Capitolo secondo - Ti prego.

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Mi fai schifo, ecco cosa.

Harry si irrigidì nella sua posizione.
Il suo cuore gli faceva male, ma un male strano che non riusciva a quantizzare: non lo aveva mai provato prima.
Louis aveva colpito nel segno, era riuscito a ridurlo in tanti piccoli pezzettini, come d'altronde lui stesso aveva fatto quella sera.
Le sue parole furono come uno schiaffo in pieno volto; la sua rigida posizione non durò a lungo, piegò la testa di lato e cercò di trattenere le lacrime chiudendo gli occhi.
Riuscì a farsi forza e le sue parole uscirono come un fiume:

"Sai cosa Louis? Mi dispiace veramente per te. Non tanto per la brutta esperienza che hai vissuto, quanto per quello che ti ha lasciato. Prima eri senza dubbio una persona migliore, che almeno riusciva a tener conto dei sentimenti degli altri. Ora non so più dove è andata a finire quella parte di te, lo sai solo tu dove l'hai nascosta e sinceramente mi piacerebbe sapere perché lo hai fatto, perché hai reagito in questo modo. Questa maschera dietro cui cerchi rifugio non durerà ancora a lungo, fidati."

Gli lanciò un'occhiata di tristezza e poi tornò al suo discorso distogliendo lo sguardo dal suo interlocutore.

"Spero solo che troverai il coraggio di affrontare questa situazione e capire come stanno veramente le cose, perché impuntarsi così e soprattutto cercare forza nel peggio di te stesso ti porterà soltanto più giù"

Alcune lacrime erano scese sulle guance rosee di Harry, disegnando delle righe luccicanti. Rimase lì fermo per qualche secondo a fissarlo sperando in qualche reazione, ma Louis non accennava a voler rispondere.
Era immobile su quella panchina a guardarlo con la stessa fredda espressione di sempre.

"Oh, al diavolo"

Harry non riuscì più a trattenersi: si alzò in piedi e fece per andarsene. Ne aveva abbastanza di quello stronzo e del suo atteggiamento. Aveva provato a risolvere quella situazione con tutta la buona volontà di questo mondo, ma non era riuscito a ottenere nulla in cambio, tutto questo tempo lo aveva passato a parlare con un muro.

"Tu non sai niente"

Queste parole lo costrinsero a fermarsi a metà strada.

"Non puoi venire qui a farmi la predica come se nulla fosse!"

Si girò e vide Louis in piedi a urlargli contro queste parole.

Louis doveva lasciarlo andare, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che sarebbe stato meglio fermarlo.

Se ne sta andando. Non può andarsene così.

Le parole di Harry avevano avuto uno strano effetto su di lui, quel dolore alla bocca dello stomaco aveva ripreso a tormentarlo e sentiva che il piccolo muro che si era creato intorno per difendersi stava lentamente cedendo. Era come se quel ragazzo lo stesse bombardando ed era convinto che non avrebbe retto ancora per molto.
Harry era venuto lì a rovinargli quella che poteva sembrare una magnifica serata in solitudine e tranquillità e ora che aveva la possibilità di spiegarsi e dire come stavano le cose per lui aveva preferito andarsene, oltretutto dopo avergli fatto la ramanzina e averlo umiliato.
Corse verso di lui, vedendo che si era di nuovo voltato continuando per la sua strada, e lo afferrò per un braccio costringendolo a girarsi.
Lo prese per la giacca, avvicinando pericolosamente il suo viso a quello di Harry: poteva specchiarsi in quei suoi occhi verdi e scorgere un velo di tristezza che li appannava leggermente.

"Non puoi andartene così. Sei venuto qui per parlare e adesso parli"

Lo disse a denti stretti.
Si sentiva gli occhi umidi e per trattenere le lacrime serrò la mano libera a pugno e si morse il labbro inferiore della bocca. Spinse via il ragazzo e si girò dalla parte opposta mettendosi le mani tra i capelli e abbassando il cappuccio del giubbotto.

Mean 》Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora