VI - Sguardi di fuoco

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Passarono i secondi, i minuti, prima che riuscissi a pronunciare anche un semplice "Oh".

Indubbiamente, quella frase non aveva nessun senso: con tutti gli insegnanti privati che avrebbe potuto avere, con tutte le comodità di cui avrebbe potuto usufruire stando semplicemente a casa sua, voleva andare a vivere in un collegio per studiare?

"Ma perché?", sussurrai poco dopo, voltandomi a guardarlo come se fosse impazzito.

Leonardo scrollò le spalle e sorrise della mia espressione. "Per stare più vicino al popolo".

Abbassai lo sguardo, non sapendo come rispondere: individuai però il ciondolo a forma di cuore che non smetteva un attimo di brillare alla luce della luna, più ardente e doloroso che mai dal momento in cui io e Leonardo avevamo iniziato a parlare.

Poi una voce, ben diversa da quella del re, ruppe quel momentaneo silenzio fermandomi il respiro e aumentando la velocità dei battiti del mio cuore: una voce fredda, distaccata, autoritaria, minacciosa. "Sto arrivando".

Intanto, però, Leonardo continuava a parlare, evidentemente ignaro di quel che avevo sentito io. "... ed è stato per questo che ho fatto quell'ispezione al collegio, visto che...".

"Elenoire! Eccoti! Ti stavamo cerc... oh".

Mi alzai di scatto nel riconoscere il tono sorpreso e infine deluso di Josh, il quale restava fermo sulla soglia della porta a guardare me e Leonardo al chiaro di luna: sul suo viso passarono prima l'incredulità, poi la sconfitta, seguita dal disgusto e dal tradimento.

Mi sentii ancora peggio nell'individuare una seconda sagoma dietro di lui: un uomo dagli occhi cristallini mi guardava senza però uscire allo scoperto, restando nell'ombra come se non volesse farsi riconoscere. Allora prima non aveva mentito: stava davvero arrivando.

Intanto gli occhi di Josh non smettevano un attimo di passare da me a Leonardo, fissandoci con una vaga espressione di rabbia mista all'indignazione.

Anche Leonardo sembrò accorgersene, perché gli chiese: "Stai bene, Josh?".

"Ho il vostro permesso di scortare Elenoire al caldo dentro il castello, Vostra Maestà?", si intromise coraggiosamente Alexander prima che Leonardo potesse ricevere risposta.

"Sì, certo, andate pure", disse distrattamente il re con un cenno della mano, continuando a soppesare lo sguardo di Josh e senza nemmeno salutarmi.

Non smettevano di fissarsi: Josh furioso, Leonardo sorpreso. Perciò fui lieta di raggiungere Alexander nell'ombra, poggiare la mano destra sul suo braccio sinistro e rientrare nel castello: il cambio di temperatura fu tale che il ciondolo a forma di cuore smise di bruciarmi con tanta insistenza sul petto, tornando ad essere tiepido e indolore.

Seguii Alexander sulla pista da ballo, in mezzo a tutti gli altri presenti, e con una giravolta riuscimmo a seguire gli altri a passo di danza.

"Posso sapere...?".

"Sei riuscita a portarlo fuori, brava", mi interruppe lui con un sorriso quasi caloroso.

Una consapevolezza non proprio rassicurante si insinuò tra i miei pensieri. "Sei stato tu a portare Josh da noi? L'hai fatto apposta? Volevi che ci vedesse?".

"Quel ragazzino potrebbe intralciare i miei piani più di quanto tu creda", sbottò lui di tutta risposta. "Tanto valeva fargli capire di non avere speranze, con te, visto che non ti sei minimamente preoccupata di smettere di illuderlo".

A quella frase non avrei potuto replicare e Alexander lo sapeva benissimo.

Dopo un paio di minuti di puro silenzio tra noi due – in cui la musica cambiò in un motivetto fortunatamente più allegro e movimentato –, raccolsi tutto il mio coraggio e sussurrai: "Leonardo verrà al mio collegio. Dovrò vederlo ogni giorno".

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