva: era lo scopo del gioco. Nessuno diceva mai di no. Perché Sheila doveva mettersi a sfidare le regole a quel modo?
"Sheila, è un gioco. Devi fare quello che ti dice" la esortò Anna, sentendo l'elettricità crescere attorno a sé mentre le altre Eccedenti osservavano eccitate la scena.
"No" rispose semplicemente Sheila. "Non lo farò".
Anna guardò Tania. "Che cosa le hai chiesto di fare?" le domandò. "Perché, se implica uscire dalla camerata e dire qualcosa alla signora Pincent, sai benissimo che non è permesso".
Tania sorrise glaciale. "Le ho soltanto chiesto di dire qualcosa, tutto qui. E lei non vuole. Quindi, finché non lo fa, il gioco non finisce. D'accordo?"
"Dire qualcosa?" domandò Anna, incerta. "Tutto qui?"
Guardò Sheila. "Avanti, Sheila. Dillo e basta. Qualunque cosa sia".
Sheila scosse la testa. Il suo volto era pallido di paura o di rabbia, Anna non avrebbe saputo dirlo.
"Che cosa le hai ordinato di dire?" domandò a Tania.
"Che odia i suoi genitori. Che i suoi genitori sono feccia, sono criminali e meritano di morire" rispose Tania in tono di trionfo.
"Non lo dirò mai" ribatté Sheila con un filo di voce. "Non mi importa che cosa mi farai. Non lo dico".
"Direi dirlo" insisté Tania con rabbia. "Sono la tua padrona. Devi obbedire, altrimenti ti picchiamo. Tutte. E, se ti ostini ancora, allora andrò a spifferare alla signora Pincent che non sai Stare al Tuo Posto".
Osservando Sheila che se ne stava lì in piedi a sfidare coraggiosamente Tania, la piccola schiena rigida e le palpebre appesantite da lacrime cocenti, ad Anna venne in mente Peter e risentì le sue parole: I tuoi genitori ti vogliono bene, Anna Covey. Ti vogliono bene.
Poi scacciò quel pensiero e si fece forza. "Sheila, devi dirlo" disse con voce piatta. "Dopotutto, è la verità".
Sheila scosse la testa e strinse gli occhi, con ferocia. "Non è la verità" disse, sempre a voce bassa. "E io non lo dirò mai".
Tania si stava facendo rossa in volto. "Sì piegherà alla mia autorità" esclamò con calore. "Adesso sono la tua padrona. Farà tutto ciò che le dico".
"Tu non sei la mia padrona" sbottò Sheila all'improvviso. "Nessuno è il mio padrone. Io non sono un'Eccedenza. I miei genitori mi vogliono bene e io sono una Legale, e vi odio. Vi odio tutte".
Tania la fissò con la bocca spalancata, poi tirò indietro il braccio e la schiaffeggiò ancora una volta, con violenza. Quindi la spinse sul pavimento e iniziò a prenderla a calci.
"Non osare rivolgerti in questo modo alla tua padrona" gridò. "Devi imparare ad avere rispetto. Sei un'Eccedenza, Sheila. Mi hai sentito? Sei feccia. Non meriti di respirare la stessa aria che respiro io. Non meriti di stare nella mia stessa stanza. Sei feccia, Sheila, non vali niente". Tania si guardò intorno, con gli occhi che le scintillavano di furia. "Siete tutte indegne" continuò, rabbiosa. "Siete tutte feccia, tutte".
Charlotte, una Sospesa bassa e tozza che dormiva nella branda accanto a quella di Anna, a quel punto si fece avanti.
"Se c'è qualcuno che non vale niente, qui, quella sei tu" disse incrociando le braccia e guardando minacciosamente Tania. "Non sei nemmeno capace di cucinare. Sei una buona a nulla e nessuno vorrà mai avere al suo servizio una come te. Finirai abbattuta perché non ci sarà altra soluzione, con te".
"Sono capace di cucinare" ribatté Tania, ergendosi in tutta la sua altezza e spostando l'attenzione da Sheila a Charlotte. "E so cucire meglio di te. Nessuno vorrà mai avere te al suo servizio, sei troppo brutta per stare in una casa rispettabile. Nessuno vorrà mai averti sotto gli occhi tutto il giorno, nemmeno se impari la Buona Condotta e ti rendi invisibile. Continuerai a essere brutta".
Anna vide Sheila, sul pavimento, che si allontanava lentamente da Tania, con una smorfia di dolore sul volto, senza aver perso l'espressione di sfida. Charlotte non aveva intenzione di indietreggiare, però. Anzi, si scagliò contro Tania, afferrandola per i capelli e costringendola a inginocchiarsi a terra.
"Piccola... buona a nulla... Eccedenza" sbottò iniziando a schiaffeggiare Tania. Questa si divincolò rotolando su un fianco e riuscì ad assestarle un calcio. Charlotte cadde urlando per il dolore ma, prima che Tania potesse rialzarsi, Sheila apparve dal nulla, buttandosi su di lei e tempestandola di pugni con le sue piccole mani.
"Ora basta!" sbraitò Anna. "Il gioco è finito. È ora di andare a letto".
"Non voglio andare a letto" si ribellò Charlotte, guardando Anna dritto negli occhi. "Non ne ho voglia".
Anna la fissò a sua volta. "Eccedenza Charlotte, Sta' al Tuo Posto" ringhiò. "Io dico che è ora di andare andare dormire, e tu farai ciò che dico io".
Tania si scrollò Sheila di dosso e si alzò. "E cosa succede se non obbediamo?" domandò in tono di sfida. "Cosa farai?"
"Sarete punite" ribatté Anna. "Io sono un Prefetto".
"Io sono un Prefetto" le fece il verso Tania, e un paio di Eccedenti ridacchiarono. "Be', anche i Prefetti devono imparare a Stare al Loro Posto" disse, raddrizzando le spalle e guardando le altre Eccedenti in cerca di sostegno. "Forse ora tocca a te giocare, Anna. Forse dovresti smetterla di sentirti così speciale e potente e ricordarti chi sei. Che cosa sei. Sei soltanto un'Eccedenza, come tutte noi".
Anna la guardò, rabbiosa. "So benissimo di essere un'Eccedenza. E so Stare al Mio Posto. Sei tu quella che non ci sta".
"Davvero? Be', forse hai ragione. Forse il Mio Posto non è in questa camerata" ribatté Tania, con gli occhi accesi. "Forse il Mio Posto è in un'altra camerata. O in corridoio. O nel Mondo Esterno. Forse il Mio Posto è da tutt'altra parte. E allora?"
Fissò Anna per un lungo istante poi sollevò la testa con fierezza e si diresse a grandi passi verso la porta, aprendola e facendo cenno alle altre di seguirla. Charlotte la seguì titubante, e Anna tirò indietro Sheila.
"Tu resta qui" ordinò. "Resta qui e non muoverti".
Lentamente, uscì in corridoio per osservare la scena. Tania e Charlotte stavano correndo lungo il corridoio, bussando alle porte delle camerate e gridando: "Imparate a Stare al Vostro Posto, Eccedenze, State al Vostro Posto". Un paio di porte si aprirono e alcune Eccedenti sbirciarono fuori con espressione nervosa; ben presto vennero trascinate in corridoio da Charlotte o da Tania.
Anna sbatté la porta della sua camerata per attirare la loro attenzione.
"Tornate dentro" gridò, "e andate subito a letto. Subito!"
Tania la guardò e rise. "Altrimenti cosa farai, Eccedenza Anna? Altrimenti farai la spia? Correrai dalla signora Pincent?"
"Altrimenti vi picchierò io stessa" sibilò Anna, inferocita. "Sei un'Eccedenza, Tania, e devi comportarti da Eccedenza, seguire le regole e fare ciò che ti viene detto. Non hai il diritto di esistere, Eccedenza Tania, e se non ti comporti come si deve, allora..."
"Allora cosa?" volle sapere Tania. Aveva uno sguardo folle e sembrava come impazzita per l'euforia.
"Allora verrai mandata in Isolamento".
Il silenzio calò sul corridoio e il volto di Tania si fece pallido come un cencio.
Era apparsa la signora Pincent.
"E verrai picchiata" continuò la signora Pincent, camminando verso Anna con il volto impassibile. "Anna, ho sentito che ti sei offerta di picchiare Tania personalmente. Te ne sarei davvero grata".
Anna guardò incerta la signora Pincent. Non le era mai stato chiesto di picchiare un'Eccedente, prima. Gli Eccedenti non avrebbero dovuto mai alzare le mani su nessuno, al di fuori degli schemi del gioco.
"Subito" ordinò la signora Pincent. "Così tutti potranno vedere che cosa succede a un Eccedente che crede di essere al di sopra delle regole, che pensa di poter fare quello che vuole e insultare Madre Natura e la generosità dimostratagli dal genere umano nell'averlo tenuto in vita".
Anna si mosse esitante verso Tania, che continuava a guardarla con aria di sfida.
"Colpiscila" le intimò la signora Pincent, che ora stava camminando verso di lei. "Falle riconoscere i suoi Peccati. Aiutala a imparare dai suoi errori e a capire cosa significa essere un'Eccedenza. Falle capire che non è desiderata, che è un fardello... che ha rubato ogni passo che fa in questi corridoi. Falle capire che è inutile e senza valore, che se muore non importerà a nessuno ma che, anzi, il mondo starà meglio senza di lei. Falle capire tutto questo, Anna".
Il tono della signora Pincent era basso e minaccioso, e Anna si accorse di tremare. Tania doveva capire, si disse. Per il bene di tutte loro.
Lentamente, portò indietro la mano per schiaffeggiare Tania. Tania la guardò per un lungo istante, poi i suoi occhi si spostarono velocemente sulla signora Pincent e di nuovo su di lei. E poi sorrise ad Anna, un sorriso strafottente, pieno di odio e di disprezzo.
Anna resse il suo sguardo per un paio di secondi, poi tirò indietro di nuovo la mano, preparandosi a colpire. Rabbia e frustrazione stavano iniziando a ribollire dentro di lei e Anna desiderava sfogare la sua collera... Per qualche ragione, però, non riusciva a farlo. Per quanto desiderasse che Tania imparasse a Stare al Suo Posto, non riusciva a colpirla. E quella consapevolezza la spaventò, specialmente perché un altro sorriso cominciò a farsi largo sul volto di Tania.
"Colpiscimi, allora" sussurrò. "Continua pure. O magari non sei così dura come credi, Eccedenza Anna?"
Anna la fissò, ma continuò a sentirsi come paralizzata.
"Grazie, Anna" disse infine la signora Pincent. "L'Eccedenza Tania passerà il resto della notte in Isolamento, così come l'Eccedenza Charlotte, dopo essere passate nel mio ufficio. Tutte le altre domani mattina salteranno la colazione e dovranno svolgere mansioni supplementari ogni sera per tutta la settimana".
Immediatamente, lo sguardo insolente negli occhi di Tania fu sostituito dalla paura, e Anna rimase a guardare in silenzio mentre Tania e Charlotte venivano portate via. Il corridoio si svuotò rapidamente.
"Andate a lavarvi i denti, e poi voglio le luci spente" disse come un automa tornando nella sua camerata, tentando di capire per quale motivo si sentisse tanto a disagio, riflettendo sul perché non fosse riuscita a picchiare Tania. "Le Eccedenze devono avere denti perfetti" continuò, ripetendo le parole che aveva sentito pronunciare tante volte alla signora Pincent. "Nessuno pagherà mai il dentista a un'Eccedenza".
Poi, a passi lenti, si avvicinò a Sheila. Era seduta sulla sua branda branda si teneva le ginocchia abbracciate come per proteggersi.
"Va' a lavarti i denti, Eccedenza Sheila" disse Anna in tono neutro. Poi rivolse lo sguardo alle altre, che stavano guardando. "Niente più giochi finché non lo dico io. Avete capito? Siamo tutte Eccedenze, qui, e forse faremmo meglio a tenerlo bene a mente per qualche settimana".
Le ragazze annuirono, si strinsero nelle spalle e si misero in fila davanti al bagno per lavarsi i denti. Anna le seguì, e si ritrovò Sheila al lavandino accanto.
"Sai, Anna, io non sono un'Eccedenza" sussurrò con un filo di voce, accompagnando con una smorfia il dolore che le provocava muovere le guance. "Un giorno se ne renderanno conto e io sarò di nuovo libera. E, quando succederà, prenderò l'Eccedenza Tania come governante e la punirò ogni giorno. E avrò anche te al mio servizio, Anna, ma non ti punirò mai. A meno che non te lo meriti, ovvio".
Tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, Sheila prese lo spazzolino e cominciò a lavarsi i denti.
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la Dichiarazione
RomanceInghilterra, 2140. La morte è stata sconfitta. Provate a immaginarlo: la morte non è più inevitabile e tutti bambini sono considerati qualcosa di orribile, innaturale. Provate a immaginarlo: esistono medicine che fermano l'invecchiamento e nel mon...