Quando sono nata l'infermiera, con me in braccio, si è avvicinata a mio fratello chiedendogli se volesse prendermi in braccio. Lui è scappato via piangendo e urlando.
Così inizia.
Capelli neri e ricci. Tanti capelli neri e ricci e dieci dita lunghissime posate le une sulle altre a preghiera. Immobile, dormivo.
Sono sempre stata calma, fin da quando ero in pancia. Mamma mi ha raccontato che a volte pensava fossi morta, non mi muovevo mai a differenza di mio fratello che non stava mai fermo. Mamma aspettava la conferma che fossi ancora viva: un giro su me stessa la sera quando lei si metteva sulla poltrona.
Mai stata amante dello sporco e delle cose faticose e pericolose, me ne stavo impeccabile e impassibile nel mio mondo raccogliendo fiorellini e accarezzando gatti, ché tanto appena mi mettevo a correre cadevo.Mio padre ha sempre voluto una figlia femmina, aveva promesso vizi e capricci, amore infinito e incondizionato.
Non ho mai avuto una grande simpatia per lui, non mi piacevano i suoi abbracci e le sue coccole. Eppure sono una che ama l'affetto delle persone, ma con lui c'è sempre stato distacco.
Lo sentivo urlare sempre, fin da piccola quando lui tornava da lavoro e brontolava mia madre perché io gridavo. Non era colpa di mamma. Io percepivo che lui era vicino e cominciavo a fare "aaa" con voce acuta e questo tutte le sere da quando mio padre arrivava all'angolo della strada fin quando spariva dalla mia vista.
Lo sentivo urlare addosso a mia madre. Soliti problemi, mancanza di soldi e cazzate del genere. La offendeva e infieriva contro di lei. Non l'ha mai toccata con un dito. Se ne andava, sbattendo la porta e tornava dopo ore piangendo in ginocchio.Mio fratello era il mio mentore, il "signor professore". Mi ha insegnato a leggere, scrivere e fare calcoli da quando avevo 3 anni e mezzo. Sempre stato il mio punto di riferimento maggiore.
Ero debole, però.
Fragile e facilmente cambiavo idea e opinione, influenzabile come nessun altro al mondo.
Sfogava la sua rabbia verso mio padre e mia madre su di me.
Quante botte ho preso da lui.
Mi ha odiata fino a due anni fa. Una volta ha minacciato di uccidermi. Non lo scorderò mai "non ti butto giù dal dirupo perché non voglio che si arrabbino con me".Mia mamma picchiava mio fratello con tutta la rabbia verso mio padre e verso quella situazione di merda che aveva addosso. Io mi chiudevo in soggiorno con la televisione a volume altissimo per non farmi sentire mentre piangevo. Credo sia stato allora che ho imparato a piangere senza fare rumore.
A tre anni ho rischiato di morire per la prima volta. Stavo ridendo e mia madre mi ha spaventata. Sono diventata viola. Mi si è fermato il respiro. A tre anni ho avuto il primo attacco di panico. A tre anni ho visto la morte in faccia per la prima volta.
Quando avevo quattro anni mia mamma e mio padre sono andati in Italia a lavorare, cercare una vita diversa, forse migliore, di quella che facevamo in Romania.
Mio padre è tornato dopo poco, qualche mese, ha voltato le spalle a mia mamma ed è tornatoin Romania per "stare con i suoi bambini", diceva, quando in realtà voleva solo rovinarci la vita. Diceva a me e mio fratello che mamma ci aveva abbandonati lì per andarsi a divertire. Mamma ci mandava tutti i soldi ogni mese. Ero l'unica delle mie amiche ad avere le Barbie di tutte le fiabe in versione originale (poi andate perse quando è nata mia sorella che ha distrutto tutti i giochi che avevo avuto da piccola).
Considero di non aver mai avuto una vera infanzia, per questo ancora oggi mi comporto da bambina a volte.Avevo parlato della prima volta in cui ho visto la morte in faccia. La seconda è stata due anni più tardi, a cinque anni.
Ero fuori a giocare con i bambini. Ci dondolavamo sul recinto del parcogiochi, come sempre. Ma io -avevo detto in precedenza di essere impedita- sono scivolata e ho battuto la testa su un masso formato da cemento e ghiaia che fungeva da coperchio a una fognatura. Dicono che mi sia andata bene. Mio fratello era lì, mi ha presa in braccio a mo' di cadavere e mi ha portata da mio padre. Ho ricordi confusi, avevo perso conoscenza, ma è come se vedessi ancora mio padre seduto sui gradini del palazzo a bere una birra col vicino. Ridacchia 《non è niente, portala in casa che poi la lavo》. La cosa che assolutamente si deve evitare quando una persona picchia la testa è che questa si sdrai o chiuda gli occhi. Mio padre mi ha lavato via il sangue, ha messo un pezzettino di carta sulla ferita e mi ha messa a dormire. Perché? Gli stava antipatica la migliore amica di mia mamma che lavora in ospedale e quindi non mi ci ha portato lì.Mia sorella mi ha chiesto se avessi delle cicatrici. Penso sia stato il momento più triste di questi otto anni con lei.
Le ho raccontato di come quel pezzo di ferro arrugginito pieno di terra mi sia entrato nella gamba sfiorandomi il tendine e di come su un piede ho salito tre piani di un palazzo per sentirmi dire da mio padre "sciacquati il piede e mettiti un cerotto".
Di nuovo. Di nuovo non mi ha voluta portare all'ospedale.Otto anni.
Nuova vita insieme a mia mamma.
Io e lei lontane 2000 km, in una piccola cittadina della Toscana. Mio fratello si è completamente rifiutato di venire con noi.Nuova scuola, nuovi amici.
Col cazzo.
Primo giorno di seconda elementare. La bidella mi accompagna nella sezione A.
Quella scuola mi sembrava la mia salvezza,era tutto colorato,tutti sorridevano e sembravano gentili anche se non capivo niente di quel che mi dicevano.
Apre la porta una signora di mezza età, con la pelle olivastra e piena di rughe. Mi guarda, guarda mia mamma e poi un ghigno. Scoppia a ridere.
《Ma questa mica è mia! Chiedi alla Bruna, lei si occupa di questi!》.
Mi portano in un'altra aula, stavo per scoppiare a piangere. Vedevo negli occhi di mamma la delusione e pensavo fosse colpa mia. Una signora bionda e sorridente, gioiosa, sulla porta. Saluta in modo molto affettuoso mia madre, come se fossero amiche da sempre. Mi viene in contro una bambina e mi rendo conto che era quella con cui giocavo al parchino, S., simpatica e disponibile. Prevedevo una grande amicizia, la sognavo.Sempre derisa, presa di mira come "la diversa". Che poi mi chiedo cosa ci sia di diverso, se siamo tutti umani, non lo capivo allora. L'unica cosa che capii era cosa intendeva quella maestra cattiva con "questi", parlava degli stranieri, quelli come me. Mi ricordo ancora quando mi diede della cretina perché sbagliai a leggere una parola. Piansi mesi interi, di notte, il giorno lo passavo a leggere libri di fiabe.
Per tutti e quattro gli anni di elementari, dalla seconda alla quinta, sono stata sola. Giocavo a volte con i maschi, ma nulla di più.
Iniziai a capire la parola razzismo sempre nel primo anno di elementari qui, quando chiesi a una bambina se volesse venire a giocare a casa mia. Non scorderò mai la sua risposta, giuro. Mi disse che lei non poteva nemmeno parlare con me perché sua mamma le impediva di parlare con gli stranieri. E se ne andò.Penso che la più grande delusione sia stata Disneyland. Mio padre mi promise un viaggio lì quando avrei compiuto nove anni. Ne ho compiuti 17 e continuo ad averlo visto solo in foto, quel parco.

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Non merito neanche un titolo.
De TodoSfogo dell'una di notte di una ragazzina troppo sensibile per sopportare tutto il male che la circonda.