Capitolo 7

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MAYA'S POV

Ero appena arrivata al parco, e le prime voci che ti arrivavano alle orecchie erano delle grida. Una voce maschile ed una femminile.

"Maya è la mia missione!" disse la voce maschile.
"È anche la mia!" replicò quella femminile.

Che? Ero già in stato confusionale per Derek che sapeva ogni cavolo di cosa e per quell'orologio strano di Thomas.
E poi arrivano due voci che mi nominano.
Cosa c'è di più strano di passare dalla vita perfetta ad un casino totale?

Mi avvicinai al suono delle voci, che erano cessate.
Quando giunsi vicino a degli alberi, trovai Kaya sdraiata per terra, pietrificata; e Thomas, che sembrava orgoglioso di sé finché non mi vide.

"Da quando uscite insieme?" chiesi stupita. Anche se la loro non sembrava proprio un'uscita.

"No.. Noi non usciamo insieme." mi assicurò Thomas.
Il corpo di Kaya si muoveva a scatti, sembrava che stesse prendendo delle scosse.

Mi avvicinai a lei.
"Lei... È morta?" chiesi.
"No, non credo." mi disse Thomas.
Non aveva più quel tono da timido che aveva a scuola.

"Gliel'hai fatto tu? Questo." chiesi.
Scosse la testa.
"L'ho trovata così e basta." disse.

"Erano vostre le voci di prima?"
Scosse la testa di nuovo.

"Okay."
"Ora.. Io ho un impegno importante." disse, e ne andò correndo.

Mi sedetti sulla panchina aspettando Derek. Era in ritardo. Non era mai arrivato in ritardo.

THOMAS' POV

Me ne andai correndo prima che potesse chiedere altro.
Sarei dovuto andare a casa, per cambiarmi i vestiti. Non potevo presentarmi vestito uguale a Thomas. Cioè a me.

Continuavo a correre, finché non arrivai a casa.

"Dove sei? Sei in ritardo." mi scrisse Maya.
"Lo so, scusa. È che mi stavo facendo la doccia... Ora mi vesto e arrivo."

Entrai in casa.
Liquido dappertutto e vetro rotto.
Mio padre che gridava bestemmie a caso.
Mia madre che piangeva.

Non ce la facevo più. Meno male che quel pazzo non aveva una pistola, o ci avrebbe uccisi sicuramente.

Ore ne avevo abbastanza. Andai verso i singhiozzi di mia madre, e la trovai a terra, sdraiata in lacrime.
Più in là c'era il pazzo che tirava calci ai mobili.

Mi vide.
Veniva verso di me.
"Cosa ci fai qui, pezzo di merda!" mi gridò.
Stava per caricare il braccio... Mi avrebbe picchiato, ancora.

Glielo fermai.
"Non farlo. Non sai di che pasta sono fatto." lo avvertii.
"Ma che cazzate stai sparando? Mingherlino." mi sbraitò.
Mi tirò uno schiaffo con la mano che aveva libera.

Stavolta non esitai: gli tirai un calcio dritto nei gioielli di famiglia.
Gemette dal dolore e si buttò a terra, impotente.

Corsi in camera mia. Mi cambiai velocemente e tornai lì.
Guardai mia madre con dispiacere. Non potevo lasciarla lì.
La presi in braccio, come una principessa.

"Non ti azzardare a toccarla! Lasciala lì, stronzo!" mi gridò mio padre.
Lo ignorai e uscii di casa.

"Grazie tesoro." mi sussurrò mia madre con una voce debole e spezzata.
"Tutto per te, mamma." le risposi.

E poi svenne.
L'orologio vibrò.
Risposi.
"Ciao Thomas. Scusa, prima mi ero dimenticata di consegnarti un altro gadget. Che sbadata! Dove stai andando ora?" mi chiese Helen.

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